[bozza redazionale] 25 luglio 2023 | SCONCERTANTI COSTI SOCIALI DELL’INQUINAMENTO DA PFAS | NUOVE MAPPE INTERATTIVE DEI TERRITORI CONTAMINATI DEL VENETO

9 months ago 382

di Dario Zampieri

Nonostante la cortina di silenzio stesa dalle autorità, la saga dei Pfas che ha investito il territorio del Veneto occidentale si arricchisce continuamente di nuovi elementi. Il mito di un territorio operoso, affluente e felice, portato quotidianamente ad esempio dalla narrazione ufficiale e dalla stampa, si infrange non appena si cerchino informazioni non ufficiali, ma autorevoli in quanto provenienti da fonti indipendenti assolutamente attendibili. Sebbene chiunque ne possa intuire l’esistenza, quello dei veri costi della produzione e dell’uso dei Pfas è un argomento da conoscere nei suoi termini quantitativi, che sono veramente sconcertanti. Tenendo sempre presente che le sofferenze delle persone colpite nella salute non sono in alcun modo monetizzabili.

Dati alla mano, che troverete nell’articolo, risultano ancora insufficienti i nuovi limiti di sommatoria PFAS messi dalla Regione Veneto recentemente, su direttiva Europea, alle acque potabili. Da 390 ng/litro sui PFAS diversificati (vecchi e nuovi) siamo passati a 100 ng/litro (tutti inclusi). Piccoli passi di fronte ai grandi crimini ambientali permessi per decenni nei nostri territori. Talmente grandi che i nuovi limiti, seppur ancora alti, stanno mettendo a rischio la chiusura di molti acquedotti comunali, come accaduto poche settimane fa nel Comune di Montebello. Sta per collassare un intero sistema fondato sul silenzio. A dimostrazione di ciò le recenti mappe create da ricercatori del CNR, che riportiamo in calce all’articolo del prof. Dario Zampieri.
Comitato di Redazione PFAS.land

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COSTI SOCIALI E PROFITTI PRIVATI DEI PFAS

Nel mondo, le aziende responsabili della produzione della maggior parte dei Pfas sono solo una dozzina (3M, AGC, Archroma, Arkema, BASF, Bayer, Chemours, Daikin, Dongyue, Honeywell, Merk, Solvay). A causa di scarsa trasparenza non è facile acquisire le informazioni sui volumi di prodotti chimici prodotti annualmente. ChemSec (https://chemsec.org/reports/the-top-12-pfas-producers-in-the-world-and-the-staggering-societal-costs-of-pfas-pollution/) è riuscita ad investigare sui principali produttori di Pfas scoprendo che i costi sociali di tale produzione sono enormemente superiori ai profitti delle aziende.

La ChemSec, Segretariato internazionale di chimica, è un’organizzazione indipendente no-profit con base in Svezia nata nel 2002, che opera per la sostituzione dei prodotti chimici tossici con prodotti alternativi non tossici. È supportata economicamente dal governo svedese, da privati e da organizzazioni no-profit svedesi ed è membro dell’Ufficio Europeo per l’ambiente (EEB).

Lo sforzo investigativo sui Pfas ha prodotto dei risultati sconcertanti. I volumi di denaro della vendita dei Pfas – 26 miliardi di euro – non sono esorbitanti se confrontati col volume generato da tutti i prodotti chimici – 4,4 migliaia di miliardi di euro. In pratica, si tratta solo dello 0,5%.

Ma quanti sono i profitti effettivi? La mega corporazione americana 3M dichiara di realizzare con i Pfas un margine di profitto del 16% su volumi di vendita di 1,3 miliardi di dollari, cioè appena 200 milioni all’anno. Assumendo questa percentuale per tutta l’industria dei Pfas, i profitti generati globalmente in un anno sarebbero di circa 4 miliardi di euro, una cifra importante, ma poca cosa rispetto ai profitti ottenuti con tutti i prodotti chimici.

