Danno erariale, la produzione di energia da serre fotovoltaiche deve essere a supporto dell’attività agricola.

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Giave, Campu Giavesu, serre fotovoltaiche, particolare (marzo 2014)

La Corte dei conti – Sezione giurisdizionale per la Sardegna ha recentemente emanato una pronuncia di sensibile importanza in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili e all’acquisizione dei relativi benefici economici di legge.

La sentenza Corte dei conti, Sez. giurisdiz. Sardegna, 26 aprile 2023, n. 54/2023 costituisce un rilevante riferimento giurisprudenziale in tema di tutela delle finanze pubbliche da operazioni di speculazione energetica e, di riflesso, di salvaguardia dei valori ambientali del territorio.

Si tratta di serre fotovoltaiche nelle campagne del Sulcis (Sardegna), facenti parte di una rete di impianti analoghi in aree agricole di varie parti della Sardegna che spesso si sono rivelate esempi di speculazione energetica.

Nel caso di specie, la società “Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l.” ha acquisito notevoli incentivi pubblici relativi alla gestione di un impianto serricolo-fotovoltaico, situato in area agricola del territorio comunale di San Giovanni Suergiu (SU), “attraverso artifici e raggiri consistiti nella falsa rappresentazione della realizzazione conformemente ai provvedimenti autorizzativi resi di un impianto serricolo-fotovoltaico … dal Gestore Servizi Energetici – G.S.E. S.p.A.” In particolare, grazie a “un impianto strutturato in serre sovrastate da pannelli fotovoltaici, che sarebbe stato concepito e attivato non per la produzione e commercializzazione di prodotti agricoli, bensì all’unico scopo di accedere al mercato delle energie alternative e ottenere i contributi previsti a livello ministeriale e il diritto di vendere, a tariffa agevolata, l’energia solare prodotta alla società pubblica G.S.E. S.p.A.”.

Una volta autorizzata la realizzazione e la messa in opera dell’impianto (art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003 e s.m.i.), la Società formalmente “agricola” (art. 2135 cod. civ.) ha potuto beneficiare (art. 7, comma 2°, lettera d, del citato decreto legislativo n. 387) della “speciale tariffa incentivante per l’elettricità prodotta mediante conversione fotovoltaica dalla fonte solare, di importo decrescente, ma comunque di durata tale da garantire un’equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio. La concreta determinazione degli incentivi è stata rimessa all’adozione di decreti del Ministro delle attività produttive (c.d. Conti Energia)”.  

Roma, Corte dei conti, Caserma Montezemolo, esercito italiano in marcia (1936)

Infatti, il G.S.E. è obbligato ad “acquistare (sulla base di apposite convenzioni) ed immettere in rete l’energia solare prodotta, ritirata, su richiesta del produttore, dal gestore di rete alla quale l’impianto è collegato” (art. 13, commi 2° e 3°, del suddetto decreto legislativo n. 387).   Conseguentemente, la Società “ha avuto accesso al Secondo Conto Energia, di cui al D.M. 19.2.2007, come integrato dal D.M. 7.4.2008, percependo dal 2011 al 2018 incentivi per un importo complessivo pari a € 13.591.841,60”.

Tuttavia, affinchè siano legittimamente acquisiti i notevoli incentivi pubblici, è necessario che vi “effettivo svolgimento dell’attività agricola, come risulta anche dall’esistenza di un regime di particolare favore per gli imprenditori agricoli con l’obiettivo di migliorare le condizioni di produttività e di redditività delle aziende agricole” e, soprattutto, “l’attività principale di coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali da parte dell’imprenditore agricolo deve in ogni caso essere prevalente rispetto alle attività connesse, sia che siano costituite da manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti dalla coltivazione del fondo, sia che si tratti di produzione e cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche”.

In questo senso è l’orientamento giurisprudenziale erariale (Corte conti, Sez. centrale Appello, n. 141/2021; Corte conti, Sez. giurisd. Sardegna, n. 280/2020; Corte conti, Sez. giurisd. Sardegna, n.  n. 217 del 2019).

Nella realtà dei fatti, è stato accertato che la produzione agricola è stata nel tempo assolutamente marginale rispetto ai ricavi derivanti dalla produzione energetica, che hanno interessato anche aree maggiori rispetto a quanto autorizzato in via urbanistico-edilizia, mentre, secondo la Sezione, “appare indubbio che l’erogazione di incentivi a favore della società – qualificatasi, in sede di richiesta di tariffe incentivanti per l’energia elettrica prodotta da fonte fotovoltaica, quale agricola, ed ammessa ai benefici previsti dalle citate disposizioni proprio in quanto società agricola – fosse subordinata alla concreta produzione di prodotti agricoli e/o florovivaistici, in misura tale che le attività connesse non assumessero un rilievo prevalente e sproporzionato rispetto a quelle della coltivazione, e alla circostanza che il fondo, sul quale insistono gli impianti fotovoltaici, fosse preminentemente impiegato nell’attività agricola”.

La piena consapevolezza dei titolari e gestori della Società “della natura fittizia della destinazione agricola dell’impianto realizzato e della assoluta carenza di tutti i presupposti che avrebbero legittimato l’accesso agli incentivi in questione, in particolare, la sussistenza di un’attività agricola tale da rendere la produzione di energia attività connessa e funzionale all’attività principale dell’impresa (ovvero la produzione agricola), l’effettivo mantenimento della vocazione agricola del terreno, e l’incremento occupazionale nel settore agricolo” depone per la commissione dei fatti a titolo di dolo, “con la conseguenza che detti soggetti debbono rispondere dell’intero danno in solido tra di loro ai sensi dell’art.1, comma 1-quinquies, della legge n. 20 del 1994”, senza alcuna possibilità di effettuare alternative valutazioni riduttive.

Oltre alla risarcimento in favore dell’Erario pubblico (nella fattispecie il G.S.E.), comprensivo di rivalutazione monetaria e alle spese giudiziarie, sono stati confermati i provvedimenti di sequestro conservativo per equivalente sui beni dei convenuti.

Un pronunciamento giurisdizionale di grande rilievo per gli interessi pubblici erariali e ambientali.

dott. Stefano Deliperi, Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

Roma, Viale Mazzini, sede della Corte dei conti

Sent. n. 54/2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA

composta dai seguenti magistrati:

Donata CABRAS Presidente

Tommaso PARISI Consigliere

Lucia d’AMBROSIO Consigliere relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di responsabilità instaurato ad istanza del Procuratore regionale della Corte dei conti per la Regione Sardegna nei confronti di “Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l.” (partita IVA 03261450922), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede legale e amministrativa in San Giovanni Suergiu (pec: sangiovanni@pec.enervitabio.com), MAGNANI Paolo, nato ad Alfonsine (RA) il 22/12/1957 e residente in Sant’Anna Arresi (C.F. MGNPLA57T22A191J), BALIA Paolo Franco, nato a Sant’Antioco il 3/12/1954 ed ivi residente (C.F. BLAPFR54T03I294W) e VELTRONI Valerio, nato a Roma il 6/2/1949 ed ivi residente (C.F. VLTVLR49B06H501A), tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Federico MANCA BITTI (MNCFRC89E16B354W), Guido MANCA BITTI (MNCGDU55A08H501X) e Matilde MURA (MRUMLD71C48B354I), presso il cui studio, sito in Cagliari, in via Ancona n. 3 sono elettivamente domiciliati (pec: guido@pec.mancabitti.it, matildemura@pec.it, federico@pec.mancabitti.it).

Visto l’atto di citazione del 27 aprile 2022, iscritto al n. 25655 del registro di Segreteria.

Uditi, nella pubblica udienza del 16 marzo 2023, il relatore Consigliere Lucia d’Ambrosio, il Pubblico ministero nella persona del vice Procuratore generale Valeria Motzo e gli avvocati Matilde Mura, Federico Manca Bitti e Giulia Atzori su delega dell’avvocato Guido Manca Bitti.

Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa.

Ritenuto in

FATTO

Con atto di citazione del 27 aprile 2022, il Procuratore regionale della Corte dei conti per la Regione Sardegna ha convenuto in giudizio la “Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l.”, in persona del legale rappresentante pro tempore, MAGNANI Paolo, BALIA Paolo Franco e VELTRONI Valerio, per sentirli condannare, solidalmente, al risarcimento, in favore dell’Erario, e segnatamente del Gestore Servizi Energetici – G.S.E. S.p.a., della somma di € 13.591.841,60, oltre alle somme dovute per rivalutazione, interessi e spese di giustizia.

Il Pubblico Ministero riferisce che, con nota prot. n. 121494 del 19/7/2018, il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Cagliari – Gruppo Tutela Entrate – della Guardia di Finanza ha segnalato un’ipotesi di danno erariale connessa alla percezione da parte della società “Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l.” di incentivi pubblici relativi alla gestione di un impianto serricolo-fotovoltaico ubicato nel Comune di San Giovanni Suergiu, località “Case Coloniche Marcu Pinna”.

Afferma che gli accertamenti svolti dal Nucleo, congiuntamente al Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale della Regione Autonoma della Sardegna (C.F.V.A.), nell’ambito del procedimento penale avviato per questi ed altri fatti simili dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari (n. 6331/2013 R.G.N.R.), avrebbero consentito di rilevare che la suddetta società, attraverso artifici e raggiri consistiti nella falsa rappresentazione della realizzazione conformemente ai provvedimenti autorizzativi resi di un impianto serricolo-fotovoltaico, avrebbe ottenuto dal Gestore Servizi Energetici – G.S.E. S.p.A. incentivi per la produzione di energia elettrica derivante da fonti alternative, per un impianto strutturato in serre sovrastate da pannelli fotovoltaici, che sarebbe stato concepito e attivato non per la produzione e commercializzazione di prodotti agricoli, bensì all’unico scopo di accedere al mercato delle energie alternative e ottenere i contributi previsti a livello ministeriale e il diritto di vendere, a tariffa agevolata, l’energia solare prodotta alla società pubblica G.S.E. S.p.A.

La Procura riferisce in particolare che, dall’attività di indagine svolta, sarebbe emerso che la Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l., in relazione all’impianto ubicato in agro del Comune di San Giovanni Suergiu, località “Case Coloniche Marcu Pinna”, ha percepito ingenti finanziamenti pubblici a valere sul “Secondo Conto Energia” approvato con D.M. 19.2.2007 in assenza di valide condizioni legittimanti. Gli incentivi finanziari erogati dalla società pubblica G.S.E. S.p.A. in forza della specifica convenzione stipulata con la predetta società, avevano, infatti, come presupposto l’effettiva conduzione di una impresa agricola (nel cui ambito si sarebbe dovuto affiancare lo sfruttamento energetico alternativo), mentre gli accertamenti investigativi – suffragati dalla ricostruzione delle pratiche amministrative finalizzate all’attivazione dell’impianto, dalla consistente documentazione fotografica ottenuta tramite diversi accessi presso la struttura da parte della polizia giudiziaria, dai riscontri informativi di soggetti a conoscenza dei fatti – hanno reso palese ed evidente che l’iniziativa imprenditoriale non è stata diretta alla coltivazione del suolo e alla commercializzazione di prodotti agricoli, ma ha avuto come unico obiettivo lo sfruttamento dell’energia solare allo scopo di ottenere gli elevati benefici pubblici previsti dalla normativa di settore.

