[ITALIA] Il governo finanzia quota 103 tagliadno le pensioni dei dipendenti pubblici?

5 months ago 36

Dalla bozza della legge di bilancio, che verrà portata a breve in Parlamento, emergono nuovi tagli alle pensioni di alcuni settori del lavoro pubblico, anche se -dopo le proteste dei medici e il rischio di una fuga anticipata dalla Sanità di medici e infermieri- il governo potrebbe fare marcia indietro.

Se la norma non verrà modificata, potrà essere questo il prezzo richiesto per il mantenimento di quota 103 per il prossimo anno, uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale del centrodestra e in particolare della Lega, che sarà comunque molto ridimensionata: anche i periodi di pensione retributiva (fino al 1995) verranno calcolati con il metodo contributivo e il trattamento mensile non potrà superare il tetto massimo lordo di € 2.250.

Le categorie di dipendenti pubblici che potrebbero essere colpite dal taglio delle pensioni sono costituite da una parte degli iscritti alla vecchia cassa INPDAP: come dipendenti delle funzioni locali, insegnanti degli asili nido, sanitari (se iscritti alla ex cassa CPS), ufficiali giudiziari e coadiutori iscritti alla CPGU.

Il taglio colpirebbe i dipendenti assunti prima del 1996 e consisterebbe nel sostanziale azzeramento della quota di assegno pensionistico calcolata con il sistema retributivo, arrivando a determinare una perdita sino al 25% dell’importo della pensione e comportando così una notevole riduzione della stessa.
Ancora una volta non solo si cerca di creare una discriminazione fra dipendenti pubblici e privati, ma si accentuano le sperequazioni fra le lavoratrici e i lavoratori dei vari comparti del pubblico impiego.

La logica è la solita, dividere i lavoratori, puntando alla guerra fra poveri.
E’ chiaro però, che se questo taglio dovesse passasse senza proteste, potrebbe costituire il precedente per tutti gli altri comparti e anche per le pensioni dei dipendenti privati.
Questo non è, però, l’unico attacco alle pensioni che prepara il governo Meloni, altri provvedimenti riguardano chi è già in pensione e sono volti a rendere permanente la riduzione dell’adeguamento dell’assegno pensionistico all’inflazione, proprio quando questa è molto elevata.

Viene inoltre ripristinato, dal 1.1.2025, l’innalzamento dei requisiti per l’accesso alla pensione di anticipata nel caso la speranza di vita dovesse tornare a crescere (attualmente gli uomini vanno in pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi, le donne con 41 anni e 10 mesi).
Viene inoltre innalzato il requisito di età per accedere all’APE SOCIAL e all’opzione donna, che viene reintrodotta ma con accesso a 61 anni di età e 35 di contributi e solo per alcune categorie (caregiver, invalide almeno al 74%, licenziate o dipendenti di aziende con tavolo di crisi aperto).

Sono questi solo alcune dei provvedimenti peggiorativi che il Governo si appresta a varare sulle pensioni. Non solo non si parla più di abolizione della Riforma Fornero ma si attuano addirittura provvedimenti che la peggiorano ulteriormente.

Il Governo prosegue, quindi, nella sua logica di togliere ai poveri e ai lavoratori per dare ai ricchi (inaccettabile la scelta di escludere dal calcolo dell’ISEE Titoli di Stato e prodotti finanziari per la raccolta del risparmio fino a 50.000 euro).
Se non ci sarà una mobilitazione generale contro queste scelte si andrà incontro a una macelleria sociale iniziata con l’abolizione del reddito di cittadinanza, proseguita con gli ulteriori tagli alla Sanità e con le risorse insufficienti stanziate per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego e terminata, almeno per ora, con gli ulteriori tagli alle pensioni.

8 novembre,

SI Cobas Sanità e Funzione Pubblica


LEGGE DI BILANCIO 2024

DI MALE IN PEGGIO

La Legge di Bilancio è l’atto di governo che definisce le linee economiche generali e le politiche sanitarie e sociali per il prossimo anno. Precisi e vincolanti gli impegni di spesa per il SSN. Ne risulta che il perimetro di tutela della sanità pubblica si restringe e così le misure di protezione sociali verranno ulteriormente tagliate.
Si certifica il fallimento di tutte le cosiddette politiche di riforma sociale. Questo governo e tutti quelli che lo hanno preceduto dimostrano di essere al servizio degli interessi del padronato e quindi le risorse da destinare alla tutela della salute, dei disoccupati, dei pensionati e al contrasto della povertà si assottigliano. Lo stato sociale, l’universalità dei diritti sono temi propagandistici buoni da agitare quando si è all’opposizione ma disattesi una volta al governo.

