La chef è di colore, cliente abbandona il ristorante: lettera aperta del gestore

9 months ago 37

Il caso della settimana è accaduto ad Agrigento, nel ristorante Ginger people&food gestito da una cooperativa sociale di Carmelo Roccaro e che vanta in cucina una chef pluristellata, Mareme Cissé, campionessa mondiale di Cous Cous, promessa della cucina globale e orgoglio della Sicilia (fino ad ora, almeno), trasferitasi dal Senegal in Italia per ricongiungersi al marito.

 lettera aperta del gestore

La chef è di colore, cliente abbandona il ristorante: lettera aperta del gestore

Una coppia di turisti ha quindi coscientemente deciso di entrare (sia pur apparentemente a sua insaputa) in un ristorante con una cuoca pluripremiata, intrattenersi con la cameriera, chiedere se anche la cuoca fosse di colore (anche se sembra dalla lettera, non proprio con accenti concilianti…) e andarsene via.

La chef è di colore, cliente abbandona il ristorante: lettera aperta del gestore

Resta ovviamente tutto lo sconcerto del gestore, affidato ad una lettera aperta pubblicata sui social all’improbabile coppia di turisti, descritti come un uomo brizzolato e una “donna nostrana” con una “rasata” alla Sinead Connor.

Una storia forse di altri tempi, forse di questi tempi, sicuramente echeggiante pagine della storia dove la segregazione tra “bianchi e neri” era merce richiesta più di un piatto premiatissimo di Cous Cous

Sei entrata di fretta, con il tuo compagno, capelli brizzolati, tagliati cortissimi “alla Sinéad”, donna nostrana sulla sessantina circa. Sei stata accolta con il sorriso dalla nostra Karima, addetta di sala, giovane ragazza di seconda generazione, grande lavoratrice, che ti ha fatto accomodare dove volevi tu.

Dopo qualche minuto ti ho visto alzare da tavola, disturbata, e dirigerti verso l’uscita. Ti sono venuto incontro per capire cosa stesse succedendo ma non mi hai degnato di uno sguardo e, alquanto seccata, non hai neanche risposto al mio saluto e sei andata via, così.
Karima mi guardava con gli occhi sgranati e a bocca aperta dicendomi “Dopo avere visto il menù la signora mi ha chiesto se per caso la proprietaria del ristorante fosse una signora neg…di colore. E alla mia conferma si è alzata dicendo che non voleva più cenare qui…”.

Io sono uscito e ti ho seguito mentre risalivi in macchina e andavi via, evitando di guardarmi, mentre costringevi il tuo compagno ad una improbabile inversione ad “U”.

Continua inoltre il gestore in una lunga lettera che vi consigliamo di leggere, in cui l’azione della donna viene descritta come quantomeno sincera

Il “povero nero” è bravo e fa bene alla coscienza attraverso le opere di carità “inclusive e antirazziste” dell’uomo bianco italico fin quando fa il lavapiatti o si occupa delle pulizie, cioè rimane al suo posto e non aspira a migliorare la sua condizione sociale. Ma se il nero, grazie al genio che la Natura, per fortuna, dispensa a caso e senza distinzione di sesso o di colore della pelle, diventa uno chef, un capo, diventa più bravo di me o di mio figlio, allora questo non va più bene. Diventa, appunto, troppo.

Chiude con amarezza Roccaro, soggiungendo che “non stiamo riuscendo a cambiare il lato nero dell’anima di quelli come te ma forse stiamo facendo emergere quello, più subdolo e profondo, dell’anima di quegli altri”.

Il razzismo non è solo violenza e discriminazione urlata. È anche decidere che va benissimo entrare in un ristorante per “farsi servire dal nero”, ma scoprire che il nero è uno chef pluripremiato anche no: diventa uno scandalo da cui fuggire.

Perché quando il “nero” porta premi e onori alla città, diventa Italiano. Quando “osa” uscire dal ruolo di “Mami” di Via col Vento e cameriera, smette di servire ai tavoli e si pone in una posizione in cui, per merito e abilità, potrebbe anche dare ordini ad un bianco, meglio andar via.

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