La Procura afferma che gli accertamenti svolti hanno consentito di appurare diverse irregolarità. In particolare, risulta che:

· l’impianto serricolo realizzato dalla Enervitabio San Giovanni è totalmente difforme dal provvedimento autorizzatorio n. 3/2009 reso dal SUAP del Comune di San Giovanni Suergiu in data 21/12/2009, in quanto risulta un notevole incremento delle superfici a copertura fotovoltaica (oltre il 50%), a discapito della realizzazione di una parte della viabilità interna prevista, con differente ubicazione delle cabine elettriche che, contrariamente a quanto previsto nel progetto approvato, sono state posizionate nella sola parte centrale dell’area interessata dall’intervento, al fine di potere aumentare gli introiti corrisposti dalla G.S.E. S.p.A. in relazione alla maggiore energia elettrica prodotta;

· la Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l. non ha ottemperato alle prescrizioni stabilite con il provvedimento autorizzatorio n. 3/2009 e, in particolare, a quella riguardante la realizzazione di appositi locali da destinare all’attività agricola e al personale (vano appoggio, guardiania, spogliatoi, servizi igienici, celle frigo, locale per la lavorazione e il confezionamento dei prodotti agricoli, locali per il ricovero dei mezzi e degli impianti, deposito dei fitofarmaci);

· il signor MAGNANI ha proceduto a comunicare in data 29/12/2010 la realizzazione di un elettrodotto interrato non prevista nell’autorizzazione comunale n. 3/2009;

· la documentazione di progetto trasmessa dal MAGNANI alla società G.S.E. S.p.A., in allegato alla comunicazione di fine lavori, è totalmente difforme da quella approvata dal SUAP del Comune di San Giovanni Suergiu con provvedimento autorizzatorio n. 3/2019.

La Procura sottolinea, inoltre, che sono state riscontrate delle anomalie sotto il profilo della prevalenza dell’attività agricola rispetto a quello della produzione di energia elettrica da fonte fotovoltaica, avendo le indagini condotte evidenziato l’assoluta inconsistenza dell’iniziativa agricola, nonché un significativo sbilanciamento dell’attività sul versante industriale di produzione e vendita dell’energia elettrica accumulata dai pannelli fotovoltaici. La Procura sottolinea, infatti, che nel periodo 2010/2016, a fronte della vendita di energia elettrica prodotta da pannelli fotovoltaici posizionati a copertura delle serre, per complessivi € 1.636.322,30 (al netto delle tariffe incentivanti riconosciute da G.S.E. S.p.A.), la società Enervitabio San Giovanni ha realizzato vendite di prodotti agricoli per l’importo di € 10.320,00.

La Procura afferma che l’importo complessivo degli incentivi percepiti è pari a € 13.591.841,60,di cui € 934.512,24 nel 2011, € 2.132.984,23 nel 2012, € 2.309.998,46 nel 2013, € 2.317.940,92 nel 2014, € 1.944.843,10 nel 2015, € 2.047.588,35 nel 2016, € 1.810.139,20 nel 2017 e € 93.835,09 nel 2018.

Ad avviso della Procura la responsabilità per il pregiudizio cagionato all’Erario pubblico deve essere addebitata, a titolo di dolo, alla persona giuridica “Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l.”, in persona del legale rappresentante, che ha ottenuto l’accreditamento tramite convenzionamento con la società G.S.E. S.p.A. erogatrice degli incentivi e ha incamerato indebitamente i benefici finanziari pubblici; deve essere, altresì, imputata agli amministratori della società MAGNANI Paolo, BALIA Paolo Franco e VELTRONI Valerio che, in concorso tra loro, a titolo di dolo, si sono adoperati affinché il progetto industriale di sfruttamento energetico si realizzasse secondo l’illecito programma ideato, avendo la piena consapevolezza della natura fittizia della destinazione agricola dell’impianto serricolo-fotovoltaico realizzato a San Giovanni Suergiu e del corrispondente ingente beneficio finanziario che è indebitamente derivato dall’accreditamento con la società G.S.E. S.p.A.

La Procura riferisce che in data 12 gennaio 2022 è stato depositato in Segreteria l’invito a fornire deduzioni nei confronti degli odierni convenuti, con contestuale istanza di sequestro conservativo ante causam di beni immobili, mobili registrati e partecipazioni societarie. Con decreto n. 1/2022, assunto in data 14 gennaio 2022, il Presidente della Sezione Giurisdizionale ha accolto l’istanza ed ha autorizzato l’esecuzione della misura cautelare, fissando la data del 28 febbraio 2022 per l’udienza di comparizione delle parti e dei terzi eventualmente citati ex artt. 543 e 547 c.p.c., al fine della conferma, modifica o revoca del sequestro. Con ordinanza n. 31/2022, depositata il 10 marzo 2022, il Giudice designato ha convalidato il sequestro, fino alla concorrenza della somma di € 13.591.841,60 sulle quote in proprietà dei beni immobili, mobili registrati e sugli altri beni e valori indicati nel decreto presidenziale, assegnando alla Procura Regionale il termine di sessanta giorni per il deposito dell’atto di citazione.

Riferisce che i convenuti non hanno fatto pervenire ulteriori deduzioni difensive oltre a quelle depositate nella sede cautelare, né hanno domandato l’audizione personale prevista dall’art. 67, comma 2, D.lgs. n. 174/2016.

La Procura ha ritenuto permanere i presupposti per l’esercizio, nei loro confronti, dell’azione di responsabilità erariale, in quanto la ricostruzione degli illeciti operata in sede di indagini dimostrerebbe inequivocabilmente che gli incentivi finanziari, a valere sul “Secondo Conto Energia” di cui al D.M. 19.2.2007, erogati dalla società pubblica G.S.E. S.p.A. in favore della società “Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l.” negli anni dal 2011 al 2018, in forza della convenzione stipulata in data 13 marzo 2012, quantificati sulla base delle certificazioni rilasciate dalla società pubblica in complessivi € 13.591.841,60, sono stati percepiti indebitamente ed hanno, conseguentemente, determinato un corrispondente pregiudizio erariale.

Afferma che, avuto riguardo alla normativa statale e regionale che disciplina l’installazione delle “serre fotovoltaiche” nelle aziende agricole, si deve ritenere, in considerazione degli accertamenti istruttori in merito alle attività svolte dalla società “Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l.”, che l’attivazione dell’azienda agricola sia stata meramente strumentale alla destinazione industriale dei pannelli fotovoltaici e che, pertanto, in sede di procedimento autorizzatorio e all’atto della domanda di ammissione alla contribuzione pubblica, sia stata realizzata un’artificiosa rappresentazione delle finalità imprenditoriali in agricoltura, al solo scopo di poter accedere agli incentivi finanziari per lo sfruttamento delle energie alternative in zone agricole.

La Procura afferma che la responsabilità per il pregiudizio cagionato all’Erario pubblico deve essere addebitata, a titolo di dolo, alla società “Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l.” – in persona del legale rappresentante – che ha ottenuto l’accreditamento tramite convenzionamento con la società G.S.E. S.p.A. erogatrice degli incentivi e ha incamerato indebitamente i benefici finanziari pubblici, e deve essere, altresì, imputata agli amministratori della società MAGNANI Paolo (Presidente del Consiglio di Amministrazione), BALIA Paolo Franco (componente del Consiglio di Amministrazione) e VELTRONI Valerio (componente del Consiglio di Amministrazione) che, in concorso tra loro, a titolo di dolo, si sono adoperati con artifici e raggiri affinché il progetto industriale di sfruttamento energetico si realizzasse secondo l’illecito programma ideato, avendo la piena consapevolezza della natura fittizia della destinazione agricola dell’impianto serricolo-fotovoltaico realizzato a San Giovanni Suergiu e del corrispondente ingente beneficio finanziario che sarebbe indebitamente derivato dall’accreditamento con la società G.S.E. S.p.A..

Sostiene che tale consapevolezza è da ritenere propria di tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione, considerata la ristretta composizione dell’organo amministrativo, e l’evidenza della mancata realizzazione di fatto dell’impresa agricola e dell’illecito arricchimento conseguito.

Il signor Paolo Franco BALIA, il signor Valerio VELTRONI e il signor Paolo MAGNANI, in proprio e nella sua qualità di legale rappresentante della “Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l.”, si sono costituiti, con separate memorie, a ministero degli avvocati Guido MANCA BITTI, Federico MANCA BITTI e Matilde MURA, in data 23 novembre 2022, eccependo la prescrizione del diritto azionato dalla Procura (in ragione del fatto che l’invito a dedurre è stato notificato nel gennaio 2022 e non sussiste occultamento doloso) e chiedendo il rigetto della domanda con conseguente assoluzione; in subordine limitare l’ammontare dei danni posti a carico dei convenuti, anche facendo uso del potere riduttivo.

Il collegio difensivo del signor Paolo Franco BALIA, del signor Valerio VELTRONI e del signor Paolo MAGNANI, in proprio e nella sua qualità di legale rappresentante della “Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l.”, con separate memorie difensive, trasmesse in data 12 dicembre 2022, ha preliminarmente evidenziato che la Procura non ha mai contestato, se non in maniera del tutto generica, il reale svolgimento dell’attività agricola da parte della Enervitabio San Giovanni, non esistendo atti istruttori o accertativi dai quale sia possibile anche solo ipotizzare che la società Enervitabio San Giovanni non abbia posto in essere l’attività agricola dichiarata ed essendo l’effettivo svolgimento dell’attività agricola stato oggetto di accertamento da parte di soggetti terzi (GSE e tecnici da quest’ultimo incaricati).

Sottolinea, in merito, che, nell’atto di citazione, la Procura non contesterebbe né che l’impianto serricolo sia stato concretamente realizzato, né che sia stato messo in esercizio, ma solo che, nel realizzarlo, la società Enervitabio San Giovanni non avrebbe rispettato il progetto approvato dall’Amministrazione in sede di rilascio del titolo edilizio, circostanza che non solo non sarebbe vera, ma che, in ogni caso, non farebbe venir meno il diritto della società Enervitabio San Giovanni a ricevere gli incentivi erogati dal GSE.

