La diga di Ridracoli non c’entra con gli allagamenti in Emilia-Romagna

10 months ago 65

di Andrea Zitelli

Il 22 maggio 2023 la redazione di Facta.news ha ricevuto una segnalazione su WhatsApp che chiedeva di verificare un video pubblicato su Facebook. Nel filmato compaiono la foto di una diga e due scritte: «Dalla diga di Ridracoli» e «Ascolta tutto!». 

Avviando il filmato, si sente la voce di un uomo (che non dice il proprio nome) che afferma di vivere in Emilia-Romagna e sostiene che quanto successo durante le alluvioni del 16 e 17 maggio 2023 avrebbe «poco a che fare con le piogge» perché «tutto sommato ha piovuto forte una notte. Io ho visto molto peggio qui e non è mai successo niente». L’audio dura 4 minuti e 40 secondi.

Secondo chi parla, gli allagamenti sarebbero stati invece «provocati» e avanza una teoria alternativa. L’uomo parla di un «invaso molto grande» che si trova a Ridracoli, una frazione del comune di Bagno di Romagna (in provincia di Forlì-Cesena). In base a quanto si ascolta, questo bacino sarebbe stato chiuso «più o meno da novembre, accumulando una quantità enorme di acqua fino ad arrivare all’orlo». Per questo motivo, con l’arrivo delle forti piogge del 15 e 17 maggio, visto che non c’era più spazio nel bacino, «hanno dovuto spalancare le paratie facendo fuoriuscire una valanga di acqua che ci hanno letteralmente rovesciato addosso. Sappiatelo». 

L’affermazione secondo cui gli allagamenti in Emilia-Romagna sarebbero stati provocati dall’acqua fatta uscire dalla diga di Ridracoli si basa su un teoria del tutto infondata. Vediamo perché.

In Emilia-Romagna si è verificato un “evento estremo”

Innanzitutto, il video in questione è stato originariamente pubblicato il 21 maggio 2023 su TikTok da un account che ha condiviso anche altri contenuti di disinformazione sull’alluvione dei giorni scorsi in Emilia-Romagna.

Chiarito questo aspetto, passiamo a quanto sostenuto nell’audio diffuso sui social network analizzando l’entità del fenomeno meteorologico che si è abbattuto in Emilia Romagna.

All’inizio della scorsa settimana la regione Emilia-Romagna ha emesso per martedì 16 e mercoledì 17 maggio un’allerta meteo rossa. Secondo la classificazione della Protezione civile, l’allerta meteo rossa avverte i cittadini del pericolo di possibili allagamenti, frane e rotture degli argini dei fiumi.

Tra il 15 e il 17 maggio, come ricostruito dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), si è verificato «un evento pluviometrico» che ha scaricato ingenti quantità di pioggia in Emilia-Romagna, «causando numerose frane ed esondazioni in diverse località nel tratto appenninico tra Bologna e Cesena». L’analisi del Dipartimento di Protezione civile ha evidenziato che il 17 maggio si sono verificati picchi di pioggia fino a 200 millimetri. Il Cnr ha spiegato che l’indice di rarità degli eventi pluviometrici, elaborato dal Cnr-Irpi (cioè l’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica) sulla base dei dati di pioggia degli ultimi vent’anni, ha posto l’evento verificatosi in Emilia-Romagna «tra quelli classificabili come “eventi estremi”». Si può quindi smentire l’affermazione secondo cui le piogge sarebbero tutto sommato “normali”, come sostenuto nell’audio.

Questo evento estremo, si legge ancora, si è verificato dopo «quello registrato appena due settimane fa nella stessa area dell’Emilia Romagna, già responsabile di fenomeni di franamento diffuso nelle aree collinari e montane e di estese esondazioni e rotture d’argine lungo i principali fiumi dell’area». In questi territori, spiega il Cnr, caratterizzati da un’elevata predisposizione al dissesto per via della loro conformazione geologica e geomorfologica, «le piogge delle scorse settimane hanno lasciato il suolo in condizioni di saturazione già molto elevata». Una condizione sfavorevole sulla quale si sono poi aggiunte le nuove piogge estremamente intense e diffuse che hanno favorito le frane. 

