[ITALIA] 8 marzo: scioperi nelle grandi filiere logistiche, iniziative di protesta nelle città. Per la lotta internazionale delle donne

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8 MARZO

SCIOPERI E INIZIATIVE DI LOTTA IN TUTTA ITALIA

In occasione della giornata internazionale di lotta delle donne e in una fase storica segnata dalla corsa alla guerra e all’economia di guerra, fin dalla notte del 7 marzo la lotta operaia ha fermato numerosi magazzini nelle più grandi filiere della logistica e altri importanti posti di lavoro.

Alla Maxidi di Belfiore (VE), già teatro di innumerevoli episodi di repressione e crumiraggio pilotati dai padroni, si sono ancora una volta registrate tensioni con le forze dell’ordine intervenute in assetto antisommossa a difesa del profitto: lo sciopero – per migliorare le condizioni di vita e lavoro, a partire dalla corretta applicazione del contratto nazionale e dalla libertà sindacale – è comunque proseguito senza sosta per piùdi 24 ore.

Nella mattinata, unitaria iniziativa dai cancelli della fabbrica Leonardo di Cameri (NO), dove si producono gli aerei cacciabombardieri F-35 che seminano morte e distruzione ai quattro angoli della terra: al centro dell’iniziativa di blocco la denuncia del brutale genocidio a Gaza, con i giovani palestinesi in prima fila alla manifestazione, fianco a fianco coi lavoratori.

A Napoli, manifestazione nel quartiere di Bagnoli contro la chiusura dei consultori e l’attacco al diritto alla salute che colpisce principalmente le donne proletarie.

Di seguito, alcune foto pervenuteci dalle varie città…

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8 MARZO SCIOPERO GENERALE NAZIONALE

DI 24 ORE SU TUTTE LE CATEGORIE

INDIZIONE SCIOPERO

PER LA GIORNATA DI LOTTA INTERNAZIONALE DELLE DONNE

Gli attuali conflitti in atto, la cui fine non è all’orizzonte, rappresentano la soluzione che il capitalismo mette in atto per sopravvivere alla crisi di accumulazione e alle enormi contraddizioni che si sono dispiegate in due secoli di sviluppo.

Uno sviluppo che si avvale di genocidi, come quello compiuto da Israele nella striscia di Gaza, che conta oltre 26 mila morti e omicidi indiscriminati di migliaia di bambini, donne e anziani palestinesi; scuole, ospedali e luoghi di culto bombardati senza sosta; centinaia di giornalisti ed operatori sanitari uccisi, in un contesto pluridecennale di occupazione, di apartheid e di pulizia etnica nei confronti della popolazione araba; uno sviluppo che si avvale di occupazioni militari e guerre di rapina in tutti gli angoli del globo, che non è mai stato pacifico e che da sempre ha comportato l’esternalità di un flusso abnorme di profughi e migranti, la cui
forza lavoro attualmente non riesce ad essere assorbita dal sistema di sfruttamento capitalistico e quindi viene usata sempre più insistentemente come strumento di ricatto diretto ed indiretto, nella misura in cui da un lato per le persone migranti il lavoro è la sola garanzia per un permesso di soggiorno, dall’altro lato rappresentano un bacino di manodopera a basso costo che garantisce il contenimento dei costi del lavoro, con quel che ne sta conseguendo in termini di degradazione sempre più aggressiva del sistema di diritti e tutele.

La fase di profonda crisi strutturale del sistema economico patriarcale e capitalistico ha acuito la tendenza alla salvaguardia aggressiva della capacità di produzione e del mantenimento dei profitti, tanto delle piccole quanto delle grandi aziende, che va di pari passo con la selvaggia deviazione dalle norme relative alla sicurezza, necessaria per contenere più possibile i costi del lavoro e che reca in sé la piena responsabilità delle centinaia di lavoratori e lavoratrici che perdono la vita ogni anno, sul luogo di lavoro, in Italia.

In tale contesto l’economia bellica sta crescendo con percentuali impressionanti; gli Usa, primo produttore mondiale, hanno venduto armi per 238 miliardi nel 2023 con un aumento del 56% rispetto al 2022.

Le stesse industrie italiane stanno traendo enormi benefici da questa terribile situazione: oltre all’enorme regalo dell’esenzione da Iva e accise sulle armi vendute, il dato di fatto è di una spesa bellica che in Italia nel 2024 si quantificherà in 24 miliardi di euro.

Il conflitto inter-capitalistico e inter-imperialistico, attraverso la crisi energetica, economica e sociale, si riversa sulle spalle del proletariato tanto nelle zone di guerra che nei paesi coinvolti ed il governoMeloni, in linea con quelli che l’hanno preceduto, interpreta in questo scenario un ruolo di primo piano aumentando la spesa bellica le cui risorse vengono ricavate per sottrazione, a volte quasi matematica, dalla spesa sociale, dai salari e dall’occupazione.

Mentre l’economia italiana ed europea viene messa in ginocchio dalle guerre, i lavoratori vedono i loro già modesti salari falcidiati dall’inflazione, molte fabbriche stanno chiudendo per il calo dei consumi ed aumenta la disoccupazione e la precarietà lavorativa, l’Italia è sempre più impegnata sui vari fronti di guerra sia indirettamente come in Ucraina ed in Israele che direttamente come in Libano e nel Mar Rosso.

Le intenzioni di questo Esecutivo mirano, a tutto tondo, a rafforzare l’oppressione su base di classe e su base digenere, con strumenti che vanno dall’inasprimento dei meccanismi repressivi contro le lotte sociali, sindacali e politiche, alla pesante e capillare pressione ideologica per relegare le donne ad allevare le future braccia da sfruttare, anche sostenendo l’opprimente e legalizzata obiezione di coscienza di più figure degli ospedali pubblici che impedisce alle donne in più regioni italiane di accedere all’aborto medicalmente assistito, come la Legge 194 prevederebbe.

La propaganda attuata attraverso tutti i canali di informazione è tesa sistematicamente a sopprimere il valore delle rivendicazioni e delle lotte femministe svuotando le stesse del loro significato politico, ovunque tali lotte prendano piede, sia che vengano rivendicati diritti sociali come l’aborto (anche in paesi fortemente capitalistici come l’America), sia che vengano reclamati diritti civili e sociali in paesi non occidentali.

Dunque, l’8 marzo va ben oltre la specificità di “genere”: gli attacchi alle donne sono parte integrante e inscindibile della più generale offensiva capitalistica contro i lavoratori e l’intera classe sfruttata, ancor di piùoggi, sotto il pesante attacco della guerra.

Tutto ciò premesso, il SI Cobas proclama lo sciopero per 24 ore su tutte le categorie nella giornata di Venerdí 8 marzo in tutte le categorie non coperte dalla lege 146/90.

Per quanto riguarda tutti i settori interessati dalla disciplina prevista dalla medesima legge, la O.S. aderisce allo sciopero generale già proclamatoda Adl Cobas in data 14/02/2024.

Milano – 28/02/2024,

Il Coordinatore Nazionale SI Cobas
Aldo Milani

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