Contesta, inoltre, la tesi della Procura secondo la quale gli incentivi del GSE sarebbero dovuti solo nel caso in cui il reddito prodotto dallo svolgimento dell’attività agricola sia superiore a quello maturato per la produzione di energia elettrica, evidenziando che la minore produttività dell’attività agricola rispetto al previsto (e la maggiore produttività dell’attività di vendita dell’energia) non potrebbe in ogni caso essere imputata agli odierni convenuti a titolo di dolo o colpa grave.

Sostiene, in particolare l’infondatezza delle asserite difformità dell’impianto rispetto al titolo edilizio, in quanto non sarebbe vero che la società Enervitabio San Giovanni ha realizzato l’impianto in maniera difforme da quanto previsto nei provvedimenti autorizzativi ed eventuali difformità dell’impianto realizzato rispetto al progetto autorizzato non farebbero comunque venir meno il diritto agli incentivi (con conseguente insussistenza del danno erariale paventato dalla Procura).

Contesta, in particolare l’affermazione della Procura secondo la quale, all’esito degli accertamenti svolti dalla Polizia Giudiziaria, sarebbe stato rilevato “un notevole incremento delle superfici a copertura fotovoltaica (oltre il 50%) a discapito della realizzazione di una parte della viabilità interna prevista”, in quanto nella nota della Guardia di Finanza prot. n. 12149 del 19 luglio 2018, allegata all’invito a dedurre, si legge che la difformità è emersa “a seguito di un semplice esame visivo-comparativo fra la cartografia relativa all’accatastamento dell’impianto serricolo-fotovoltaico e i documenti relativi alle pratiche per la realizzazione degli impianti in trattazione, acquisiti sia presso il Comune di San Giovanni Suergiu che presso il G.S.E.” e tali documenti non sono allegati alla nota del 19 luglio 2018 (e non sono stati prodotti in giudizio).

Precisa che la Polizia Giudiziaria non ha mai contestato un superamento delle dimensioni autorizzate in misura “superiore al 50%”, in quanto il superamento del 50% è riferito alla prescrizione del Piano Regolatore Generale del Comune di San Giovanni Suergiu, che stabilisce che, nelle zone agricole E, gli insediamenti di tipo agro industriale caratterizzati da opere murarie fuori terra possono essere realizzati nel limite del 50% dell’estensione complessiva dell’area di pertinenza (limite che, peraltro, si applica solo in caso di opere murarie fuori terra, insussistenti nel caso di specie).

Sottolinea che, benché la Polizia Giudiziaria faccia riferimento alla volumetria occupata, il Piano Regolatore Generale del Comune di San Giovanni Suergiu stabilisce un limite di superficie, e che, dalla relazione tecnica redatta dal dott. Aldo Vanini, risulta che gli impianti realizzati hanno una superficie totale di circa 27.800 mq, misura inferiore al 50% della superficie totale del lotto, pari a 7,5 ettari e cioè più di 70.000 mq e che la superficie di serre fotovoltaiche realizzate (27.800 mq) è inferiore alla superficie che era stata autorizzata con il provvedimento unico n. 3/2009 (che consentiva la realizzazione di 28.548 mq).

Evidenzia, inoltre, che, nella DUAAP era previsto che l’impianto raggiungesse una potenza nominale di 4000 Kw, che l’impianto effettivamente realizzato ha una potenza nominale di 3997.4 Kw, e che, conseguentemente, non può materialmente produrre “maggiore energia elettrica” rispetto a quella prevista in progetto.

Per quanto concerne la contestazione relativa al fatto che la società Enervitabio avrebbe posto in essere “una differente ubicazione delle cabine elettriche che, contrariamente a quanto indicato nel progetto approvato, sono state posizionate nella sola parte centrale dell’area interessata dall’intervento”, afferma che la realizzazione delle cabine elettriche in una ubicazione diversa deriverebbe da una richiesta formulata dall’Enel a settembre 2009, in data successiva alla presentazione del progetto, che è stata oggetto di specifica autorizzazione da parte del Comune, in sede di accertamento di conformità.

Per quanto riguarda la contestazione relativa al fatto che la società Enervitabio non avrebbe ottemperato all’obbligo di realizzare appositi locali da destinare all’attività agricola ed al personale da impiegare, afferma che la prescrizione prevedeva che i locali dovessero essere utilizzati laddove l’attività agricola avesse previsto un numero di addetti superiore a tre, evidenziando che il locale è stato realizzato nel 2017, quando la produzione agricola è entrata a regime e sono stati assunti più di tre addetti.

Per quanto concerne la contestazione relativa al fatto che il signor Magnani avrebbe comunicato al SUAP del Comune di San Giovanni Suergiu la realizzazione di un elettrodotto interrato “senza che il medesimo fosse in alcun modo previsto e ricompreso nel provvedimento autorizzativo del SUAP n. 3/2009”, evidenzia che l’elettrodotto è specificamente contemplato nella tavola 2 del progetto approvato con il provvedimento Unico n. 3/2009, ed è stato specificamente autorizzato dalla Provincia di Carbonia Iglesias con la determinazione n. 125 del 7 luglio 2011.

Afferma che le difformità contestate, quand’anche fossero sussistenti, sarebbero del tutto prive di rilevanza, in quanto il presupposto per il riconoscimento del diritto agli incentivi è che l’impianto fotovoltaico sia stato realizzato sulla base di un titolo edilizio e che tale titolo edilizio sia valido ed efficace, dal momento che, sino a che il provvedimento edilizio esiste ed è valido ed efficace, il titolare mantiene il diritto alla corresponsione degli incentivi proporzionali all’energia elettrica prodotta. Sostiene che, quand’anche l’Ente che ha emesso il provvedimento autorizzativo contesti all’interessato di aver realizzato delle opere difformi dallo stesso, ciò non si traduce automaticamente nella decadenza del titolo edilizio, e, nel caso di specie, il Comune di San Giovanni Suergiu non ha mai annullato il provvedimento autorizzativo ed ha rilasciato i provvedimenti di accertamento di conformità richiesti dalla società Enervitabio.

Afferma che mancherebbe il nesso di causalità tra la condotta contestata dalla Procura e il danno erariale.

Per quanto concerne il rapporto tra l’attività agricola e la produzione di energia e le affermazioni della Procura in merito alla “assoluta inconsistenza dell’iniziativa agricola” ed al “significativo sbilanciamento dell’attività sul versante industriale di produzione e vendita dell’energia accumulata dai pannelli fotovoltaici”, sostiene che la tesi della Procura sarebbe destituita di fondamento, in quanto frutto di un palese fraintendimento della normativa nazionale e regionale applicabile nonché, più in generale, della disciplina relativa agli incentivi per la produzione di energia rinnovabile erogati dal GSE.

La difesa dei convenuti ricostruisce la normativa avente ad oggetto incentivi alla produzione, da parte di soggetti privati, di energia elettrica da fonti rinnovabili, introdotti, in ambito comunitario, con la Direttiva CE n. 77/2001, recepita in Italia con il d.lgs. n. 387/2003.

Evidenzia che la società Enervitabio ha ottenuto gli incentivi di cui si discorre sulla base del c.d. Secondo Conto Energia, di cui al d.m. del 19 febbraio 2007, che, all’art. 4, disciplina i requisiti degli impianti ai fini dell’accesso alle tariffe incentivanti, il rispetto dei quali da parte della società Enervitabio San Giovanni non è in contestazione. Rappresenta, inoltre, che detta disciplina non prevedeva norme specifiche per lo sfruttamento dell’energia da parte delle imprese agricole né per l’utilizzo delle c.d. serre fotovoltaiche, distinguendo esclusivamente tra impianti fotovoltaici non integrati (a terra), impianti fotovoltaici parzialmente integrati e impianti fotovoltaici con integrazione architettonica, con differenze relative esclusivamente alla misura dell’incentivazione e/o delle tariffe agevolate. Evidenzia che gli incentivi potevano essere concessi ad impianti di serre fotovoltaiche (quali sono quelle della società Enervitabio), rientranti nella categoria dell’impianto fotovoltaico con integrazione architettonica, in quanto i pannelli costituiscono (e quindi sostituiscono) la copertura stessa delle serre.

Afferma che, pertanto, risulterebbe del tutto inconferente il richiamo, da parte della Procura, alle norme dettate specificamente per le aziende agricole e per le serre fotovoltaiche dal Terzo Conto Energia (D.M del 6 agosto 2010) e dal Quarto Conto Energia (DM del 5 maggio 2011), non applicabili al caso di specie.

Evidenzia che l’effettivo svolgimento dell’attività agricola da parte della società Enervitabio è stato verificato dai tecnici incaricati dalla società Enervitabio e dal GSE, da ultimo, in occasione del sopralluogo eseguito il 25 maggio 2017, alla presenza di uno specialista agronomo incaricato dal medesimo GSE, nel cui verbale si legge che “nella verifica si è potuto constatare che le serre sono tutte coltivate, fatta eccezione per la numero 20 che viene impiegata per ospitare l’impianto di irrigazione ed i serbatoi di riserva idrica … le coltivazioni sono costituite per la quasi totalità da Aloe nelle varietà vera ed arborescens. Sono presenti alcune prove di coltivazione di cedro e bergamotto in tre delle serre più piccole. La coltivazione di aloe è stata messa in opera a partire dal 2012, le serre sono state ricaricate di terreno sabbioso in modo da ovviare i problemi di marciume del coletto … Durante la verifica non sono state rilevate che poche piante con problemi di marciume. Le coltivazioni si presentano in buone condizioni fisiologiche e fitopatologiche … l’impianto è entrato in produzione parziale dallo scorso anno e raggiungerà la maturità e la piena produzione il prossimo anno”.

Sottolinea che, in seguito a tale sopralluogo, il GSE ha concluso positivamente il procedimento di verifica in ordine ai requisiti per l’attribuzione degli incentivi rilevando di non aver accertato “violazioni o irregolarità” (nota GSE del 24 aprile 2018).

Afferma che la normativa in materia di incentivi non prevedeva affatto un “regime di particolare favore” per gli agricoltori produttori di energia elettrica, essendo semplicemente previsto che, in caso di impianti realizzati su terreni agricoli, venga mantenuta la destinazione agricola del terreno.

Evidenzia, inoltre, che dalle norme fiscali e tributarie riportate nell’atto di citazione non si ricaverebbe affatto il principio secondo cui per poter accedere agli incentivi erogati dal GSE era necessario che l’attività agricola svolta fosse prevalente, in termini di reddito, rispetto alla produzione e vendita di energia da fonti rinnovabili, in quanto si tratta di norme che non hanno ad oggetto la concessione degli incentivi alla produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili, ma sono dirette ad individuare il regime fiscale applicabile al reddito dell’imprenditore agricolo che svolga anche attività di vendita di energia elettrica da fonti rinnovabili, ed i limiti entro i quali tale ultima attività può dirsi “connessa” alla prima ai fini fiscali.

