Cosa dovreste sapere su Bella Ciao, l’inno di tutte le Resistenze

1 week ago 33

Ogni anno dopo la Festa della Liberazione arrivano le polemiche di lana caprina su Bella Ciao. Ogni anno bisogna spiegarne le origini e perché, sia pur probabilmente mai cantato, e sicuramente non nella sua forma attuale, durante la seconda guerra mondiale sia assurto ad essere l’inno di tutti i partigiani e resistenti del mondo.

Andiamo quindi con ordine.

Cosa dovreste sapere su Bella Ciao, l’inno di tutte le Resistenze

Come per molti fenomeni culturali, non esiste una “data di nascita” per Bella Ciao. Sappiamo però che ha delle fonti ed ispirazioni di molto precedenti. Difatti, in guerra non ci sono fior di musicisti e compositori, e molte marce e canzoni sono di pura melodia e testi riciclati, come “Fischia il Vento” scritto da scritto da Felice Cascione (nome di battaglia Megu), giovane poeta e medico neolaureato ligure ma riciclando una canzone popolare sovietica di nome “Katiuscia” (a sua volta riciclata in poco edificanti canti da balera in epoca successiva, e che almeno con Cascione ha avuto un uso nobile).

Cosa dovreste sapere su Bella Ciao, l'inno di tutte le Resistenze

Cosa dovreste sapere su Bella Ciao, l’inno di tutte le Resistenze

Parimenti, Bella Ciao contiene pezzetti di canti delle mondine, del canto popolare “Fior di tomba” (nel quale compare la figura retorica del fiore che “sopravvive” al caduto invitando chi ode la canzone a ricordarlo) ed influenze Yiddish.

Incerto è l’uso registrato in alcuni reparti combattenti di Reggio Emilia e del Modenese, nella Brigata Maiella e in altri gruppi partigiani delle Langhe: “Fischia il Vento” era decisamente più certo e popolare.

Al primo Festival Popolare della Gioventù democratica di Praga fu però portato dai partigiani emiliani il testo e la melodia come lo conosciamo: ebbe un successo esplosivo e si sparse come simbolo mondiale della Resistenza.

Seguirono le incisioni su disco di Sandra Mantovani e Fausto Amodei in Italia, del cantautore francese di origine toscana Yves Montand e una interpretazione di Giorgio Gaber.

Perché parliamo di Canto della Resistenza

Ovviamente, l’esistenza stessa di fortissimi dubbi storici relativi allla forma usata negli anni ’40, e il fatto che “Fischia il Vento” fosse un canto più certo e più usato dovrebbe portare, oggi, a usare Fischia il Vento e non Bella Ciao.

Ma la forza di Bella Ciao è proprio nel messaggio universale, che ha consentito di portarlo in America (con Occupy Wall Street), in Kurdistan, in Ucraina e sostanzialmente ovunque vi sia chi combatte per la libertà.

Se “Fischia il Vento” contiene una serie di richiami alla simbologia ed all’estetica dell’Internazionale Comunista, Bella Ciao è di fatto un canto avulso da ogni contesto storico-politico peculiare e insieme ad essi connesso.

Utilizzabile quindi per ogni contesto di libertà.

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