di Raffaele Riccardo Buccolo
La conferma della vittoria di Recep Tayyip Erdoğan è arrivata nel tardo pomeriggio di domenica 28 maggio, dopo un testa a testa al secondo turno con il leader dell’opposizione Kemal Kılıçdaroğlu. Le elezioni di quest’anno hanno ricevuto un’attenzione di primo livello sullo scenario internazionale per diversi motivi.
Nonostante una drammatica crisi economica interna, la Turchia oggi conserva un ruolo di rilievo dal punto di vista strategico e geopolitico, complice anche il perdurare del conflitto in Ucraina. Infatti, proprio quest’anno, la Turchia ha portato avanti un veto sull’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia. Inoltre, non dimentichiamo che la Turchia, nonostante da oltre sessant’anni faccia parte dell’alleanza Nato, conserva un rapporto di amicizia con Mosca, con la quale nel solo 2022 ha interscambiato beni per quasi 60 miliardi di dollari. Inoltre, a luglio dello scorso anno, proprio a Istanbul è stato firmato da Russia e Ucraina l’accordo sul grano che ha portato ad una ripresa delle spedizioni dai porti ucraini dopo mesi di blocco continuo dovuti alla guerra in Ucraina.
Erdoğan ha mantenuto il suo potere per oltre venti anni. Solo quest’anno si è formata un’opposizione marcata che ha messo in serio pericolo la riconferma alla presidenza. Infatti, è la prima volta che le elezioni presidenziali sono arrivate al turno di ballottaggio da quando, nel 2014, in Turchia si sono svolte le prime elezioni dirette del Presidente. È stato proprio Erdoğan a candidarsi alla carica di Presidente, nel 2014, lasciandosi alle spalle quella di Primo ministro. Nel 2017, invece, il Presidente Erdoğan ha proposto un referendum costituzionale di 18 emendamenti, riuscendo così ad abolire l’ufficio del Primo ministro e accentrando i poteri esecutivi nella sua figura presidenziale, assumendo così anche la veste di capo di governo.
Terzo fattore che ha tenuto alto l’interesse verso l’appuntamento elettorale turco è stato l’altissimo numero di giovani che ha preso parte al voto. Si stima che, in Turchia, Generazione Z e Millennials i contino oltre 30 milioni di potenziali votanti. Proprio questo dato, alla vigilia delle elezioni, ha contribuito a porre il partito AKP del presidente uscente Erdoğan in una posizione di svantaggio. È un sondaggio dello scorso anno a raccontare i motivi per cui la generazione Z non avrebbe scelto di votare per l’AKP: « La Generazione Z non approva un linguaggio dittatoriale, prepotente e duro», si legge nelle risposte del sondaggio.
Infine, l’attenzione e la cooperazione della comunità internazionale negli ultimi mesi si è concentrata sul violentissimo terremoto che il 6 febbraio scorso si è abbattuto nel sud della Turchia.
Le elezioni hanno visto prevalere al primo turno, oltre alla figura del presidente Recep Erdoğan, quella di Kemal Kılıçdaroğlu, un politico dell’establishment turco con una lunga esperienza nei salotti del potere. Kemal Kılıçdaroğlu, leader del Partito Popolare Repubblicano pre-elezioni è stato definito da diverse testate internazionali “il Gandhi turco” per aver costruito, almeno nella prima fase, una campagna elettorale dai toni più inclusivi e pacati e su temi apparentemente progressisti.
Le campagne elettorali dei due candidati, fin da subito, hanno riempito le piazze delle città più grandi della Turchia, macinando migliaia di reazioni sui social media.
Proprio sui social media decine di account che supportano l’una o l’altra parte hanno incluso immagini manipolate, video falsi, false informazioni generando uno scenario altamente disinformativo, dove la partita ha cominciato presto a giocarsi in un campo di post-verità.
Tra propaganda, video falsi e informazioni errate
Tra gli episodi più discussi del primo turno del 14 maggio scorso, c’è sicuramente la clip costruita artificialmente dal presidente uscente Erdoğan e mostrata durante un comizio a Istanbul il 7 maggio.