Con specifico riguardo alla normativa tributaria, che ha previsto la possibilità di far confluire una parte del reddito derivante dallo sfruttamento dell’energia solare all’interno del reddito agrario, in ragione della ricomprensione di tale attività di quelle connesse all’agricoltura, sottolinea che tale disciplina riguarda solo ed esclusivamente i presupposti per accedere a quel particolare incentivo (il trattamento fiscale di favore) ed afferma che da essa non si possono ricavare presupposti per accedere ad altre tipologie di incentivo (nel caso all’esame le tariffe agevolate del GSE). Evidenzia che nemmeno per l’applicazione del trattamento fiscale di favore è richiesto, come requisito indispensabile, il “maggior volume finanziario dell’attività agricola rispetto a quello derivante dallo sfruttamento energetico”, in quanto tale elemento rappresenta uno dei presupposti che devono essere alternativamente presenti per garantire la connessione tra attività agricola e attività di vendita di energia, potendo il trattamento fiscale di favore essere concesso anche quando il volume finanziario dell’attività di vendita di energia sia maggiore rispetto a quello dell’attività agricola, ma sia rispettato uno degli altri due presupposti alternativi (effettivo collegamento architettonico dei pannelli solari con la struttura aziendale esistente ovvero rispetto di un determinato rapporto tra energia prodotta ed estensione dell’azienda).

Per quanto riguarda la normativa regionale in materia di autorizzazione alla realizzazione degli impianti fotovoltaici e, segnatamente, delle serre fotovoltaiche (deliberazioni della Giunta Regionale n. 10/3 del 12 marzo 2010, n. 25/40 del 1° luglio 2010 e n. 27/16 del 1° giugno 2011, contenenti le c.d. Linee Guida relative al rilascio dell’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 (opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili), sottolinea che detta normativa è diretta a disciplinare il procedimento, i presupposti e requisiti per l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto fotovoltaico, a prescindere dal fatto che il richiedente voglia chiedere di accedere agli incentivi del GSE.

Sottolinea che le disposizioni delle Linee Guida regionali (punto 3 dell’Allegato A5 alla deliberazione di giunta regionale n. 27/16 del 1° giugno 2011) non sarebbero applicabili al caso di specie, in quanto la deliberazione de quo è stata adottata nel 2011, ovvero in data successiva al rilascio, in favore della società Enervitabio San Giovanni, del provvedimento unico n. 3/2009, e al termine di realizzazione dell’impianto (avvenuto il 31 dicembre 2010).

Evidenzia che, in ogni caso, le Linee Guida regionali non disciplinano e non possono disciplinare l’assegnazione degli incentivi del GSE, e non potrebbero, comunque, incidere sulla legittimità degli incentivi ricevuti dal richiedente per la produzione di energia, in quanto riguardano la realizzazione degli impianti e non già l’erogazione degli incentivi, con la conseguenza che l’eventuale accertamento, da parte dell’autorità competente, della carenza dei presunti requisiti per la realizzazione della serra potrebbe portare, al più, al venir meno (con annullamento o con revoca) del provvedimento in base al quale è stata realizzata la serra medesima, ma non all’illegittimità degli incentivi ricevuti per la produzione di energia, che risultano legittimamente assegnati sino a che la serra rimane attiva e regolarmente autorizzata.

Sottolinea che – ad oggi – le autorizzazioni ottenute dalla Enervitabio alla realizzazione (ed al mantenimento) dell’impianto sono perfettamente valide ed efficaci, in quanto non annullate né revocate, e legittimano lo svolgimento dell’attività agricola e di produzione di energia da parte della Enervitabio e l’ottenimento dell’incentivo, il cui presupposto è lo svolgimento della produzione di energia da fonte rinnovabile.

Rappresenta, inoltre, che la società Enervitabio San Giovanni non ha mai dichiarato al GSE o ad altri di svolgere un’attività agricola con ricavi superiori a quelli percepiti per la vendita (con incentivazione) dell’energia elettrica, che, conseguentemente non sono ipotizzabili, da parte della società Enervitabio San Giovanni, false dichiarazioni o “artifici e raggiri” connessi alla rappresentazione del rapporto (in termini di reddito) tra l’attività agricola e l’attività di produzione di energia.

Afferma che, se si facesse riferimento, nel valutare il rapporto tra l’attività agricola e quella di produzione di energia, all’impiego di risorse economiche e di forza lavoro, si dovrebbe concludere nel senso che l’attività svolta in maniera preminente dalla società Enervitabio è sempre stata quella agricola, in quanto gli investimenti eseguiti sono sempre stati relativi o ad entrambi i settori di attività (realizzazione dell’impianto, spese di progettazione, utenze) o alla sola attività agricola (acquisto delle piante, di materiali e attrezzi agricoli, etc.). Sottolinea, in merito, che la realizzazione delle serre, destinate alla coltivazione delle piante di Aloe, deve ritenersi attinente anche all’attività agricola, sebbene siano stati installati, a copertura, dei pannelli fotovoltaici. Evidenzia, inoltre, che i dipendenti sono tutti operai nel settore agricolo e che non esistono dipendenti specifici nel settore della produzione di energia elettrica; per tale settore, la società si avvale di lavorazioni esterne.

Afferma che, visti gli investimenti eseguiti e l’attività in concreto prestata, non può esservi alcun dubbio in ordine al fatto che la società Enervitabio abbia inteso svolgere ed abbia effettivamente svolto l’attività di coltivazione di Aloe con lo scopo di giungere alla commercializzazione della medesima.

Afferma che la disciplina relativa all’assegnazione, da parte del GSE, degli incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili non prevede, come requisito, che il richiedente produca un reddito agricolo superiore al reddito derivante dalla vendita di energia elettrica; che tale requisito non è mai stato richiesto dal GSE, che, in plurime occasioni, ha avuto modo di verificare l’attività svolta nell’impianto e la produzione agricola in essere, senza mai sollevare contestazioni in ordine al diritto della società Enervitabio San Giovanni di ricevere gli incentivi ed anzi accertando espressamente che non erano presenti violazioni o irregolarità; che, contrariamente da quanto sostenuto dalla Procura regionale, tale presupposto non è stabilito come indispensabile per l’applicazione del regime fiscale di favore previsto per i redditi da attività agricola e non è necessario per l’autorizzazione alla realizzazione delle serre fotovoltaiche, poiché le Linee Guida, in realtà, si limitano a chiedere la predisposizione di un piano aziendale che preveda una attività agricola adeguata ad essere considerata come prevalente; che la carenza del requisito della prevalenza del reddito agricolo non potrebbe comportare, di per sé sola, l’illegittimità degli incentivi riconosciuti dal GSE ma, al massimo, la revoca dell’autorizzazione dell’esercizio delle serre; che la società Enervitabio San Giovanni ha posto in essere l’attività agricola in maniera effettiva, impiegando, nella medesima, le proprie risorse economiche e lavorative in misura prevalente; che l’effettività dell’attività agricola è stata accertata anche dal GSE, che non solo non ha mai sostenuto di aver subito un danno, ma ha, al contrario, sempre ritenuto sussistenti tutti i requisiti per l’erogazione degli incentivi.

Per quanto concerne l’elemento soggettivo del dolo contestato dalla Procura a tutti i convenuti, sostiene che la Procura non avrebbe dimostrato che l’attività agricola della società Enervitabio fosse meramente fittizia, risultando, al contrario, che la società ha svolto in maniera effettiva l’attività agricola.

Evidenzia che non esiste nessuna norma in materia di incentivi che imponga la maggiore redditività dell’attività agricola rispetto a quella in materia di energia, e che tale requisito, quand’anche esistente, era quantomeno difficilmente conoscibile, per difficoltà di interpretazione della normativa, da parte dell’aspirante alla ricezione degli incentivi; che la difficoltà di conoscibilità del requisito in esame è accentuata dal fatto che il GSE non ha mai richiesto la maggior redditività dell’attività agricola ai fini dell’erogazione degli incentivi, e ha svolto sull’impianto della società Enervitabio verifiche dirette a riscontrare solo ed esclusivamente che l’attività agricola fosse svolta in maniera effettiva, che hanno avuto esito positivo; che nessuno dei convenuti ha mai dichiarato ad alcuno di ricavare dall’attività agricola un reddito superiore a quello ricavato dalla produzione e vendita di energia.

Per quanto concerne, in particolare la posizione del dottor BALIA e del dottor VELTRONI, contesta l’assunto della Procura, secondo cui la “consapevolezza della natura fittizia della destinazione agricola dell’impianto” non potrebbe essere posta in dubbio nei loro confronti “considerata la ristretta composizione dell’organo amministrativo ed il conseguente più stringente dovere di un attento riscontro delle pratiche deliberande, senza contare l’evidenza della mancata realizzazione di fatto dell’impresa agricola e dell’illecito arricchimento conseguito”, non esistendo alcuna deliberazione del CdA che abbia mai attestato la maggiore produttività (in termini reddituali) dell’attività agricola rispetto all’attività di produzione di energia, e non risultando comprensibile in che modo il dottor BALIA e il dottor VELTRONI, in qualità di membri del CdA, avrebbero potuto incidere sul danno erariale, al fine di evitarlo o di limitarne l’ammontare. Rappresenta che il dottor BALIA è entrato a far parte del Consiglio di Amministrazione della società Enervitabio nel 2011, in data successiva al rilascio delle autorizzazioni e alla realizzazione dell’impianto, ed aveva deleghe limitate all’attività agricola, con lo specifico ruolo di seguire la realizzazione e lo sviluppo delle coltivazioni di aloe.

Afferma, pertanto, che tutti convenuti hanno agito facendo incolpevolmente affidamento sulla non necessità, per ottenere gli incentivi per cui è causa, di produrre un reddito da attività agricola superiore rispetto a quello ricavato dalla vendita dell’energia.

Sostiene che deve escludersi la sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave con riferimento al mancato mantenimento del rapporto di prevalenza del reddito agricolo rispetto al reddito da produzione di energia, non avendo, peraltro, la Procura dimostrato che, nella fattispecie, tale “carenza” deriva da una condotta consapevole o intenzionale dell’imprenditore (considerato che per avviare la raccolta delle piante di aloe è necessario attendere quattro anni dall’impianto).