I vincoli di bilancio impongono linee politiche che i governi di destra di centro o sinistra sono costretti ad assecondare. Ed è così che politiche di tutela sociale possono trovare applicazione solo quando le casse lo permettono e solo se prima se gli appetiti padronali siano stati soddisfatti.

Gli interventi di politiche sociali e assistenziali sono funzionali a tenere alti i consumi. Il profitto si realizza con l’acquisto di beni e servizi sul mercato. I bilanci statali seguono questa logica stringente e sacrificano ogni scrupolo umano.
Entro questa cornice di subalternità alle alterne vicende economiche, i partiti e i sindacati confederali, da tempo, non avanzano rivendicazioni salariali e hanno smesso di chiedere ai lavoratori quali sono i loro bisogni.
Le linee di politica sociale diventano in tal modo una prerogativa dei governi impermeabili alle forze sociali.

Così il governo Meloni, dopo aver fatto i conti, decide quante risorse si rendono disponibili per rinnovare i contratti e finanziare i servizi! Che queste siano poche o addirittura nulle, i sindacatoni di fatto non si oppongono, in realtà contrattano solo la loro rappresentatività ed acquisito il riconoscimento firmano contratti a perdere.

Non siamo lontano dal “tutto nello stato niente al di fuori dello stato nulla contro lo stato” di memoria fascista.

C’è quasi un ritorno a pratiche corporative, con mezzi “pacifici”. I livelli salariali più bassi del mondo occidentale valgono meglio di mille denunce per descrivere che questi sindacati di regime non sono per la difesa degli interessi dei lavoratori ma rotelline della macchina statale.
Se non ci si affranca dalla illusione che riformisti illuminati possano dispensare bene e giustizia sociale mai potrà affermarsi la nostra indipendenza e la nostra lotta tarderà a riprendere slancio. Con le lotte degli anni ’60 si conquistarono aumenti salariali tra i più alti in Europa. Questa è la strada da riprendere.
La mobilitazione contro le guerre e i risorgenti nazionalismi è parte integrante della lotta dei proletari che non può non avere un carattere internazionale perché il sistema di oppressione è il sistema capitalistico mondiale.

La Legge di Bilancio che il governo sta varando continua a stornare risorse a favore delle politiche di guerra e gettare nella disperazione un numero crescente di soggetti deboli. Sarà solo un lapsus freudiano, ma per la prima volta il finanziamento della Sanità Pubblica viene definita (art.41) “concorrente”, badate bene, non centrale rispetto al privato.

Da tempo è in atto il progetto di creare una busta paga costruita sulle prestazioni individuali e abbattere ogni residuo automatismo egualitario. Infatti al posto della scala mobile, strumento imposto con le lotte per contrastare l’inflazione, vengono potenziate le prestazioni aggiuntive che si conseguono aumentando le ore di fatica: un tentativo individuale che sostituisce la vera lotta che per essere vincente deve essere collettiva.
Il tutto viene presentato come un tentativo di arginare la fuga verso il privato. Si potenziano i gettoni di presenza ma il privato batte la concorrenza con prezzi che arrivano a 150 € all’ora per i medici. L’emorragia dei dipendenti pubblici verso il privato viene coperta da un pianto ipocrita e tardivo. La sanità pubblica depotenziata è come un piano inclinato che favorisce la concorrenza dei soggetti privati. Sull’altare delle politiche di bilancio di lor signori si continua a sacrificare la sanità pubblica. Al de-finanziamento del SSN hanno concorso tutti i governi. Proprio tutti!

Nel far finta di correre ai ripari in realtà si continuano a favorire i privati chiamati “in soccorso” della sanità pubblica non più in grado di garantire livelli decenti di assistenza (LEA) e di abbattere le liste d’attesa. Un soccorso pagato profumatamente: l’articolo 46 incrementata l’acquisto di servizi dai privati ed il limite di spesa è elevato di un 1 punto percentuale per l’anno 2024, di 3 punti percentuali per l’anno 2025.

Questa Legge di Bilancio è chiaramente costruita a favore delle classi abbienti. Solo la lotta è il correttivo!

6 novembre,

SI Cobas Sanità e Funzione Pubblica

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