L’aria che tira sui giornali. Meloni e la guerra alle toghe: anatomia di una retromarcia

9 months ago 53

Solo pochi giorni fa la guerra era apparsa all’ultimo sangue come se, tra governo e toghe, non fosse più possibile né dialogo né intesa su come far funzionare il complesso apparato della giustizia. E invece ecco qui che all’improvviso il clima pare cambiare come se non convenisse più né agli uni né agli altri, dopo le prime sparate, tenere ancora il dito sul grilletto e il colpo in canna.
E – lasciatelo dire a chi segue queste vicende da decine d’anni ed era già “sul pezzo” ancora prima di Tangentopoli – non c’è proprio nulla di strano che ciò sia alla fine accaduto.

Primo, perché Giorgia Meloni è persona troppo esperta e avveduta per non sapere che uno scontro a tutto campo contro la più granitica – e granitica è dire poco – istituzione dello Stato  le avrebbe  procurato soltanto inenarrabili guai e, secondo, perché , andando avanti così, avrebbe corso il rischio di andare a sbattere contro Mattarella, un Capo dello Stato che, a differenza di alcuni dei suoi predecessori, sa tenere la barra dritta, cioè quella che impone l’equilibrio tra i poteri  che, ciascuno per la sua parte, sono il fondamento del nostro Stato repubblicano. Il che non vuol dire che anche Mattarella – e ne ha dato prova in più occasioni con interventi che hanno lasciato il segno – non avverta   le “smagliature” e, a volte, anche l’arbitrario uso che la magistratura fa del suo potere, ma ciò non autorizza la politica a fare riforme che non abbiano il suo consenso.
Questo per dire che è più che legittimo che il governo e poi anche il Parlamento possano legiferare per migliorarne l’impianto e le strutture ma deve essere fatto con una trattativa che coinvolga anche chi, in base a quanto stabilito dalla Costituzione, detiene un potere che è e deve continuare ad essere del tutto autonomo. E quindi nulla da obiettare che un governo decida, come propone il  ministro Nordio, di modificarne gli apparati arrivando persino alla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri già praticata in molti altri paesi, ma tutto va fatto in modo che non vada  “scalfita” l’indipendenza  e l’autonomia della magistratura. E toccherà al Capo dello Stato tutelarla in ogni modo. 

Così tornando ai giornali di oggi, pure ingolfati dai mirabolanti casi del figlio del presidente del Senato e del ministro Santanchè, ecco che la guerra alle toghe  “sfuma” e si stempera oltre ogni dire con la Meloni che ha ben altro da fare  ed esponenti sia di Forza Italia che della Lega  che non mostrano di avere intenzione di seguire né la premier né Nordio in quella che fino a ieri – oggi non più – pareva una vera e propria guerra alle toghe. 

Tanto che il Corriere della Sera dedica titoli e pagine al caldo “da bollino rosso” che sta imperversando  in Italia e che, nel 2022, “provocò ben 18 mila morti”  e che oggi si annuncia, sottolinea La Stampa, come “la strage del clima”. E la guerra da bollino rosso contro le toghe? L’aria che tira anche sui giornali di destra è che, per il momento, può aspettare. Sarà la Meloni a decidere sul da farsi dopo che gli uffici del Quirinale avranno dato il loro parere sulla riforma Nordio e la ventilata separazione delle carriere, una riforma che, se venisse portata avanti, potrebbe rendere “torrido” il clima per tutto l’anno.

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