A questo link è possibile trovare una condivisione di Haber, pagina Twitter di notizie in Turchia che conta quasi 500 mila follower, della sola clip, mentre qui è possibile visualizzare l’intero comizio elettorale. Il contenuto in questione si trova al minuto 2:49:07. Come mostra il filmato integrale, al pubblico è stata mostrata una clip di pochi secondi in cui si vede il candidato dell’opposizione Kemal Kılıçdaroğlu pronunciare un saluto ed un invito a sostenere la propria lista.
Nel video, subito dopo, appare anche la figura di Murat Karayılan, co-fondatore del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, abbreviato e largamente conosciuto come PKK, oggi classificato da diversi Paesi come organizzazione terroristica. Il PKK è stato accusato dall’attuale governo di aver piazzato e innescato la bomba che ha ucciso sei persone lo scorso 13 novembre in viale İstiklal, nel quartiere Beyoğlu di Istanbul, nonostante la dinamica non sia mai stata chiarita tanto che ancora oggi ci sono diverse ipotesi sull’attacco.
Il video, dopo un’analisi su fonti aperte, può essere classificato come falso. È infatti un montaggio di due video separati. Sul canale YouTube di Kemal Kılıçdaroğlu è possibile trovare lo spezzone che appare nei primi cinque secondi e che proviene da un video promozionale di inizio campagna del candidato Kemal Kılıçdaroğlu, mentre a questo link è possibile osservare il secondo video che riprende Murat Karayilan in un discorso al fianco di alcuni combattenti dal volto coperto dell’organizzazione PKK.
In quest’ultimo video non c’è il candidato di opposizione Kılıçdaroğlu. Il video mostrato da Erdogan sul palco durante la sua campagna elettorale risulta dunque altamente disinformativo perché associa la figura del leader dell’opposizione politica a un’organizzazione terroristica nazionale. La platea che ha visionato dal vivo il video è stata quantificata in circa 800 mila persone.
Un secondo esempio di propaganda e creazione artificiale di contenuti si può riscontrare sul profilo di Erdem Kertişçi, membro del consiglio dell’AKP per il comune di Istanbul. Successivamente al primo turno che ha visto Erdogan in vantaggio su Kılıçdaroğlu, Kertişçi ha twittato la seguente immagine.
La descrizione del tweet recita: «Annunci di Kılıçdaroğlu mentre le due immagini mostrano la fotografia del candidato con i colori della sua campagna elettorale sullo sfondo, corredata da due diversi testi.
Nel testo di sinistra si legge: “Demirtas uscirà”. Il riferimento è a Selahattin Demirtaş, un politico turco dell’ex DTP, partito di sinistra che ha rappresentato la minoranza curda in Turchia, prima di essere sciolto nel 2009 per presunti legami con il PKK. Nel 2018, Demirtas ha corso per la presidenza turca nonostante fosse in carcere in attesa di giudizio.
Nella seconda immagine, invece, si legge: «L’YPG non è un’organizzazione terroristica». L’YPG è una milizia che opera nel Nord della Siria, dal 2011 come gruppo militare organizzato, divenuta nel tempo una delle principali organizzazioni armate indipendenti della regione. La frase si riferisce a un commento del candidato Kemal Kılıçdaroğlu, spiegata da lui stesso in una recente intervista. L’immagine è stata costruita con l’inserimento delle grafiche elettorali su un’immagine di repertorio (come si può vedere a questo link).
La base utilizzata per le due immagini, nella versione originale, presenta una lavagna a sfondo nero. Non è quindi una fotografia di cartelloni elettorali di Kılıçdaroğlu. Il tweet però, dato il contenuto sensazionalistico che associa ancora una volta il terrorismo alla figura di Kilicdaroglu, ha ricevuto un alto engagement, producendo (nel momento in cui scriviamo) 865 retweet, 793 citazioni e 2.635 like.
La propaganda di figure vicine al partito AKP è stata registrata anche su Instagram, dove un’analisi forense digitale realizzata da Doğruluk Payı, centro di analisi e controllo informazioni, ha dimostrato come un politico vicino al partito di Erdogan abbia diffuso informazioni false circa i numeri di partecipanti al raduno elettorale del 7 maggio 2023 che abbiamo già menzionato per aver visto la proiezione del video manipolato con il candidato di opposizione e personaggi del PKK.