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IN EUROPA

Ma qual è il costo reale della produzione e vendita dei Pfas? Un report del 2019 sponsorizzato dal Consiglio Nordico dei Ministri (https://www.norden.org/en) con il titolo Il costo dell’inazione stima che solo in Europa i costi sanitari diretti per esposizione ai Pfas sarebbero tra 52 e 84 miliardi di euro l’anno. A questi bisogna aggiungere i costi per rimuovere i Pfas dall’ambiente. Per i suoli si stimano 2000 miliardi di euro. Per le acque d’Europa (pensiamo ad esempio ai costi di rifacimento degli acquedotti e ai costi annui di filtraggio con carboni attivi in Veneto) si stimano 238 miliardi di euro. Estrapolando a tutto il mondo sarebbero 16 migliaia di miliardi di euro l’anno. A questi costi andrebbero aggiunti i danni agli animali e al deprezzamento di terreni e abitazioni delle zone contaminate. ChemSec conclude che se le aziende produttrici dovessero pagare i danni causati la maggior parte di esse andrebbe in fallimento.


Va inoltre ricordato che l’EFSA (Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare), modificando il proprio parere del 2018, nel 2020 ha stabilito una nuova soglia di sicurezza raccomandando una dose tollerabile di 4,4 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo alla settimana. Anche la sicurezza alimentare ha costi sanitari, sociali ed economici. Si veda questo documento >> https://doi.org/10.2903/j.efsa.2020.6223

Il prezzo medio dei Pfas è di quasi 19 euro per chilogrammo, ma il vero costo sarebbe di 18.297 euro per chilogrammo, cioè circa 1000 volte superiore.

In pratica, la produzione dei Pfas è insostenibile anche dal punto di vista economico. È tempo di includere nel prezzo delle merci anche i costi sociali, fra cui una ridotta durata della vita e una diminuzione dei giorni lavorativi; il mondo non dovrebbe essere una discarica e le persone non sono merci usa e getta o strumento per far ulteriore profitto con le cure sanitarie.

Senza tener conto che le sofferenze prodotte dalle patologie non sono monetizzabili.

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NEGLI USA

Negli Usa, tre aziende, Chemours, Dupont e Corteva hanno dichiarato di aver raggiunto l’accordo di sborsare 1,19 miliardi di dollari per contribuire a filtirare i Pfas dal sistema di distribuzione delle acque potabili (https://www.nytimes.com/2023/06/02/business/pfas-pollution-settlement.html). Centinaia di comunità hanno citato in giudizio 3M, Chemours e altre aziende, chiedendo miliardi di dollari di danni per far fronte agli impatti sulla salute e al costo della bonifica e del monitoraggio dei siti inquinati.

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Bloomberg News ha riferito che 3M ha raggiunto un accordo provvisorio del valore di almeno 10 miliardi di dollari con città e paesi statunitensi per risolvere le richieste relative ai Pfas. Tuttavia, la responsabilità di 3M potrebbe essere ancora maggiore. In una presentazione online a marzo, CreditSights, una società di ricerca finanziaria, ha stimato che il contenzioso Pfas potrebbe alla fine costare a 3M più di 140 miliardi di dollari.

L’avvocato Robert Bilott ha dichiarato che il processo iniziato nel mese di giugno 2023 presso il tribunale federale della Carolina del Sud è un banco di prova per queste cause legali, un passo incredibilmente importante in quelli che sono stati decenni di lavoro per cercare di assicurarsi che i costi di questa massiccia contaminazione da PFAS non siano sostenuti dalle vittime, ma siano sostenuti dalle aziende che hanno causato il problema.

Arzignano, 26 maggio 2023. Foto di Federico Bevilacqua. Alcuni momenti finali della visita di Robert Bilott in Italia, chiamato a testomoniare al Processo Miteni. Le giornate di Bilott in Veneto saranno oggetto di un prossimo articolo.


L’accordo preliminare con Chemours, DuPont e Corteva, che si sono tutti rifiutati di commentare l’annuncio, potrebbe non essere la fine dei costi per quelle società.

La società 3M ha dichiarato che entro la fine del 2025 prevede di abbandonare tutta la produzione di Pfas e lavorerà per porre fine all’uso di Pfas nei suoi prodotti. Dopo il rapporto Bloomberg, le azioni di 3M sono aumentate notevolmente, così come le azioni di Chemours, DuPont e Corteva. 

Lo scorso anno l’EPA (Agenzia per la protezione ambientale degli Usa) ha stabilito che anche livelli delle sostanze chimiche molto inferiori a quanto precedentemente stabilito potrebbero causare danni e che quasi nessun livello di esposizione è sicuro. L’EPA ha consigliato che l’acqua potabile non contenga più di 4 ng/L (nanogrammi/litro) di PFOA (acido perfluoroottanoico) e altrettanti di PFOS (acido perfluoroottansolfonico). In precedenza, l’agenzia aveva consigliato che l’acqua potabile non contenesse più di 70 ng/L di queste sostanze chimiche, mentre ora afferma che il governo richiederà per la prima volta livelli vicini allo zero.

