Comunità energetiche e impatti sulla rete di distribuzione

7 months ago 34

Le comunità energetiche potrebbero avere impatti critici significativi sul funzionamento della rete di distribuzione elettrica in media tensione.

Nello specifico, la rete potrebbe subire un aumento delle perdite, un peggioramento del profilo di tensione e un aumento del carico delle linee. Sarà quindi necessario gestire e mitigare tali impatti, per evitare malfunzionamenti della rete.

Sono questi, in estrema sintesi, i risultati di uno studio da poco pubblicato da tre ricercatori del Dipartimento dell’energia del Politecnico di Milano su Sustainable Energy, Grids and Networks.

Il problema dell’aumento del carico delle linee si è rivelato il più critico, rendendo necessaria una particolare attenzione alla corretta modellazione della rete di distribuzione, aspetto che, invece, è tipicamente poco studiato nella letteratura scientifica, hanno indicato i ricercatori.

Le soluzioni di accumulo di energia sono risultate solo parzialmente efficaci per ovviare alle criticità menzionate. Sarebbe infatti necessaria una grande capacità di accumulo per gestire una rete di distribuzione reale in presenza di comunità energetiche, si legge nella ricerca, consultabile dal link in fondo a questo articolo.

I risultati dello studio dimostrano poi che l’autoconsumo effettivo e puntuale, cioè l’accoppiamento e la sincronia tra carichi e generazione, sono un fattore chiave per minimizzare l’impatto delle comunità energetiche sulla rete e garantire la conformità della rete stessa.

Autoconsumo meglio di equilibrio generazione/consumi a fine anno

Per ridurre al minimo l’impatto delle comunità energetiche (Cer) sulla rete di media tensione (MT) è preferibile puntare sull’autoconsumo effettivo dell’energia generata dalla Cer, piuttosto che su un semplice bilancio energetico netto a fine anno pari a zero fra corrente autogenerata e corrente prelevata dalla rete.

L’autoconsumo dovrebbe quindi diventare un obiettivo primario nella progettazione delle comunità, accompagnato da una chiara analisi costi-benefici dei sistemi di accumulo a batteria, indicano gli esiti dello studio.

Sul lato regolatorio, “la massimizzazione dell’autoconsumo dovrebbe essere considerata un requisito obbligatorio nei quadri normativi che propongono incentivi”.

Inoltre, analizzando l’impatto dell’ubicazione dei nuovi generatori delle comunità, è emerso che nelle aree urbane la distribuzione dei generatori e dei carichi sullo stesso feeder, cioè lo stesso sezionatore, porta a un minore impatto sulla rete.

Tuttavia, l’implementazione di una disposizione simile nel quadro normativo sarebbe difficile, poiché i gestori dei sistemi di distribuzione (DSO) e i generatori sono entità separate con obiettivi diversi.

Lo studio ha rilevato inoltre che in un’area rurale tipica si verificano comportamenti completamente diversi rispetto a quelli riscontrati nelle aree urbane, a dimostrazione che ogni singola rete potrebbe avere un andamento diverso in presenza di comunità energetiche.

I parametri della ricerca

La ricerca mirava a valutare il potenziale impatto delle comunità energetiche sulle reti di distribuzione in media tensione, tramite due casi di studio rappresentativi di realtà diffuse, basati su reti reali e in riferimento a tre variabili fondamentali per valutare lo stato di salute della rete: perdite di energia, sbalzi di tensione e impegno termico delle linee.

Il primo caso è stato quello relativo a un’area urbana con un’elevata domanda elettrica, ma una limitata capacità di generazione, mentre il secondo ha riguardato un’area montuosa e scarsamente popolata con una bassa domanda elettrica e un’abbondante produzione di energia rinnovabile.

Per ottimizzare il portafoglio di generazione da fonte rinnovabile, i ricercatori hanno studiato due strategie che le Cer possono adottare.

Nella prima strategia, la comunità ha generato la stessa quantità di corrente consumata dai suoi membri durante l’intero anno, senza considerare la sincronia tra produzione e consumo.

La capacità di generazione prefigurata in questo caso è stata interamente composta da impianti fotovoltaici, che si prevede saranno i più utilizzati nelle Cer italiane, ed è stata dimensionata per ottenere un bilancio netto pari a zero nel corso dell’anno. Si tratta di una strategia proposta per simulare lo sviluppo non coordinato di impianti rinnovabili distribuiti.

La seconda strategia mirava a ridurre al minimo lo scambio di elettricità con la rete pubblica, consentendo alla CE di diminuire la sua dipendenza dai fornitori esterni. Inoltre, questa strategia mirava a evitare di immettere energia nella rete quando non richiesta dai membri della comunità, massimizzando così l’autoconsumo, anche attraverso l’accumulo.

Per tenere conto delle innumerevoli possibili configurazioni e scenari delle Cer, i ricercatori hanno sviluppato un approccio stocastico, cioè probabilistico e casuale, così da generare una varietà di configurazioni di Cer, mutando la dimensione e il numero di nuovi generatori, i punti di accoppiamento comune e le fonti energetiche primarie nel mix di generazione, comprendente eolico, idroelettrico e fotovoltaico.

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