Centromarca lancia l’allarme: inflazione insostenibile per l’industria del largo consumo

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L’attuale aumento dell’inflazione è conseguenza di eventi rilevanti e non prevedibili che hanno investito le imprese italiane dal 2020 a oggi. A dirlo è Francesco Mutti, presidente di Centromarca, mercoledì 25 gennaio durante la conferenza stampa mattutina al Grand Hotel di Milano. “Nell’ultimo biennio sono state indebolite dalle conseguenze della pandemia, dalle tensioni sui prezzi delle materie prime e dalle strozzature delle catene di approvvigionamento globali. Poi si sono presentati gli effetti della guerra in Ucraina, le tensioni geopolitiche e l’incremento dei costi finanziari. Da questa tempesta perfetta è scaturita la più alta inflazione esogena da costi degli ultimi decenni e ne sono derivati pesanti extracosti che nei mesi scorsi non sono stati trasferiti a valle, a causa del divario temporale di parecchi mesi presente nel passaggio dei listini dall’industria alla distribuzione. Tale crescita dei prezzi è il segnale che la situazione per le imprese non è più sostenibile”.

Mutti ha evidenziato le criticità che ha incontrato l’industria del largo consumo, in grado di pregiudicare la sopravvivenza di molte altre realtà del tessuto produttivo. Secondo dati forniti dalla società di consulenza Prometeia, infatti, presumendo il quasi totale trasferimento a valle dei costi sostenuti, il 30% circa delle aziende del largo consumo opererebbe con margini negativi. Stima che porterebbe il 18% del suo fatturato a rischio per l’aumento dei prezzi, accentuando la sofferenza già manifestata dal 23% dei produttori nel 2021. 

Prometeia segnala anche che, nel panorama industriale nazionale, le imprese produttrici dei beni di largo consumo confezionato—in particolare dell’alimentare—sono le più penalizzate, a partire dall’incidenza dei costi per materie prime ed energia molto rilevanti soprattutto nelle fasi di trasformazione a monte. Per l’insieme del settore alimentare e bevande, per esempio, le materie prime incidono in media per il 63% del fatturato. A potenziale rischio il 18% del fatturato dell’industria del largo consumo, riportano i ricercatori, rispetto al 16% medio stimato per il manifatturiero nel suo complesso. 

L’associazione sottolinea, inoltre, che l’industria ha profuso ingenti sforzi per contenere l’inflazione e non ritiene appropriate dichiarazioni di terzi che potrebbero far presumere all’opinione pubblica e ai policy maker che gli autonomi interventi delle singole industrie sui listini siano frutto di decisioni puramente speculative. “Centromarca”, ha concluso Francesco Mutti, “era e resta ampiamente disponibile a discutere nello stesso tavolo con il Governo, per coinvolgere le aziende della moderna distribuzione e per ragionare su vie di sbocco percorribili a una situazione complessa che ha investito la filiera e il Paese”.

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