I rifiuti concimano i terreni agricoli?

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letame bovino

La Suprema Corte di cassazione, con la sentenza Sez. III, 28 novembre 2022, n. 45113, ha affrontato il tema controverso della fertirrigazione attuata con l’utilizzo delle deiezioni animali, pratica sempre più in uso in agricoltura.

Materia in fondo poco conosciuta nei suoi risvolti ambientali e giuridici, così ne parla sulla prestigiosa Rivista telematica di diritto ambientale Lexambiente l’esperto Gianfranco Amendola, uno dei padri del diritto ambientale in Italia.  

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

scarichi fognari

dalla Rivista di diritto ambientale Lexambiente, 2 gennaio 2023

Discariche di rifiuti camuffate da terreni agricoli. La farsa continua. (Gianfranco AMENDOLA, articolo pubblicato su rivistadga.it. Si ringraziano Autore ed Editore)

Cass. Sez. III Pen. 28 novembre 2022, n. 45113 – Di Nicola, pres.; Corbo, est.; Ricciardi, P.M. (conf.) – Di Matteo, ric. (Dichiara inammissibile Trib. Vallo della Lucania 29 settembre 2021)

Sanità pubblica – Rifiuti – Materie fecali – Fertirrigazione – Condizioni.

Le materie fecali sono escluse dalla disciplina dei rifiuti di cui al d.lgs. n. 152 del 2006 a condizione che provengano da attività agricola e che siano effettivamente riutilizzate nella stessa attività e la pratica della «fertirrigazione», che sottrae il deposito delle deiezioni animali alla disciplina sui rifiuti, richiede sia l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, sia l’adeguatezza di quantità e qualità degli effluenti e dei tempi e modalità di distribuzione al tipo e fabbisogno delle colture, sia l’assenza di dati sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la «fertirrigazione», quali lo spandimento di liquami lasciati scorrere per caduta a fine ciclo vegetativo.

Il testo della sentenza è pubblicato qui

La sentenza che si annota non presenta particolari profili di novità ma merita di essere segnalata in quanto attiene ad una problematica che, sebbene presenti profili di grande rilevanza e delicatezza per la tutela della salute e dell’ambiente, viene troppo spesso ingiustamente sottovalutata e troppo spesso dimenticata dagli organi di controllo e dalla dottrina.

Ci riferiamo alla utilizzazione in agricoltura di «materiali» di scarto che dovrebbero essere sottoposti alla disciplina degli scarichi o dei rifiuti e che, invece, qualora impiegati su terreni agricoli, vengono esentati da ogni obbligo e controllo in quanto dichiarati utili alle coltivazioni.

Del resto, cosa c’è di più «ecologico» e «sostenibile» di uno scarto che, invece di inquinare i nostri terreni e le nostre acque, viene, in sostanza, utilizzato per svolgere una funzione «pulita» e utile quale ammendante o fertilizzante per produrre cibo?

Ma purtroppo siamo in Italia, e così una importante disciplina di favore diventa troppo spesso l’occasione per smaltire impunemente e senza costi rifiuti, a volte anche tossici, trasformando campi coltivati in vere e proprie discariche abusive con rilevanti pericoli per i consumatori.

Sembra, peraltro, che ciò avvenga con il totale assenso del nostro legislatore come dimostra la vergognosa vicenda dei fanghi di depurazione ammessi nel 2018 dal decreto Genova per l’utilizzazione su terreno agricolo anche se contengono sostanze tossiche 1; ammissione giustificata con una presunta situazione di emergenza per accumulo di fanghi 2 accompagnata dalla promessa di « una revisione organica della normativa di settore» che stiamo ancora aspettando nonostante un ulteriore intervento della Corte di giustizia UE in cui si confermava che « il recupero dei fanghi di depurazione comporta taluni rischi per l’ambiente e la salute umana, in particolare quelli connessi con la presenza di sostanze pericolose » 3 .

In questo quadro, si deve fortunatamente registrare una particolare attenzione della Suprema Corte 4 sempre tesa a evidenziare la necessità del rispetto dei limiti prescritti 5 al fine di evitare una applicazione impropria e pericolosa della normativa in esame.