In questo post, messo in evidenza sull’account Instagram di Omer Arisoy, sindaco di Zeytinburnu, città turca di 260 mila abitanti, si legge che il raduno “Büyük İstanbul Mitingi” del 7 maggio 2023 ha visto una partecipazione di 1,7 milioni di persone.
In questa analisi di un centro turco di fact-checking indipendente, invece, è possibile osservare come la piazza che conteneva il raduno del 7 maggio, in realtà, avesse una capienza massima di 800 mila persone, che è pressoché la metà del numero comunicato dal sindaco Arisoy attraverso il suo post Instagram. Il post Instagram in questione ha poi registrato nel momento in cui viene scritto questo articolo, oltre 100mila like.
Tutte le parti coinvolte hanno i loro eserciti di troll
Se da un lato il partito di Erdoğan, attraverso il video del 7 maggio, ha dimostrato un chiaro utilizzo della manipolazione di video e immagini, è possibile trovare sui social media contenuti che associano, invece, lo stesso Erdoğan al filone narrativo del terrorismo, inserendo il suo nome all’interno dei sottotitoli dello stesso video utilizzato per screditare la figura di Kemal Kılıçdaroğlu, associando così la sua figura a quella del già citato Murat Karayilan.
In un’intervista del 13 maggio scorso con Deutsche Welle, la co-fondatrice del progetto turco di fact-checking Teyit, Gülin Çavuş, ha dichiarato a proposito della disinformazione che ha riguardato le elezioni turche: «Tutte le parti coinvolte nelle elezioni hanno i loro eserciti di troll»
Ulteriore materiale che prova l’utilizzo di campagne di disinformazione per destabilizzare i risultati elettorali del secondo turno di domenica 28 maggio arrivano da un account Twitter che mostra sostegno nei confronti del candidato Kılıçdaroğlu.
L’account, che alla data di pubblicazione di questo articolo conta oltre 218 mila follower, ha pubblicato il 20 maggio un contenuto grafico, poi rimosso, contenente un testo con informazioni false e fuorvianti. Il testo del post invitava tutti i votanti di Erdoğan a non presentarsi una seconda volta alle urne, poiché, esclusivamente per il candidato Erdoğan, il voto del primo turno sarebbe rimasto ancora valido.
Tra le diverse tipologie di contenuti utilizzati per diffondere false informazioni sulle elezioni turche, si è registrata anche la presenza di video deepfake.
Su TikTok, ad esempio, il 1° maggio è stato condiviso un video in cui Kemal Kılıçdaroğlu pronuncia un discorso in inglese. Il video mostra il candidato che parla ad un microfono utilizzando parole come pace, giustizia e uguaglianza sociale. Il video è falso. Solitamente, infatti, durante interviste o convegni internazionali, Kemal Kılıçdaroğlu è solito parlare in turco, servendosi sempre di personale predisposto alla traduzione. A confermare che il video in questione è falso, poi, è la stessa agenzia di fact-checking Teyit.
Chi ha controllato tutto questo?
Il 24 maggio, la procura di Istanbul ha aperto un’indagine su 34 profili Twitter con l’accusa di diffusione di false informazioni. La sospensione ha riguardato profili che hanno diffuso contenuti di sostegno al candidato di opposizione Kemal Kılıçdaroğlu. Tra questi account ce n’è uno denominato DarkWeb Haber, che in un tweet del 28 maggio conferma che un membro del team di DarkWeb Haber è stato tratto in arresto. Questo oggi è possibile in Turchia, per via di una legge sulla disinformazione ratificata ad ottobre del 2022 e fortemente criticata dalla comunità internazionale.
Per quanto riguarda, invece, il controllo delle piattaforme, già a giugno del 2020 Twitter ha notificato un’operazione di rimozione di 7.340 account twitter, evidenziando che la rete di account avesse condotto diverse operazioni di disinformazione in maniera coordinata, ovvero pubblicando, ad esempio, lo stesso contenuto su diversi account nello stesso istante o condividendo la stessa immagine o didascalia su centinaia di account. Twitter ha poi concluso il report sostenendo che tutte le operazioni analizzate avessero come obiettivo comune di amplificare e diffondere narrative politiche a favore dell’AKP.