L’EPA ha stimato che questo standard costerebbe ai servizi idrici statunitensi 772 milioni di dollari all’anno. Ma molti servizi pubblici affermano di aspettarsi che i costi siano molto più alti.

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NEL VENETO

L’ex azienda locale che conosciamo è, tutto sommato, piccola rispetto alle 12 principali, ma il territorio interessato del Veneto è grande, date le caratteristiche idrogeologiche della zona e la durata almeno trentennale della contaminazione delle acque sotterranee. Infatti, la localizzazione dell’impianto Miteni in un tratto di valle con sottosuolo costituito da sabbie e ghiaie molto permeabili, perdipiù a ridosso del torrente Poscola, ha permesso che lo spandimento di reflui liquidi raggiungesse la falda idrica sottostante, generando un plume che si è lentamente propagato per decine di chilometri a valle. Di fatto, la falda indifferenziata del tratto di valle tra Castelgomberto e Montecchio Maggiore costituisce la ricarica del sistema multifalde (più falde ospitate in materiali sabbiosi separati da strati impermeabili argillosi, che da Montecchio in giù costituiscono il sottosuolo), protette solo sulla verticale, ma non lateralmente da monte.

Come troppo spesso, se non quasi sempre, la pianificazione territoriale, quand’anche esista, considera gli interessi economici (di alcuni) e non le conoscenze scientifiche del territorio, rendendo di fatto i disastri cosiddetti “ambientali” e quelli “naturali” dei disastri artificiali largamente annunciati.

L’estrattivismo produce profitti per pochissimi, mentre territori definiti sacrifice zones sono sacrificati nella discarica globale del Wasteocene, l’epoca degli scarti. Quando i cittadini contaminati e ora costretti a pagare per tentare di risolvere i problemi apriranno gli occhi, chiedendo conto alla politica, che sembra sorda?

Dario Zampieri
17 luglio 2023

COMITATO DI REDAZIONE
25 LUGLIO 2023

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NUOVE MAPPE DELLA CONTAMINAZIONE IN VENETO

Utile a capire i cosiddetti “costi dell’inazione” citati nell’articolo – ricordiamo che non esiste progetto serio di bonifica del sito Miteni a 10 anni dalla “scoperta” ufficializzata dei PFAS – pubblichiamo in anteprima alcune mappe di visualizzazione create da ricercatori del CNR, basandosi su dati ARPAV. Da sottolineare nella prima, che mostra la variazione di concentrazione PFAS negli anni 2015-2022, l‘aumento della contaminazione in diversi comuni a rischio del Veneto. La seconda invece – zoomabile/navigabile – mostra graficamente (mediante proporzionalità dei cerchi e diversità cromatica) i valori recenti della stessa contaminazione. In entrambe le mappe si può entrare nel dettaglio georeferenziato dei dati, andando a vedere le coordinate puntuali di ogni singolo dato, come per il nostro primo pionieristico GIS. Preoccupanti i dati in molti Comuni della zona rossa, e non solo, come a Sarego, che su un totale 42.725 ng/lt ha 8.900 ng/lt di PFBA, lo stesso composto riscontrato a Castelgomberto usato per gli “acceleranti del cemento” durante i lavori della Superstrada Pedemontana Veneta. L’ipotesi di sversamenti di opere a monte, come i “cantieri TAV”, o altro, necessita di verifiche urgenti. Dalle mappe si evince che queste “zone di sacrificio ad alto reddito” del Veneto non sono più sicure dal punto di vista della vivibilità e che di fatto invece di migliorare nel tempo sono oggetto di una devastazione ambientale oramai irreversibile. Devastazione frutto di scelte politiche.
Comitato di Redazione PFAS.land

MAPPA 1 ANALISI TEMPORALE PFAS VENETO // 2015-2022

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MAPPA 2 VALORI RECENTI PFAS VENETO // FINO AL 2022

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// La cover dell’articolo è presa dalla Mappa 1. Tutte le altre immagini sono prese dai rispettivi riferimenti, indicati nell’articolo.

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