La difesa chiede, pertanto, di dichiarare estinti per prescrizione i diritti azionati dalla Procura relativamente ai presunti danni conseguenti all’ottenimento dei benefici negli anni dal 2011 al 2016; nel merito, di respingere tutte le domande avanzate dalla Procura mandando i convenuti assolti da ogni addebito; in subordine, di ridurre la quantificazione del danno operata dalla Procura nell’esercizio del relativo potere riconosciuto al Giudice contabile, tenuto conto anche della convinzione, in capo ai convenuti, della correttezza del proprio operato, alla luce del fatto che tutti i provvedimenti autorizzativi e concessori sono ancora oggi validi ed efficaci; con ogni consequenziale pronunzia come per legge.

Formula, inoltre, istanza affinché venga disposta una Consulenza Tecnica d’Ufficio, nominando un tecnico che risponda a quesiti aventi ad oggetto la superficie degli immobili a copertura fotovoltaica realizzati nell’impianto della società Enervitabio San Giovanni, la potenza nominale dell’impianto realizzato, la presenza all’interno dell’impianto di coltivazioni adeguate alle dimensioni ed alle specificità dell’ impianto medesimo, l’adeguatezza degli investimenti eseguiti e della forza lavoro impiegata e se la misura dell’incentivo di cui al Secondo Conto Energia ex D.M. del 19 febbraio 2007 sia connessa allo svolgimento di attività agricola oppure al tipo di integrazione architettonica e alle dimensioni in Kw dell’impianto.

All’udienza del 16 marzo 2023, il Pubblico Ministero ha chiesto il rigetto dell’eccezione di prescrizione, in ragione del fatto che la notizia di danno è pervenuta alla Procura solo con la segnalazione della Guardia di finanza del luglio 2018, sopraggiunta, peraltro, prima della comunicazione della richiesta di rinvio a giudizio per truffa. Nel ricostruire il quadro normativo, la Procura ha evidenziato che si tratta di una impresa agricola (per la quale la società Enervitabio e i suoi amministratori hanno presentato un progetto di miglioramento fondiario), che prevedeva lo svolgimento di attività agricola all’interno di serre, la coltivazione di prodotti di natura orticola, nonché il posizionamento di pannelli fotovoltaici nella parte superiore delle serre, che dovevano servire principalmente per l’attività agricola, potendo essere ceduta la parte di energia non necessaria per detta attività. Ha sottolineato che nella relazione tecnica si prevedeva l’impiego di maestranze (almeno quattro o cinque unità, oltre a dipendenti stagionali). Ha evidenziato che nella relazione agronomica si individuava come coltura l’aloe, essendo intervenuti accordi di natura commerciale con aziende del settore dei fitofarmaci, per la commercializzazione di detto prodotto. Ha evidenziato che la normativa vigente consentiva all’imprenditore agricolo di poter svolgere anche delle attività connesse, garantendo la centralità del ruolo del fondo e della coltivazione dello stesso, centralità che non implica semplicemente il mantenimento della vocazione agricola del terreno, bensì la prevalenza della capacità agricola rispetto alle attività connesse e accessorie. Ha ribadito che la Procura contesta che, ab origine, fin dal momento della presentazione del progetto, non vi era alcuna capacità agricola adeguata, e non vi era alcuna possibilità, come i fatti hanno dimostrato, di inserire nel mercato questo prodotto, in quanto gli accordi che – sulla base della relazione agronomica – si asserivano essere intervenuti con aziende del settore, non si sono concretizzati e non risultano dall’ammontare dei ricavi dei prodotti agricoli. Ha evidenziato che nella fattispecie de qua non vi sono stati ricavi per circa dieci anni, e che, se non ci fossero stati i ricavi dell’energia elettrica e i contributi provenienti dal GSE, l’impresa sarebbe stata fallimentare. Il PM ha evidenziato che l’impresa è entrata in esercizio il 31 dicembre 2010, accedendo al Secondo conto energia, in quanto la normativa di cui al Terzo conto energia dava la possibilità agli impianti entrati in esercizio entro il 31 dicembre di poter continuare ad accedere al secondo conto energia, che prevedeva benefici maggiori. Ha richiamato l’articolo 20, quinto comma, del cd Terzo conto energia, ai sensi del quale i moduli fotovoltaici costituiscono elementi costruttivi della copertura o delle pareti di manufatti adibiti, per tutta la durata dell’erogazione della tariffa incentivante, a serre dedicate alle coltivazioni agricole o alla floricoltura, sostenendo che, anche per chi ha potuto accedere al Secondo conto energia decidendo di apporre dei pannelli fotovoltaici ad integrazione architettonica delle serre, ha posizionato i pannelli sopra una serra che doveva essere dedicata alla coltivazione agricola, e non poteva realizzare un impianto destinato esclusivamente alla produzione industriale di energia elettrica. Ha affermato che i convenuti hanno voluto rappresentare la realizzazione di un’impresa agricola, destinata ad una adeguata produzione, ma in realtà avevano, fin dall’inizio, l’obiettivo di lucrare dalla vendita dell’energia elettrica e dagli incentivi erogati dal GSE. Ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate in atti, ritenendo non necessario disporre una consulenza tecnica.

L’avv. Federico Manca Bitti, si è soffermato sull’eccezione di prescrizione dell’azione di responsabilità contabile, osservando che l’allegato n. 1 alla segnalazione della Guardia di finanza del 2018 contiene comunicazioni di notizia di reato del Corpo Forestale di Vigilanza Ambientale della Sardegna; pertanto, è in atti, poiché allegata a detta segnalazione, una comunicazione di notizia di reato di gran lunga precedente, non coperta dal segreto investigativo penale, dalla quale emergevano tutti gli elementi che sono oggi in contestazione (nota prot. n. 12 PG 2012 del 17 aprile 2013, che comprende la contestazione effettuata in seguito dalla Procura erariale, compendiando le indagini svolte autonomamente dal Corpo Forestale, al di fuori di una delega investigativa da parte della Procura della Repubblica di Cagliari). Sottolinea che, peraltro, non vi è stato alcun occultamento doloso, in quanto l’asserito squilibrio tra capacità agricola e produzione energetica non solo non è stato in alcun modo nascosto, ma emergeva già dai bilanci della società, tanto è vero che fin dal 2013 è stato rilevato dal Corpo Forestale. Ha richiamato la sentenza n. 179/2020 della Sezione Giurisdizionale Sardegna, ai sensi della quale il fatto che la polizia giudiziaria, nell’ambito di un’indagine, abbia rilevato la sussistenza di un danno erariale, limitandosi alla comunicazione alla Procura della Repubblica e non anche alla Procura erariale, non può essere elemento dal quale affermare la posticipazione del decorso del termine di prescrizione, laddove non vi fosse un segreto investigativo penale. Ha insistito, quindi, per l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione.

L’avvocato Mura ha messo in evidenza che il motivo fondamentale per il quale potevano essere concessi gli incentivi de quibus era lo svolgimento dell’attività agricola, ma che in nessun conto energia si parla di capacità agricola adeguata, e che nessun conto energia richiede che il reddito dell’attività agricola sia superiore al reddito da produzione energetica. Ha evidenziato che la società Enervitabio svolgeva sicuramente attività agricola, come affermato dal GSE. Ha rappresentato che in nessuna norma è richiesto che il reddito dell’attività agricola sia superiore al reddito per la produzione energetica, sostenendo che sarebbe comunque impossibile. Ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate in atti.

L’avvocato Giulia Atzori ha affermato che è assolutamente pacifico che nel caso de quo l’attività agricola sia stata esercitata e che sia stata data un’effettiva prevalenza all’attività agricola, essendo destinata a detta attività la maggior parte delle risorse, sia in termini di investimenti economici, che di forza lavoro. Ha sottolineato che i dipendenti sono stati tutti destinati allo svolgimento dell’attività agricola e non alla produzione di energia. Ha evidenziato che la coltura dell’aloe è stata scelta a seguito di un’indagine di mercato, e che il tempo necessario per la maturazione della pianta di aloe è di cinque anni. Ha evidenziato che il fatto che, a distanza di otto anni dalla predisposizione del progetto, gli accordi commerciali non abbiano portato alla redditività che era prevista, dipende da tantissimi fattori non prevedibili da parte dell’impresa. Ha ribadito che, nel caso di specie, l’impossibilità di produrre un reddito è legata anche e soprattutto al fatto che l’intero impianto è stato oggetto di sequestro. Ha affermato che il riconoscimento dell’incentivo de quo è semplicemente correlato al fatto che il suolo non venga destinato solo all’attività di produzione di energia, ma vengano poste in essere contemporaneamente due attività, evidenziando che ad essere premiata è, comunque, la produzione di energia, compatibile con lo svolgimento di altre attività non prevalenti o preminenti rispetto all’attività di produzione energetica.

Considerato in

DIRITTO

1. Delle questioni pregiudiziali e preliminari

1.1 Eccezione di prescrizione

L’eccezione di prescrizione dell’azione di responsabilità per i danni verificatisi oltre i 5 anni antecedenti il primo atto di messa in mora, ovvero la notifica dell’invito a dedurre nel febbraio 2022, con conseguente estinzione del diritto al risarcimento dei danni per gli anni dal 2011 al 2016, non può essere accolta.

Preliminarmente, si osserva che la fattispecie all’esame configura – senza ombra di dubbio – un’ipotesi di occultamento doloso del danno derivante dalle condotte poste in essere, con la conseguenza che la ricostruzione della complessiva fattispecie illecita e la quantificazione del pregiudizio erariale sono intervenute soltanto a seguito delle complesse e laboriose indagini della Guardia di Finanza. I convenuti hanno, infatti, posto in essere una serie di condotte (false attestazioni, invio al G.S.E. di un progetto difforme da quello approvato dal Comune di San Giovanni Suergiu, realizzazione di fatto di un impianto nel quale venivano superati i volumi di copertura approvati dal Comune, mancata costruzione delle dichiarate e previste strutture da destinare ad attività agricola, realizzazione di una linea elettrica di alimentazione non autorizzata, ecc.), che, ad avviso del Collegio, sono certamente idonee ad integrare quel quid pluris, consistente – per giurisprudenza consolidata – in un’ulteriore condotta specifica, ingannatrice e fraudolenta, diretta intenzionalmente ad occultare l’esistenza del danno e ad impedirne la conoscenza.