L’ultimo esempio è costituito da una recente sentenza del novembre 2022 dove la Cassazione doveva occuparsi di una vicenda in cui un’azienda agricola dedita all’allevamento di bufale e vitelli allo stato brado aveva smaltito i residui dell’allevamento spandendoli su terreno agricolo senza alcuna autorizzazione, giustificandosi con « l’utilizzo agronomico di effluenti da allevamento». Più specificamente, l’imputazione si basava sull’art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152/066 « per aver fatto defluire in assenza delle prescritte autorizzazioni i liquidi provenienti dai paddock 7 , privi di idonei sistemi di raccolta e regimentazione nel terreno circostante con evidenti ristagni », e per aver « depositato direttamente sul suolo letame proveniente dall’allevamento ». In realtà, quindi, le norme di riferimento erano sia quelle relative alla «utilizzazione agronomica» 8 sia l’art. 185, comma 2, lett. f), dello stesso d.lgs. che esclude dalla disciplina sui rifiuti 9 le materie fecali utilizzate in agricoltura 10.

È stato, pertanto, sufficiente alla Cassazione richiamare la sua costante giurisprudenza sia per le materie fecali, che devono ritenersi « escluse dalla disciplina dei rifiuti di cui al d.lgs. n. 152 del 2006 a condizione che provengano da attività agricola e che siano effettivamente riutilizzate nella stessa attività »11 sia per la fertirrigazione la quale, per sottrarre il deposito delle deiezioni animali alla disciplina sui rifiuti, « richiede, in primo luogo, l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, nonché l’adeguatezza di quantità e qualità degli effluenti e dei tempi e modalità di distribuzione al tipo e fabbisogno delle colture e, in secondo luogo, l’assenza di dati sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la “fertirrigazione”, quali, ad esempio, lo spandimento di liquami lasciati scorrere per caduta a fine ciclo vegetativo »12, cui possiamo aggiungere la necessità che essa « sia di una qualche utilità per l’attività agronomica e lo stato, le condizioni e le modalità di utilizzazione delle sostanze compatibili con tale pratica, con la conseguenza che, in difetto, essa resta sottoposta alla disciplina generale sui rifiuti »13.

Tutte condizioni che, nel caso di specie, non risultavano assolutamente esistenti mentre risultava provato lo smaltimento bruto sul suolo di sostanze di scarto, solide e liquide, provenienti da allevamento di bestiame.

In proposito, peraltro, vale la pena di ricordare anche una recente pronuncia 14 che appare particolarmente concisa, significativa e completa secondo cui:

a ) La esclusione delle materie fecali dalla disciplina dei rifiuti di cui al d.lgs. n.152 del 2006 è subordinata alla condizione che esse provengano da attività agricola e che siano effettivamente riutilizzate nella stessa attività;

b ) L’utilizzo dei liquami rivenienti dai materiali fecali di origine agricola (ed è il caso di precisare che la origine agricola è tale da comprendere ogni origine che sia derivante da un uso agricolo, anche connesso al loro allevamento, degli animali terricoli 15 ) è tale da far escludere per gli stessi la qualificazione in termini di rifiuti in quanto gli stessi siano utilizzati sotto forma di concime sia attraverso il loro generico spandimento, sia attraverso la pratica della fertirrigazione;

c ) in relazione alla fertirrigazione, onde definirne il contenuto, si precisa che essa consiste nella concimazione dei campi utilizzando quale vettore del fertilizzante, anche naturale  id est : il letame, cioè la materia fecale agricola – l’acqua;

d ) in ambedue i casi, tuttavia, la esclusione di cui sopra si verifica in quanto ricorrano le seguenti condizioni: che vi sia una coltivazione effettivamente in atto; che per qualità, per quantità e per le modalità della loro l’applicazione l’uso degli effluenti risulti congruo rispetto allo scopo dichiarato; che non emergano elementi sintomatici tali da indurre l’esistenza di un uso diverso da quello consentito 16 .

Gianfranco Amendola

corso d’acqua inquinato da scarichi

1 In proposito, ci permettiamo rinviare, anche per approfondimenti e richiami ai nostri: Art. 41 del decreto Genova. Quel pasticciaccio brutto dei fanghi contaminati ad uso agricolo , in Questione Giustizia, 21 dicembre 2018 e in http://www.lexambiente.it, 4 gennaio 2019; nonché Fanghi di depurazione utilizzati in agricoltura e art. 41 decreto Genova. La Cassazione risponde alle critiche e consolida la sua giurisprudenza , in questa Riv., 2019, 1; nonché Fanghi da depurazione in agricoltura. Il Consiglio di Stato conferma la Cassazione , ivi, 2019, 5.

2 « Al fine di superare situazioni di criticità nella gestione dei fanghi di depurazione (…) ».

