Intervista a Ramona Magno, coordinatrice scientifica dell’Osservatorio Siccità del CNR-IBE

10 months ago 53

La crisi climatica ci sta mettendo di fronte a un’altra stagione di eventi estremi, con l’alternarsi di lunghi periodi siccitosi (come quelli che hanno caratterizzato buona parte della primavera) a precipitazioni violente e intense accompagnate da frane ed esondazioni, come quelle che hanno colpito appena poche settimane fa l’Emilia-Romagna. Sono fenomeni correlati tra loro più quanto si pensi e che fanno emergere, una volta di più, la necessità di affrontare in maniera strutturale e con soluzioni veramente sostenibili le cause del cambiamento climatico in atto.
Intanto, le previsioni dell’agenzia europea Copernicus raccontano di un’altra estate con temperature di molto superiori alla media. Che scenari dovremo attenderci, dunque, per il prossimo futuro in Italia? Lo abbiamo chiesto a Ramona Magno, coordinatrice scientifica dell’Osservatorio Siccità del CNR-IBE.

Cosa rende la siccità a cui stiamo andando incontro una siccità diversa e senza precedenti?

La siccità di questi due anni sicuramente è molto particolare rispetto a quelle del passato: si è giocato il fattore grande caldo, la scarsità di piogge e la scarsità di neve. In generale, però, sono anni che siamo soggetti a fenomeni siccitosi. Tuttavia, si continua ancora ad agire attraverso una gestione della crisi piuttosto che con una gestione più proattiva del rischio. E anche in questo caso siamo nettamente in ritardo. Abbiamo la conoscenza e le tecnologie, ma spesso quello che viene a mancare è una concertazione politica, una programmazione a lungo termine e una eccessiva burocratizzazione che allunga i tempi.

Come ha evidenziato, non è il primo anno di siccità: siamo di fronte a un trend? Quali conseguenze a lungo termine si potrebbero avere?

Dai dati che abbiamo si nota un certo trend. Dall’inizio di questo secolo, per far riferimento al periodo a noi più vicino, ogni tre-quattro anni circa si assiste a fenomeni siccitosi intensi e prolungati. Quel che sta cambiando è la frequenza e l’intensità di questi fenomeni, ma anche la concomitanza di fenomeni estremi – quali deficit di pioggia e ondate di calore – che magnificano gli impatti sul territorio. È ormai chiaro che questo trend è legato ai cambiamenti climatici. L’aumento di concentrazione di gas serra determina un aumento della temperatura. Temperature più alte vogliono dire maggiore energia nel sistema atmosfera-acqua-suolo e quindi una intensificazione del ciclo dell’acqua, che comporta eventi estremi quali siccità e precipitazioni più intensi.

Ad oggi in Italia quali sono le zone più colpite?

Il deficit in alcune zone del Nord Ovest è abbastanza importante. Non potrebbe essere diversamente, visto che siamo al secondo anno di una scarsissima stagione nevosa. Senza una primavera fresca e piovosa dobbiamo prepararci ad affrontare una siccità pari, se non peggiore, rispetto allo scorso anno. Turnazioni irrigue molto più rigorose potrebbero diventare la norma; si potrebbe arrivare anche a razionamenti di acqua per uso idropotabile in diversi comuni. Questo inverno vi erano Comuni in Piemonte in cui si provvedeva a integrare i serbatoi dei gestori con autobotti, e in Veneto è in atto un’ordinanza per l’adozione di misure di contenimento dei prelievi per gli usi non prioritari.

Colpisce il dato delle risaie e culture irrigue, in cui si evidenzia che il 38% di questi terreni sono soggetti a deficit di pioggia da ben due anni…

La Pianura Padana è un’area colpita da severità idrica, e di conseguenza lo sono anche le sue coltivazioni, tra cui spiccano risaie e mais, colture estive che hanno bisogno di molta acqua per crescere.

Quindi la siccità, unita a una combinazione di fattori, sta creando problemi ad alcune colture italiane?

Non solo riso e mais sono a rischio, se non vi sarà un’inversione di tendenza saranno fortemente colpite anche altre colture, fra cui le orticole come ad esempio insalata o pomodori, che, rispetto alle colture tipicamente invernali, richiedono un uso maggiore di acqua per far fronte alla stagione estiva.

Quali comportamenti dovremmo modificare per affrontare la siccità a cui stiamo andando incontro?

La parola chiave è il risparmio idrico, anche programmando un uso diverso dell’acqua in ambito agricolo. Si deve tenere presente che l’acqua non è infinita e nei prossimi decenni ne avremo a disposizione sempre meno. C’è un bilancio tra precipitazioni e quello che preleviamo. Se questi apporti tendono a ridursi, non possiamo pensare che i prelievi continuino con la stessa intensità.

Come dobbiamo immaginarci i nostri campi, la nostra agricoltura, le nostre tavole, nel prossimo futuro?

Si dovrà ripensare il modo di coltivare, favorendo un’agricoltura di precisione che permette l’ottimizzazione irrigua e la riduzione dell’uso dei concimi attraverso nuove tecnologie e l’uso di satelliti e droni, l’utilizzo di varietà colturali più adatte al “nuovo clima” e più resistenti a periodi di siccità prolungate.
In Sicilia, per esempio, ora si coltivano il mango e le banane, prodotti che fino a qualche decennio fa erano impensabili per quel territorio. 
Ma alcuni cambiamenti li stiamo vedendo anche nel Nord Italia: essendo al secondo anno di siccità, diversi risicoltori sono costretti a destinare parte dei loro campi a seminativi invernali, per evitare di perdere il raccolto.
Da non trascurare, inoltre, il fatto che la Pianura Padana è una delle zone a rischio desertificazione (inteso come impoverimento della fertilità del suolo), dovuta al cambiamento climatico, alla salinizzazione delle falde e alla gestione antropica non sempre sostenibile.

Quindi la siccità è una delle prove che ci porta a tastare con mano il cambiamento climatico?

Certamente. Il bacino del Mediterraneo è considerato un “hot spot”, un’area dove i cambiamenti climatici sono più evidenti, e certamente dovremo affrontare siccità, ondate di calore, ma anche precipitazioni che diventeranno sempre più intense. Siamo già testimoni di questa intensificazione, e se continua questo processo questi fenomeni diventeranno sempre più frequenti ed estesi. Purtroppo i cambiamenti climatici sono in atto e, oltre ad azioni di mitigazione, dobbiamo imparare ad adattarci, cambiando le nostre abitudini e cercando di risparmiare le risorse finite di cui disponiamo.

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