Le suggestive argomentazioni sostenute dalla difesa in udienza, nel senso che, essendo presente in atti (allegata alla segnalazione della Guardia di Finanza) una comunicazione di notizia di reato precedente, asseritamente non coperta dal segreto investigativo penale, dalla quale emergevano tutti gli elementi oggi in contestazione (nota prot. n. 12 PG 2012 del 17 aprile 2013, che compendia le indagini svolte autonomamente dal Corpo Forestale, al di fuori di una delega investigativa da parte della Procura della Repubblica di Cagliari), il dies a quo della prescrizione andrebbe retrodatato all’aprile 2013, non colgono il segno, trattandosi di comunicazione di notizia di reato per ipotesi di associazione per delinquere semplice finalizzata a truffa aggravata e continuata indirizzata esclusivamente alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari, che ha determinato l’apposizione ex lege del segreto istruttorioagli atti d’indagine.

Devono richiamarsi, in merito, le pregevoli argomentazioni, pienamente condivise da questo Collegio, della recente sentenza n. 21/2023 della III Sezione Centrale d’Appello (che ha riformato la sentenza n. 179/2020 della Sezione Giurisdizionale Sardegna richiamata dalla difesa, con la quale, in ipotesi per certi versi similare, l’eccezione di prescrizione era stata accolta) che ha chiarito che la circostanza che la polizia giudiziaria denunci alla sola Procura penale fatti costituenti reato determina il venir meno della facoltà di effettuare successive autonome segnalazioni alla competente Procura contabile, in assenza di nulla osta della Procura penale, in quanto con detta denuncia viene apposto ex lege il segreto istruttorioagli atti d’indagine, quale impedimento di diritto (non di fatto) alla discovery. Infatti gli atti istruttori compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria (a iniziativa o su delega) sono segreti ed ogni rivelazione è penalmente sanzionata sino alla chiusura delle indagini preliminari, ai sensi dell’art. 329 c.p.p. Nel caso richiamato, la III Sezione ha affermato che … in sostanza, è pur vero che nell’ambito della sua collaborazione istituzionale con la Corte dei conti, la Guardia di finanza, che nella propria attività abbia acquisito autonomamente elementi indicativi di profili di responsabilità amministrativo-contabile, ha l’obbligo di procedere alla formale e tempestiva segnalazione alla competente Procura regionale. Ciò, però, può avvenire solo nella salvezza dei vincoli del segreto istruttorio posti dall’art. 329 c.p.p. per i fatti costituenti reato, integranti già di loro un occultamento ex se. Una volta perciò che un soggetto terzo, com’è la Guardia di finanza, ha valutato di dover riferire i fatti, per una serie di ragioni rientranti nella propria discrezionalità d’indagine, preventivamente alla Procura penale, non è più libera di riferire, dovendo acquisire il previo nulla osta dell’A.G. penale, a ragione della secretazione degli atti d’indagine, che ha precluso la concomitante condivisione del fascicolo con il giudice contabile, affatto riconducibile a disfunzioni interne nei rapporti tra plessi giurisdizionali e con la Polizia giudiziaria. Detta preclusione, di massima, viene meno a seguito della richiesta di rinvio a giudizio in sede penale.

Nel caso sottoposto allo scrutinio di questo Collegio, pertanto, dall’esame della documentazione in atti emerge che gli illeciti in questione sono emersi pienamente solo a seguito della complessa attività investigativa confluita nella nota prot. 121494/2018 del 19 luglio 2018, con la quale il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria Cagliari Gruppo Tutela Entrate della Guardia di Finanza ha denunciato alla Procura contabile un’ipotesi di danno erariale connessa alla percezione da parte della “Enervitabio San Giovanni Società Agricola” di incentivi pubblici relativi alla gestione di un impianto serricolo-fotovoltaico ubicato nel Comune di San Giovanni Suergiu, in quanto, sino a detta segnalazione di danno erariale, non era possibile configurare in concreto alcuna condizione di preventiva conoscenza e/o conoscibilità della vicenda de qua, correlabile all’iniziativa assunta dal Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale della RAS nel 2013, che – come si è detto – era coperta da segreto istruttorio ai sensi dell’art. 329 c.p.p.

Occorre considerare, inoltre, che la fattispecie di causa è caratterizzata dalla rilevanza penale della condotta dei convenuti (imputati dei reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, lottizzazione abusiva e associazione a delinquere), ipotesi nella quale la giurisprudenza assolutamente prevalente ancora il dies a quo prescrizionale non al momento in cui il fatto viene meramente scoperto, ma a quello in cui assume una sua concreta configurazione giuridica atta a identificarlo come presupposto di una fattispecie dannosa qualificata.

Consolidata giurisprudenza di questa Corte ha fissato, pacificamente, l’inizio del termine di prescrizione dalla data del provvedimento di richiesta di rinvio a giudizio in sede penale, ovvero degli atti di contestazione della Guardia di Finanza (cfr. Corte dei conti, SS.RR., sentenza n. 63 del 1996; Sez. I App., sentenze n. 103 del 2003, n. 396 del 2016 e n. 213 del 2020; Sez. II App., sentenze n. 29 del 2004, n. 189 del 2018 e n. 571 del 2016; Sez. III App., sentenze n. 10 del 2002, n. 311 del 2011, n. 213 del 2017 e n. 21 del 2023).

Per il caso in esame, il Collegio ritiene che debba farsi riferimento, al fine di individuare il momento di emersione degli illeciti, alla data della segnalazione di danno erariale, redatta dalla Guardia di Finanza – Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria Cagliari Gruppo Tutela Entrate e trasmessa alla Procura contabile in data 24 luglio 2018. Il tempo intercorso dalla data di trasmissione di detta informativa a quella della notifica dell’invito a dedurre con contestuale messa in mora (nei confronti di BALIA Paolo Franco in data 4 febbraio 2022, nei confronti di MAGNANI Paolo in data 5 febbraio 2022, e nei confronti di VELTRONI Valerio in data 9 febbraio 2022) è, palesemente, inferiore al quinquennio.

L’eccezione va, pertanto, respinta.

2. Del merito della causa

La Sezione ritiene la causa matura per la decisione, non essendo necessario né utile, ai fini di rendere pronuncia, effettuare accertamenti in situ o nominare consulenti per valutare la superficie degli immobili a copertura fotovoltaica realizzati nell’impianto della società Enervitabio San Giovanni, la potenza nominale dell’impianto realizzato, la presenza all’interno dell’impianto di coltivazioni adeguate alle dimensioni ed alle specificità dell’impianto medesimo, l’adeguatezza degli investimenti eseguiti e della forza lavoro impiegata, essendo già stati versati al fascicolo di causa i provvedimenti autorizzativi, i verbali del GSE, le verifiche effettuate dalla RAS e dalla Guardia di Finanza, nonché l’accurata ricostruzione contabile dei costi sostenuti e dei redditi conseguiti dalla società (con analisi dei bilanci e delle fatture).

Nel merito, l’esame compiuto degli atti di causa consente di acclarare la fondatezza della domanda risarcitoria avanzata dalla Procura.

Preliminarmente, appare opportuno ricostruire il quadro normativo di riferimento.

La Direttiva 2001/77/CE, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, recepita nell’ordinamento italiano con il D. Lgs n. 387 del 2003, si inserisce nell’ambito di una politica comunitaria che ha riconosciuto la necessità di promuovere in via prioritaria le fonti energetiche rinnovabili, al fine di salvaguardare l’ambiente e consentire uno sviluppo sostenibile.

Il Legislatore interno, in coerenza con gli obiettivi comunitari, ha previsto, all’art. 7, comma 2, lettera d), del D. Lgs n. 387 del 2003, per quanto qui di interesse, una speciale tariffa incentivante per l’elettricità prodotta mediante conversione fotovoltaica dalla fonte solare, di importo decrescente, ma comunque di durata tale da garantire un’equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio. La concreta determinazione degli incentivi è stata rimessa all’adozione di decreti del Ministro delle attività produttive (c.d. Conti Energia).

All’art. 13, commi 2 e 3, ha, inoltre, sancitol’obbligo, per il gestore della rete elettrica nazionale, di acquistare (sulla base di apposite convenzioni) ed immettere in rete l’energia solare prodotta, ritirata, su richiesta del produttore, dal gestore di rete alla quale l’impianto è collegato.

L’art. 12, comma 3, ha disposto che la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, ovvero, per impianti con potenza termica installata pari o superiore ai 300 MW, dal Ministero dello sviluppo economico … A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione o dal Ministero dello sviluppo economico entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Il comma 4, ha stabilito che l’autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei princìpi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.

Per dare attuazione al richiamato art. 7 del D. Lgs n. 387 del 2003, sono stati adottati successivi Decreti Ministeriali, che hanno disciplinato i c.d. “Conti EnergiaCon il “Primo Conto Energia” (D.M. 28.7.2005, come integrato dal D.M. 6.2.2006), è stato introdotto il sistema di finanziamento in conto esercizio alla produzione elettrica, sostituendo i precedenti contributi statali a fondo perduto destinati alla messa in servizio dell’impianto; con il “Secondo Conto Energia” (D.M. 19.2.2007, come integrato dal D.M. 7.4.2008) l’incentivazione è stata estesa a tutta l’energia prodotta e non soltanto a quella consumata in loco, con differenziazione delle tariffe sulla base del tipo di integrazione architettonica, oltre che delle dimensioni dell’impianto; con il “Terzo Conto Energia” (D.M. 6.8.2010) sono state introdotte distinzioni tra le tipologie di impianto fotovoltaico; con il “Quarto Conto Energia” (D.M. 5.5.2011) è stato definito il meccanismo di incentivazione della produzione da impianti fotovoltaici entrati in esercizio dopo il 31.5.2011; con il “Quinto Conto Energia” (D.M. 5.7.2012) sono state ridefinite le modalità di incentivazione.

Dall’esame degli atti di causa risulta che la Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l. ha avuto accesso al Secondo Conto Energia, di cui al D.M. 19.2.2007, come integrato dal D.M. 7.4.2008, percependo dal 2011 al 2018 incentivi per un importo complessivo pari a € 13.591.841,60.

Si richiama, in particolare, l’art. 11 del citato D.M. 19.02.2007, ai sensi del quale fatte salve le altre conseguenze disposte dalla legge, false dichiarazioni inerenti le disposizioni del presente decreto comportano la decadenza dal diritto alla tariffa incentivante sull’intera produzione e per l’intero periodo di diritto alla stessa tariffa incentivante, nonché la decadenza dal diritto al premio di cui all’art. 7. Il soggetto attuatore definisce e attua modalità per il controllo, anche mediante verifiche sugli impianti, di quanto dichiarato dai soggetti responsabili.