3 Corte di giustizia UE, Sez. II 28 marzo 2019, in causa C-60/18, in www.lexambiente.it, 9 aprile 2019. Per un commento generale, cfr. Amendola, Rifiuti con codici a specchio, fanghi di depurazione contaminati e cessazione della qualità di rifiuto (EOW). La Corte europea si schiera con la Cassazione e con il Consiglio di Stato , in www.lexambienteit, 19 aprile 2019.

4 Non a caso, le disposizioni sui fanghi del decreto Genova furono emanate per superare la giurisprudenza cautelativa della Cassazione.

5 Almeno di quelli che resistono.

6 Abbandono o deposito incontrollato di rifiuti.

7 « Per chiarezza, può essere utile precisare che il termine paddock nella sentenza è impiegato per designare l’ambiente destinato alla custodia ed allo stazionamento degli animali dell’allevamento ».

8 Ai sensi dell’art. 74, comma 1, lett. p), d.lgs. n. 152/06, per «utilizzazione agronomica» si intende « la gestione di effluenti di allevamento, acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari, dalla loro produzione fino all’applicazione al terreno ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all’utilizzo delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute ».

9 È appena il caso di rilevare, in proposito, che, di regola, i liquami rientrano nell’ambito della normativa sui rifiuti (e non della parte III sugli scarichi) quando non sono oggetto di immissione nell’ambiente tramite condotta. Cfr. per tutti Cass. Sez. III Pen. 11 maggio 2009, n. 19880, Crema, in questa Riv., 2009, 703, secondo cui « gli effluenti di allevamento, se non vengono utilizzati nella fertirrigazione, danno luogo ad uno scarico, parificato a quello domestico a tutti gli effetti se vengono smaltiti tramite condotta nel rispetto delle prescrizioni imposte dalla legge. Mancando invece la condotta, lo sversamento sul suolo o nel sottosuolo, al di fuori della fertirrigazione dà luogo allo smaltimento di un rifiuto ».

10 Non rientrano nel campo di applicazione della parte IV del medesimo d.lgs., rubricata «Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati», «f ) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera ), del presente articolo, la paglia e altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, gli sfalci e le potature effettuati nell’ambito delle buone pratiche colturali, utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana, nonché la posidonia spiaggiata, laddove reimmessa nel medesimo ambiente marino o riutilizzata a fini agronomici o in sostituzione di materie prime all’interno di cicli produttivi, mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana ».

11 Di recente, cfr. Cass. Sez. III Pen. 26 ottobre 2021, n. 38196, Allegri, in www.ambientediritto.it , secondo cui «l’art. 185, comma 1, lett. ), d.lgs. n. 152/06 esclude dal novero dei rifiuti le materie fecali, se non contemplate dal successivo comma 2, lett. ) (che richiama i sottoprodotti di origine animale). La disposizione pone sostanzialmente l’accento sulla provenienza dei materiali elencati (ivi comprese, dunque, le materie fecali) dall’attività agricola e sulla loro successiva utilizzazione sempre con riguardo a detta attività. Le deiezioni derivanti da attività di allevamento, vendita e pensione di cani non possono quindi essere classificate se non come rifiuti ed essere soggette alla relativa disciplina ».

12 In proposito, alle (risalenti) decisioni citate dalla sentenza, si ritiene utile aggiungere Cass. Sez. III Pen. 23 agosto 2019, n. 36367, Bernardi, in www.lexambiente.it, 24 settembre 2019.

13 Cass. Sez. III Pen. 10 giugno 2016, n. 24361, Bitetti, in www.lexambiente.it, 18 luglio 2016.

14 Cass. Sez. III Pen. 2 novembre 2020, n. 30299, Bedin, in www.lexambiente.it, 13 novembre 2020.

15 Di converso, secondo Cass. Sez. III Pen. 22 dicembre 2021-11 maggio 2022, n. 18513, Recca, in www.ambientediritto.it , l’esclusione dalla disciplina sui rifiuti opera solo per il « letame agricolo, poiché quello non agricolo è sicuramente un rifiuto » e la « effettiva riutilizzazione nell’attività agricola deve essere dimostrata dall’interessato ».

16 In fatto, nel caso di specie i materiali fecali « risultano essere stati scaricati e concentrati in un unico punto del terreno dell’indagato e non distribuiti su terreni oggetto di coltivazione; questo, peraltro, si mostrava, nel tratto ove il deposito era stata eseguito, saturo di acqua tanto che il materiale fecale, lungi dall’imbibire il terreno degli elementi nutritivi, era soggetto a fenomeni di ruscellamento e dilavamento verso i sottostanti corso d’acqua ».

spargimento liquami in area agricola

(foto da mailing list, per conto GrIG, archivio GrIG)

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