Il Lupo fa il mestiere del Lupo, anche in Trentino.  Sarebbe il caso di capirlo, no?

9 months ago 45

Lupo (Canis lupus)

Il Lupo (Canis lupus) fa – e pure bene – il mestiere del Lupo e preda fondamentalmente esemplari di fauna selvatica (in particolare Cinghiali e altri ungulati) e, solo ne ha l’occasione, bestiame domestico.

Sembra una banalità, ma molti non l’hanno ancora capito.

Aiuta molto la conoscenza del mestiere del Lupo il progetto “Lupus in stabula: analisi delle dinamiche di predazione da lupo sul bestiame domestico in Trentino” svolto dal MUSE – Museo delle Scienze, in collaborazione con la Provincia autonoma di Trento, finanziato dalla Fondazione Cassa Rurale di Trento.

Il progetto ha come obiettivo il miglioramento della conoscenza del Lupo e della realtà del conflitto con le attività umane nel Trentino.

Qual è l’impatto del lupo sulle attività zootecniche in Trentino? Quali sono le aree e le malghe maggiormente colpite? Quali sono le strategie di prevenzione maggiormente utilizzate sul territorio? Sono queste alcune delle domande a cui cerca di rispondere il progetto di ricerca coordinato dal MUSE ‘Lupus in stabula: analisi delle dinamiche di predazione da lupo sul bestiame domestico in Trentino’, finanziato dalla Fondazione Cassa Rurale di Trento e svolto in collaborazione con il Servizio Faunistico – Settore Grandi Carnivori della Provincia Autonoma di Trento. Indagando con approccio scientifico le situazioni e i contesti in cui si sono verificate le predazioni sul bestiame da parte del lupo nel territorio provinciale, la ricerca approfondisce diversi aspetti che caratterizzano il fenomeno: l’andamento negli anni, la distribuzione spaziale, il rapporto con le misure di prevenzione, i fattori gestionali che possono aumentare il rischio di predazione. Il primo prodotto del progetto è una relazione tecnico-scientifica, a cui faranno seguito ulteriori approfondimenti”.

La lettura è altamente consigliabile, soprattutto a chi pretende di gestire il patrimonio faunistico a vanvera.

Basti pensare che nell’81% dei casi di predazione non erano presenti opere di protezione funzionanti e che in solo 41 malghe (su 578) sono presenti Cani da guardia.

Se le prede sono presentate su un piatto d’argento, pensate che il Lupo non ne approfitti?

Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG)

qui la relazione Predazioni da lupo sul bestiame domestico in provincia di Trento: analisi delle dinamiche e delle strategie di prevenzione (2023).

Lupo (Canis lupus)

da Il Dolomiti, 10 agosto 2023

Lupi e predazioni: “Nell’81% dei casi non erano presenti opere di protezione funzionanti”. I dati del Muse: solo 41 malghe (su 578) dotate di cane da guardiania.

Gli esperti del Museo trentino hanno elaborato un corposo documento (“Lupus in stabula: analisi delle dinamiche di predazione da lupo sul bestiame domestico in Trentino”) nel quale si indagano con approccio scientifico “le situazioni e i contesti in cui si sono verificate le predazioni sul bestiame da parte del lupo nel territorio provinciale”. Ecco i risultati (che analizzano il periodo tra il 2013 ed il 2022). (Filippo Schwachtje)

TRENTO. Le predazioni di lupo ai danni di animali domestici in Trentino in 10 anni, dal 2013 al 2022, sono state 576 (con un totale di 2.256 capi coinvolti) e nell’81% dei casi sono avvenute in assenza di opere di prevenzione funzionanti a protezione dei capi predati. A dirlo sono gli esperti del Muse che, in collaborazione con il settore Grandi carnivori della Pat, ha realizzato un corposo documento (all’interno del progetto “Lupus in stabula: analisi delle dinamiche di predazione da lupo sul bestiame domestico in Trentino”, finanziato dalla Cassa rurale di Trento) per indagare con approccio scientifico “le situazioni e i contesti in cui si sono verificate le predazioni sul bestiame da parte del lupo nel territorio provinciale” approfondendo “diversi aspetti che caratterizzano il fenomeno, l’andamento negli anni, la distribuzione spaziale, il rapporto con le misure di prevenzione e i fattori gestionali che possono aumentare il rischio di predazione”.