Si segnalano, inoltre, le “Linee Guida” approvate dalla Giunta Regionale, dopo l’emanazione della L.R. n. 3/2009, con D.G.R. n. 10/3 del 2010 (successivamente modificate con D.G.R. n. 25/40 del 2010 e n. 27/16 del 2011). Ai sensi di dette “Linee Guida”, infatti, è necessario che l’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003 sia subordinata alla presenza di una c.d. “serra fotovoltaica effettiva”, che, per essere qualificata tale, deve necessariamente avere una capacità agricola adeguata, che vincoli il terreno sottostante ad una produttività agricola superiore a quella del campo aperto e per cui è verificabile il livello minimo di illuminazione media; che il richiedente l’autorizzazione rivesta lo status di imprenditore agricolo ai sensi dell’art. 2135 c.c.; che detto richiedente eserciti in concreto la produzione di prodotti agricoli e/o florovivaistici congiuntamente alla produzione di energia fotovoltaica e che presenti, unitamente all’istanza di autorizzazione unica per nuove serre fotovoltaiche, una relazione agronomica che dimostri la capacità agricola adeguata, intesa in termini di potenziale produttivo della stessa, che deve essere maggiore rispetto al potenziale produttivo del campo aperto; che, nel casodi enti societari, lo statuto determini quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c.; che l’autorizzazione unica possa essere rilasciata alle imprese agricole costituite in forma societaria a condizione che almeno un socio di maggioranza rivesta la qualifica di imprenditore agricolo professionale.

Dalla lettura di detto quadro normativo-ordinamentale emerge che l’erogazione degli incentivi per le serre fotovoltaiche è indubbiamente subordinata all’effettivo svolgimento dell’attività agricola, come risulta anche dall’esistenza di un regime di particolare favore per gli imprenditori agricoli con l’obiettivo di migliorare le condizioni di produttività e di redditività delle aziende agricole.

Si richiama, in particolare, l’art. 1 comma 369 della legge 27 dicembre 2006 n. 296, che ha disposto che la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell’articolo 2135, 3° comma del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario. L’attività principale di coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali da parte dell’imprenditore agricolo deve in ogni caso essere prevalente rispetto alle attività connesse, sia che siano costituite da manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti dalla coltivazione del fondo, sia che si tratti di produzione e cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche.

Né può sostenersi che la relazione dell’attività agricola con il fondo possa essere fortemente ridotta a favore di aspetti spiccatamente commerciali e produttivi, purché il fondo mantenga la propria destinazione agricola.

Come affermato anche da questa Sezione (cfr. Sezione Sardegna, sent. n. 217 del 2019, confermata da Sezione I Centrale d’Appello, sent. n. 141 del 2021; Sezione Sardegna, sent. n. 280 del 2020), infatti, “l’evoluzione normativa successiva non ha affatto eliminato né l’imprescindibile relazione con il fondo, né la prevalenza dell’attività principale rispetto a quelle, appunto, connesse e che, all’evidenza, non godono di totale autonomia. Prova ne sia il fatto che la successiva legislazione e, in particolare, il D.Lgs. 29/03/2004, n. 99 (come modificato con D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 101), emesso in attuazione della legge delega del 7 marzo 2003, n. 38 (tesa, ancora una volta a semplificare e favorire lo sviluppo del settore agricolo), ha espressamente previsto, avuto riguardo alle società (la cui ragione sociale o denominazione sociale deve contenere l’indicazione di società agricola, come nel caso), che le società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile e abbiano tra i soci (nel caso di società di persone) o tra gli amministratori (per le società di capitali) persone in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. L’esercizio esclusivo delle attività agricole (ex art. 2135 c.c.) racchiude in sé i concetti già visti della prevalenza e della connessione e permea anche altri settori, quale quello dell’attività agrituristica (anch’essa disciplinata con il d.lgs. n. 228 del 2001, ed interamente regolamentata di nuovo con la più recente legge n. 96 del 2006) che deve essere caratterizzata da un rapporto di complementarità rispetto all’attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento del bestiame, che deve comunque rimanere principale, ovvero – secondo la dizione dell’attuale legge 20 febbraio 2006, n. 96 – “prevalente” (Cass. civ. Sez. III, 13/04/2007, n. 8851). Del resto, la previsione di particolari regimi di favore (sul piano fiscale, fallimentare e previdenziale), nonché l’attribuzione di incentivi più consistenti rispetto ad altri settori, rispondono all’esigenza, più sopra evidenziata, di dare sostegno ad un’attività in cui “il fondo” mantiene il ruolo di risorsa primaria dell’impresa agricola. … In tali sensi si è espressa anche la Corte costituzionale, ribadendo che deve sussistere un collegamento funzionale con la terra, intesa come fattore di produzione, e che le attività connesse non debbano assumere un rilievo prevalente e sproporzionato rispetto a quelle della coltivazione, dell’allevamento e della silvicoltura, dovendosi negare la qualità di impresa agricola quando non risulti la diretta cura di alcun ciclo biologico, vegetale o animale (Corte cost. 20 aprile 2012, n. 104), e, ancora, che il fondo, sul quale insistono gli impianti fotovoltaici, debba comunque risultare normalmente impiegato nell’attività agricola, requisito questo, del resto, immanente al concetto di attività connesse, quali quella di produzione di energia (Corte cost. 24 aprile 2015, n. 66).”

Ad avviso di questo Collegio, pertanto, nel riferito quadro normativo, appare indubbio che l’erogazione di incentivi a favore della società – qualificatasi, in sede di richiesta di tariffe incentivanti per l’energia elettrica prodotta da fonte fotovoltaica, quale agricola, ed ammessa ai benefici previsti dalle citate disposizioni proprio in quanto società agricola – fosse subordinata alla concreta produzione di prodotti agricoli e/o florovivaistici, in misura tale che le attività connesse non assumessero un rilievo prevalente e sproporzionato rispetto a quelle della coltivazione, e alla circostanza che il fondo, sul quale insistono gli impianti fotovoltaici, fosse preminentemente impiegato nell’attività agricola.

La circostanza che, nel caso all’esame, l’impresa sia entrata in esercizio il 31 dicembre 2010, accedendo al “Secondo conto energia” (in ragione del fatto la normativa di cui al “Terzo conto energia” permetteva agli impianti entrati in esercizio entro tale data di accedere al “Secondo conto energia”, ottenendo benefici maggiori) e che, come sottolineato dalla difesa, manchi un richiamo esplicito all’art. 14 del D.M. 5 maggio 2011 (Quarto Conto Energia) non appare dirimente.

Deve osservarsi, infatti, che l’art. 20, comma 5, del D.M. 6 agosto 2010 (Terzo Conto Energia) richiama espressamente, proprio con specifico riguardo alle serre fotovoltaiche, il D.M 19 febbraio 2007 (Secondo Conto Energia) prevedendo che Rientrano nelle tipologie di cui all’allegato 3 del decreto ministeriale 19 febbraio 2007 le serre fotovoltaiche nelle quali i moduli fotovoltaici costituiscono gli elementi costruttivi della copertura o delle pareti di manufatti adibiti, per tutta la durata dell’erogazione della tariffa incentivante, a serre dedicate alle coltivazioni agricole o alla floricoltura. La struttura della serra, in metallo, legno o muratura, deve essere fissa, ancorata al terreno e con chiusura eventualmente stagionalmente rimovibile.

Ad avviso della Sezione, pertanto, le c.d. “serre fotovoltaiche” – rientranti, come si è detto, tra le tipologie di intervento valide ai fini del riconoscimento dell’integrazione architettonica (art. 2, comma 1, lettera B3) – dovevano avere, anche con riguardo alla concessione degli incentivi del Secondo Conto Energia di cui al D.M 19 febbraio 2007, i medesimi requisiti fissati dai successivi Decreti Ministeriali, essere adibite per tutta la durata dell’erogazione della tariffa incentivante alle coltivazioni agricole o alla floricoltura e presentare un rapporto tra la proiezione al suolo della superficie totale dei moduli fotovoltaici installati sulla serra e della superficie totale della copertura della serra tale da garantire la coltivazione sottostante, nonché rispettare tutte le prescrizioni introdotte dalle richiamate “Linee Guida” approvate dalla Giunta Regionale.

Come recentemente affermato dalla Sezione I Centrale d’Appello, sent. n. 141 del 2021, infatti, “ … un ordinamento così delineato, con cui si è regolamentato il mercato delle energie, non consente che l’erogazione di benefici caratterizzati da un regime di particolare favore, sia destinata ad attività che, sotto l’apparente veste formale di impresa agricola, siano giustificate dal semplice mantenimento della destinazione agricola del terreno, senza esercizio in concreto della produzione di prodotti agricoli e florovivaistici congiuntamente alla produzione di energia fotovoltaicaE con l’ulteriore conseguenza per cui lo sfruttamento delle energie alternative, tramite la predisposizione di impianti fotovoltaici sopra serre destinate all’agricoltura, è consentito dall’ordinamento solo se tale attività sia connessa e funzionale all’attività agricola, che dunque deve rimanere, in termini di forza lavoro e di reddito, l’attività principale dell’impresa … Ed invero, come puntualmente rilevato dalla giudice di primo grado, la legislazione nazionale aveva previsto, fin dal 2003, che gli impianti serricoli fotovoltaici … dovevano essere soggetti ad Autorizzazione Unica”.

Secondo la prospettazione della difesa, l’attività di coltivazione – diretta alla produzione di prodotti biomedicali, in particolare alla coltura dell’aloe – sarebbe stata immediatamente avviata, ma avrebbe richiesto circa quattro anni per entrare a pieno regime produttivo, come normale per detta tipologia di coltivazioni. La misura ridotta dei ricavi da attività agricola sino al 2016 sarebbe stata, pertanto, determinata dal fatto la società Enervitabio ha tratto i primi ricavi da vendita di aloe solo dopo quattro anni, quando è stato possibile procedere al primo taglio delle foglie ed alla loro vendita.

Dall’esame degli atti di causa emergono – viceversa – concreti elementi a favore delle prospettazioni della Procura.

La Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l. ha ricevuto a titolo di incentivazione di cui al “Secondo Conto Energia”, nel periodo 2011/2018, somme per un ammontare complessivo di € 13.591.841,60,di cui € 934.512,24 nel 2011, € 2.132.984,23 nel 2012, € 2.309.998,46 nel 2013, € 2.317.940,92 nel 2014, € 1.944.843,10 nel 2015, € 2.047.588,35 nel 2016, € 1.810.139,20 nel 2017 e € 93.835,09 nel 2018.

Dall’esame della copiosa documentazione in atti emerge che a fronte di tale ingente mole di risorse, il volume della produzione agricola – alla quale, come si è detto, l’erogazione degli incentivi era indubbiamente subordinata ai sensi della normativa vigente – è pressoché inesistente, e che i ricavi della produzione di energia elettrica sono ingenti e nettamente superiori a quelli, di scarso rilievo, derivanti dall’attività agricola.