Durante queste elezioni, però, proprio il social media di proprietà Elon Musk è stato coinvolto in alcune polemiche poiché accusato di aver trattato con il governo turco ed acconsentito alla rimozione di centinaia di tweet e 4 account indicati proprio dal governo prima del ballottaggio del 28 maggio. A testimoniare questo è un tweet del 13 maggio in cui Elon Musk, in risposta ad una richiesta di maggiore trasparenza sui motivi che hanno spinto Twitter a bloccare alcuni account indicati dal governo ha risposto: «Bisognava scegliere se avere Twitter limitato in tutto il Paese o limitare l’accesso ad alcuni tweet. Cosa è meglio?», aggiungendo poi, in un secondo tweet, che, per dare maggiore trasparenza all’operazione, avrebbe postato in un secondo momento le richieste avanzate dal governo turco. Ad oggi però, Elon Musk non ha ancora pubblicato alcun aggiornamento in merito.
Meta, invece, ha utilizzato un approccio differente. A questo link è possibile leggere le misure che il gruppo ha pianificato prima delle elezioni per le sue piattaforme. Si legge nel comunicato: «In casi specifici, rimuoviamo completamente la disinformazione come informazioni errate su date di voto, luoghi, orari e metodi. Per tutti gli altri tipi di disinformazione, ci concentriamo sul rallentare la diffusione in modo che meno persone la vedano e indirizzare le persone alle informazioni da fonti autorevoli». Meta, inoltre, riporta sul suo sito di aver attivato collaborazioni con oltre 90 organizzazioni indipendenti per il controllo dei fatti nel mondo, evidenziando collaborazioni interne alla Turchia per le elezioni del 2023 con Doğruluk Payı & Teyit.
In conclusione
Benché le piattaforme di social media abbiano costruito diversi protocolli per il controllo delle informazioni, restano diversi punti poco chiari rispetto alle relazioni tra il governo turco e le decisioni di Twitter in merito alla sospensione di alcuni account suggerita dal governo stesso di Erdoğan alla piattaforma.
Per comprendere il perché la decisione di Twitter abbia scatenato un alto numero di polemiche, bisogna rapportare il problema di scarsa trasparenza con il numero di utenti turchi su Twitter, 18.5 milioni di account attivi nel 2023. Lo stesso tweet del Twitter Global Government Affairs risulta poco chiaro rispetto all’ufficializzazione della rimozione degli account, limitandosi a segnalare la conclusione dell’operazione.
Oggi la struttura di governo appena confermata con Recep Tayyip Erdoğan è densa di punti oscuri su temi inerenti la libera informazione, come testimoniano organizzazioni in tutto il mondo. A riportare il problema è Reporters without borders che commenta lo scenario dei media in Turchia così: «L’autoritarismo sta guadagnando terreno in Turchia, sfidando il pluralismo dei media». In aggiunta, l’uso massiccio dei social media nel paese, ha spostato la campagna elettorale dalle piazze fisiche a quelle virtuali, generando ancora più confusione, come si è ricostruito in questo articolo, tra contenuti di propaganda, contenuti falsi e informazioni non corrette.
La stessa confusione, ad esempio, è stata registrata per lo spoglio elettorale, dove due agenzie turche utilizzate per seguire l’andamento del voto all’estero, Anadolu e Anka, la prima di Stato e l’altra indipendente – hanno fornito per tutta la durata delle elezioni informazioni diverse e contrastanti.
Come si è evidenziato in questa analisi, benché la propaganda di Stato oggi risulti avere una maggiore influenza nel dibattito pubblico, abbiamo ricostruito operazioni di disinformazione appartenenti, per la maggior parte, ad account indipendenti che hanno operato in favore di un candidato. Sebbene il primo caso analizzato mostri una chiara manipolazione da parte del Presidente turco Erdogan in riferimento al video che associa la figura dell’oppositore al leader del PKK, per gli altri casi non è possibile confermare un legame diretto tra i candidati e i contenuti circolati in Rete.
L'articolo Come la disinformazione ha inciso sulle elezioni in Turchia proviene da Facta.