Un lavoro (si tratta del primo prodotto del progetto, al quale faranno seguito ulteriori approfondimenti) arriva a pochi giorni di distanza dal rigetto del Tar alle richieste di sospensione presentate al decreto con il quale il presidente della Provincia Maurizio Fugatti ha ordinato l’abbattimento di due dei lupi del branco gravitante nella zona di malga Boldera, in Lessinia, dopo le predazioni avvenute negli scorsi mesi (Qui Articolo). Una decisione (la prima di questo tipo a livello italiano) criticata da diverse associazioni ambientaliste (Qui Articolo) e che ha portato, nella giornata di ieri, ad un blitz del movimento Centopercentoanimalisti proprio all’interno del Muse, per criticare la gestione dei grandi carnivori operata dalle autorità trentine (Qui Articolo). Nella relazione presentata dagli esperti del museo, come evidenziato chiaramente dai dati, emerge comunque un elemento fondamentale: le maggior parte delle predazioni negli ultimi 10 anni è avvenuta in contesti nei quali le opere di prevenzione a protezione del bestiame dai grandi carnivori (da quelle utilizzate per la stabulazione notturna alla presenza di reti mobili elettrificate o di cani da guardiania) erano assenti (o comunque non funzionanti). Ma procediamo con ordine.

Lupo (Canis lupus)

Innanzitutto, a livello numerico i branchi sono aumentati negli ultimi dieci anni da uno a oltre venti in Trentino, sottolineano nella relazione gli esperti del Muse, portando inevitabili conflitti con le attività zootecniche ed in particolare con pratiche di allevamento che prevedono l’alpeggio: “In Provincia di Trento, tra il 2013 ed il 2022, si sono verificate 576 predazioni da lupo su domestico, con un totale di 2.256 capi compromessi (inclusi mortiferiti dispersi). Le predazioni documentate seguono la tendenza di espansione della popolazione di lupi sul territorio, aumentando nel corso degli anni sia nel numero che nelle aree colpite”. In particolare, il maggior numero di attacchi avviene nel mese di agosto e nelle ore notturne. Nei momenti più a rischio, insomma, durante l’alpeggio dei capi di bestiame. “Gli ovicaprini rappresentano la tipologia di bestiame più frequentemente coinvolta negli eventi di predazione registrati (64%) – si legge nella relazione – seguiti da bovini (26%), di cui i giovani sotto i 15 mesi costituiscono la classe d’età maggiormente colpita (67%). In media si tratta di circa 1,2 capi compromessi per evento di predazione per quanto riguarda i bovini, e 5,4 capi per evento per gli ovicaprini”.

Per fornire un metro di paragone sul dato relativo alle predazioni però, che come abbiamo visto in 10 anni sono state poco più di 2.250, è utile evidenziare il totale di bestiame presente in alpeggio ogni anno in Provincia, pari a ben 72.687 capi, perlopiù costituito da ovicaprinni (63,5%), bovini (31%) ed equini (2,4%). In media quindi, dicono gli esperti: “Il bestiame predato dal lupo ogni anno si aggira intorno allo 0,6% del bestiame complessivo monticato (0,8% per ovicaprini ed equini, 0,1% per i bovini). Ne consegue che ovicaprini ed equini (asini in particolare) rappresentano le tipologie di bestiame maggiormente selezionate dal lupo e quindi più vulnerabili. I bovini invece, salvo contesti particolari come ad esempio quello della Lessinia, rappresentano la categoria più raramente predata in relazione alla loro disponibilità in alpeggio”. Per quanto riguarda le opere di prevenzione, come anticipato, dalle valutazioni effettuate dai tecnici nel sito al momento della predazione emerge che nel 38% dei casi era presente presso la malga/alpeggio (o altra tipologia di sito) almeno un’opera di prevenzioneSolo nel 19% dei casi però, le predazioni sono avvenute in presenza di almeno un’opera effettivamente funzionante e a protezione del bestiame predato. Tradotto: in più di 8 casi su 10 le predazioni sono avvenute “in assenza di opere funzionanti protezione dei capi predati”. Secondo la letteratura scientifica, la protezione dei capi è più alta in combinazione di diverse strategie di difesa, dalla stabulazione notturna alla presenza di uno o più pastori, cani da guardiania recinzioni adeguate.