Dall’esame dei bilanci della società risulta, infatti, che nel 2011 il valore della produzione è pari a € 2.166.170, di cui € 1.820.005 di contributi in conto esercizio (riferiti a quanto riconosciuto dal G.S.E. in relazione al “conto energia”) e € 346.165 di ricavi delle vendite e delle prestazioni (riferiti esclusivamente alla cessione di energia elettrica al G.S.E.).

Nel 2012 il valore della produzione è pari a € 2.663298, di cui € 2.253.606 di contributi in conto esercizio (riferiti a quanto riconosciuto dal G.S.E. in relazione al “conto energia”) e € 409.691,43 di ricavi delle vendite e delle prestazioni (riferiti esclusivamente alla cessione di energia elettrica al G.S.E.).

Nel 2013 il valore della produzione è pari a € 2.610.019, di cui € 2.309.998 di contributi in conto esercizio (riferiti a quanto riconosciuto dal G.S.E. in relazione al “conto energia”) e € 299.884,13 di ricavi delle vendite e delle prestazioni (riferiti esclusivamente alla cessione di energia elettrica al G.S.E.).

Nel 2014 il valore della produzione è pari a € 2.556.816, di cui € 2.317941 di contributi in conto esercizio (riferiti a quanto riconosciuto dal G.S.E. in relazione al “conto energia”) e € 238.875 di ricavi delle vendite e delle prestazioni (riferiti per la quasi totalità alla cessione di energia elettrica al G.S.E.; l’importo complessivo delle fatture emesse nel 2014 per cessione di prodotti agricoli ammonta a € 1.700).

Nel 2015 il valore della produzione è pari a € 2.218.725, di cui € 1.942.033 di contributi in conto esercizio (riferiti a quanto riconosciuto dal G.S.E. in relazione al “conto energia”) e € 258.487 di ricavi delle vendite e delle prestazioni (riferiti per la quasi totalità alla cessione di energia elettrica al G.S.E.; l’importo complessivo delle fatture emesse nel 2015 nel settore agricoltura ammonta a € 2.000).

Nel 2016 il valore della produzione è pari a € 2.402.423, di cui € 2.065.458 di incentivi di contributi in conto esercizio (riferiti a quanto riconosciuto dal G.S.E. in relazione al “conto energia”), € 212.857,14 di ricavi della cessione di energia elettrica al G.S.E. e € 6.620 di ricavi della vendita di prodotti agricoli.

Anche l’importo degli investimenti che sarebbero stati effettuati dalla società ai fini della coltivazione del fondo [pari a € 6.000,00 di imponibile nel 2011 (oltre ad ulteriori € 20.000 circa ad utilità promiscua, per attività di movimento terra, sistemazione del terreno e realizzazione di impianti tecnici ed elettrici), a € 17.235,52 di imponibile nel 2012 (oltre ad ulteriori € 22.000,00 ad utilità promiscua, per attività di movimento terra e sistemazione del terreno), a € 124.749,46 di imponibile nel 2013 (oltre ad ulteriori € 126.190,00 ad utilità promiscua, per attività di movimento terra e sistemazione del terreno), a € 74.000,00 di imponibile nel 2014 (oltre ad ulteriori € 93.300,00 ad utilità promiscua, per attività di movimento terra e sistemazione del terreno); nel 2015 e 2016 non si rilevano acquisti di materie prime e gli acquisti di attrezzature, materiali e attrezzi ammontano a poche migliaia di euro] è decisamente basso rispetto a quanto investito per la produzione di energia, considerato che i costi della produzione ammontano complessivamente a € 722.254,00 nel 2011, € 1.137.383,00 nel 2012, € 1.123.102,00 nel 2013, € 2.556.816,00 nel 2014, € 998.312,00 nel 2015 e € 1.165.330,00 nel 2016.

Si sottolinea, inoltre, che dall’esame degli atti risulta che i primi lavoratori dipendenti sono stati assunti nel 2012 (due operai da maggio a dicembre e altri due solo per alcuni giorni a dicembre), che le giornate lavorative dei operatori agricoli nel periodo in esame erano assolutamente inadeguate all’effettivo proficuo svolgimento di attività agricola (ammontando complessivamente a 381 nel 2012, 715 nel 2013, 551 nel 2014, 807 nel 2015 e 754 nel 2016), che il trattore è stato acquistato solo nel mese di ottobre 2013, che i locali destinati a ricovero mezzi agricoli, deposito prodotti agricoli, spogliatoi, servizi igienici, ecc, sono stati realizzati solo in parte (e dopo molti anni), e che le piante di aloe sono state acquistate attraverso l’interposizione della società collegata Enervitabio di Ravenna ad un prezzo enormemente maggiorato rispetto a quello praticato dalla Flor Sarda, dalla quale dette piante erano in realtà prodotte, coltivate e vendute.

Dall’esame della copiosa documentazione presente in atti si desume, inoltre – incontrovertibilmente – non solo che dalle coltivazioni poste in essere si sono conseguiti redditi di scarsa entità, e comunque molto inferiori ai ricavi ottenuti dalla vendita dell’energia prodotta, ma anche che l’impianto realizzato era significativamente difforme rispetto a quello previsto nel progetto approvato dal Comune di San Giovanni Suergiu, con un considerevole incremento delle superfici a copertura fotovoltaica.

Risulta, inoltre, senza ombra di dubbio, che la costruzione e la messa in esercizio dell’impianto fotovoltaico sono state dirette, fin dall’origine, alla produzione e vendita di energia elettrica e non, come richiesto dalla richiamata normativa di riferimento, all’attività agricola, a supporto della quale doveva essere destinata la produzione dell’energia da fonti alternative.

Si richiamano, in merito, gli stralci di intercettazioni telefoniche riportati nel decreto di sequestro preventivo del Tribunale di Cagliari, n. 6331/13 (pagg. 35 e ss.), che confermano la fraudolenta simulazione dello svolgimento di attività agricola, la consapevolezza, in capo agli odierni convenuti, della regola, posta dalla Regione, della prevalenza della produzione agricola rispetto a quella di energia elettrica, l’emissione di fatture e bolle di accompagnamento false al fine di dimostrare una produzione agricola inesistente.

Dalla ricostruzione effettuata emerge la sicura connotazione dolosa della condotta dei convenuti – in ragione del ruolo di amministratori della società (MAGNANI Paolo in qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione, e BALIA Paolo Franco e VELTRONI Valerio in qualità di componenti del Consiglio di Amministrazione) in quanto pienamente consapevoli della natura fittizia della destinazione agricola dell’impianto realizzato e della assoluta carenza di tutti i presupposti che avrebbero legittimato l’accesso agli incentivi in questione, in particolare, la sussistenza di un’attività agricola tale da rendere la produzione di energia attività connessa e funzionale all’attività principale dell’impresa (ovvero la produzione agricola), l’effettivo mantenimento della vocazione agricola del terreno, e l’incremento occupazionale nel settore agricolo.

Alla stregua delle esposte considerazioni, si deve concludere per la sussistenza dell’elemento psicologico del dolo in capo a tutti i convenuti, con la conseguenza che detti soggetti debbono rispondere dell’intero danno in solido tra di loro ai sensi dell’art.1, comma 1-quinquies, della legge n. 20 del 1994.

Non può trovare, pertanto, accoglimento la richiesta della difesa di limitare l’ammontare del danno nell’esercizio del potere riduttivo, considerato che giurisprudenza costante di questa Corte (cfr., ex multis, SS.RR. n. 513/A del 1986; Sez. II, n. 338 del 2000, Sez. III, n. 228 del 2002, e, da ultimo, Sez. I, n. 62 del 2021) esclude, nelle ipotesi di condotte contrassegnate dall’elemento psicologico del dolo, il ricorso all’esercizio del potere intestato al giudice contabile dall’art. 83, co. 1, R.D. n. 2440/1923 e art. 52, co. 2, R. D. n. 1214/1934.

Conclusivamente, il danno erariale va ascritto ai convenuti “Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l.”, MAGNANI Paolo, BALIA Paolo Franco e VELTRONI Valerio, a titolo di dolo, e va emessa pronuncia di condanna, in solido, al risarcimento in favore del Gestore Servizi Energetici – G.S.E. S.p.a., per il definitivo importo di € 13.591.841,60.

Su detta somma è altresì dovuta, in conformità al prevalente indirizzo di questa Corte, la rivalutazione monetaria da calcolarsi secondo indici ISTAT a decorrere dalla data dell’evento dannoso (ossia dall’erogazione dei singoli incentivi) e fino alla pubblicazione della presente sentenza. Dalla data di detta pubblicazione, e sino al soddisfacimento del credito sono altresì dovuti, sulla somma come sopra rivalutata, gli interessi nella misura del saggio legale fino all’effettivo pagamento.

Le spese seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 31, comma 1, del D.lgs. n. 174 del 2016.

PER QUESTI MOTIVI

la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, definitivamente pronunciando, condanna in solido “Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l.”, MAGNANI Paolo, BALIA Paolo Franco e VELTRONI Valerio a pagare, a titolo di risarcimento di danno, a favore del pubblico erario e segnatamente del Gestore Servizi Energetici – G.S.E. S.p.a., la somma di euro 13.591.841,60 (tredicimilionicinquecentonovantunomilaottocentoquarantuno/60 euro), oltre rivalutazione monetaria e interessi legali da calcolarsi nel modo e con le decorrenze precisati in motivazione;

conferma, fino alla concorrenza della somma di € 13.591.841,60 (euro tredicimilionicinquecentonovantunomilaottocentoquarantuno/60), il sequestro conservativo autorizzato dal Presidente della Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, nei confronti di “Enervitabio San Giovanni Società Agricola S.r.l.”, MAGNANI Paolo, BALIA Paolo Franco e VELTRONI Valerio, con decreto n. 1/2022 del 14 gennaio 2022, confermato con ordinanza n. 31/2022 del 10 marzo 2022, sulle quote di proprietà dei beni immobili, sui beni mobili registrati e sugli altri beni e valori contenuti nell’elenco di cui al richiamato decreto presidenziale;

condanna altresì i convenuti al pagamento, a favore dello Stato, delle spese processuali, che fino alla presente fase di giudizio si liquidano nell’importo di euro 3.029,65 (diconsi euro tremilaventinove/65)

Così deciso in Cagliari, nella camera di consiglio del 16 marzo 2023.

    L’ESTENSORE                                         IL PRESIDENTE

  Lucia d’Ambrosio                                      Donata Cabras

(firmato digitalmente)                            (firmato digitalmente)

Depositata in Segreteria il 26/04/2023

Il Dirigente

f.to digitalmente Paolo Carrus

Roma, Corte dei conti, Caserma Montezemolo, legioni romane in marcia (1936)

(foto S.D., archivio GrIG)

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