ISPRA – presenza del Lupo in Italia (2021)

“In alcuni casi – scrivono i tecnici nella relazione – (92 su 109) è stato possibile risalire alla causa dell’inefficacia dell’opera: nella maggior parte dei casi il bestiame aveva sfondato la recinzione (60%), invece, le principali motivazioni per cui l’opera non era effettivamente a protezione del bestiame predato, anche se presente presso il sito in cui l’attacco è avvenuto, sono: a) mancata stabulazione notturna del bestiame o dei capi predati (59%); b) opera non idonea per ragioni ambientali quali la conformazione del terreno”. E a proposito di quest’ultimo punto, l’analisi spaziale ha permesso di individuare anche le aree geografiche e le malghe maggiormente colpite dalle predazioni, sia per l’intero periodo di studio (2013-2022), sia per il periodo più recente e di maggiore interesse gestionale (20202022): “Da tale analisi emerge che, nell’ultimo triennio, le aree a maggior impatto sono state LessiniaBaldoBondone Primiero. Per quanto riguarda le malghe, sono 30 quelle maggiormente colpite dal lupo nel periodo 20132022. In particolare, 14 malghe hanno subito un impatto di tipo cronico (almeno 5 eventi di predazione tra il 2013 ed il 2022), mentre 21 malghe hanno subito predazioni di tipo massivo (almeno 10 capi predati per evento di predazione). Nell’ultimo triennio, sono 4 le malghe a impatto cronico (predazioni in tutti e tre gli anni) e 9 quelle a impatto massivo”.

A livello di prevenzione, la Pat ha erogato 917 opere tra il 2013 ed il 2021: si tratta soprattutto di recinzioni (88%), richieste soprattutto per la protezione degli ovicaprini (80%). “Le malghe censite sul territorio provinciale – precisano gli esperti – sono 578, di cui il 65% ospita prevalentemente bovini, il 26% ovicaprini, il 4% bestiame misto e il 3% equini”. Solo il 36% delle malghe è però dotato di almeno un’opera di prevenzione a protezione del bestiame dai grandi carnivori: “Si tratta di opere utilizzate prevalentemente per la stabulazione notturna del bestiame (86%), in particolare reti mobili elettrificate (81%)”. Molto bassa poi (il 7%) la percentuale di strutture in cui è presente almeno un cane da guardiania (41 in termini assoluti), nella maggior parte dei casi in combinazione con qualche tipo di recinzione (83%). “La presenza del personale in malga – si legge poi nella relazione – è prevalentemente continuativa sia di giorno che di notte (73%), e nel 74% delle malghe è presente almeno una struttura abitativa adibita alla permanenza stabile del pastore. Nel 62% della malghe è inoltre presente un ricovero fisso per il bestiame e il 78% è accessibile in auto, tramite strada asfaltata (15%), strada sterrata o pista forestale (63%)”.

“A distanza di dieci anni dal ritorno stabile della specie sul territorio trentino – spiega la ricercatrice del Muse Giulia Bombieri, che coordina il progetto – questo tipo di analisi è fondamentale non solo per fornire una fotografia aggiornata della problematica, ma anche e soprattutto per comprendere le dinamiche e i fattori di rischio, nonché valutare l’efficacia delle misure di prevenzione messe in atto e studiarne possibili miglioramenti”. Come anticipato: “Particolarmente interessante e utile dal punto di vista gestionale è il dato che emerge dalla valutazione della presenza e funzionamento delle opere di prevenzionel’81% delle predazioni è avvenuto in assenza di opere di prevenzione funzionanti a protezione dei capi predati“. 

Lupo (Canis lupus)

(foto S.D., archivio GrIG)

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