Intervistato dal Corriere della Sera, Carlo Cacciamani, direttore di ItaliaMeteo, l’agenzia nazionale per la meteorologia e la climatologia, ha spiegato infatti che dal «1° maggio sono caduti in questa regione più di 400 millimetri di pioggia, circa la metà di quanto piove nelle aree pianeggianti dell’Emilia-Romagna in un anno. Come ampiezza potrebbe essere il primo evento nella storia di questa regione», ribadendo che la particolarità di questo evento «è stato l’uno-due, ovvero due fenomeni molto intensi a distanza di pochi giorni e non di mesi».

Non è dunque vero che quanto accaduto in Emilia-Romagna ha poco a che fare con le piogge, come sostenuto erroneamente nel post oggetto di analisi. 

La teoria infondata sulla diga di Ridracoli

La diga di Ridracoli esiste davvero ed è una delle più grandi dell’Italia settentrionale. È stata costruita tra il 1975 e il 1982 nel punto in cui il fiume Bidente di Ridracoli incontra il Rio Celluzze, a dieci chilometri dal paese di Santa Sofia. Come si legge sul sito ufficiale dell’opera, la diga è stata realizzata per fornire acqua potabile ai comuni della Romagna, in quanto il territorio «necessitava – per via del suo progresso economico, turistico e sociale – di una maggiore quantità di risorse idriche». Il sito ufficiale spiega anche che l’acqua che rifornisce l’acquedotto viene prelevata dal bacino di Ridracoli mediante due imbocchi dislocati a quote differenti. Questi due imbocchi convergono poi in un pozzo collegato con la galleria di derivazione che conduce l’acqua prima verso la centrale idroelettrica e poi verso il potabilizzatore posizionato più a valle. L’impianto, tramite uno specifico trattamento, rende l’acqua potabile.

Questa però non è l’unica funzione della diga. Come ha affermato in più occasioni Tonino Bernabé, presidente di Romagna Acque, società che gestisce l’opera, l’infrastruttura serve anche per la laminazione in caso di piene: «La diga protegge la vallata: riempiendosi riesce a laminare le piene anche quando ci sono eventi di tipo alluvionale». La laminazione è un processo con cui si depotenzia una piena.

Quando la diga si riempie, avviene la cosiddetta tracimazione. Questo evento si verifica quando le acque del bacino artificiale raggiungono e superano il livello di sfioro della diga, cioè 557 metri sul livello del mare. Come si può vedere in questo video che documenta una recente tracimazione, l’acqua, passando attraverso 8 aperture rettangolari sulla diga, cade per 103 metri di altezza nel sottostante bacino di smorzamento, che consente di attenuare l’impatto dell’acque in caduta e di rendere meno impetuosa l’immissione dell’acqua nel fiume Bidente, senza creare inondazioni.

In base al trend storico dei dati ufficiali di Romagna Acque, l’acqua in genere si accumula nella diga in autunno e in inverno e poi viene rilasciata in maniera controllata durante l’estate con varie finalità benefiche per il territorio. Nel 2022 la siccità non aveva permesso questo fenomeno. Nel 2023, invece, si sono verificate, per la prima volta in cinquant’anni, quattro tracimazioni: la prima, per via delle piogge e della neve di quei giorni, il 4 marzo. La seconda, sempre per via dell’eccezionale ondata di maltempo sul territorio, si è poi svolta un mese esatto dopo, il 4 maggio 2023. La terza tracimazione si è verificata tra il 10 maggio e il 12 maggio, dopo il ritorno delle perturbazioni. La quarta infine è accaduta nel pomeriggio del 16 maggio per via dell’intensa perturbazione della giornata. Questi eventi non risultano avere alcun collegamento con gli allagamenti di cinque giorni dopo.

Come abbiamo visto in precedenza, l’Emilia-Romagna per il 16 e il 17 maggio aveva emesso  un’allerta rossa relativa alle condizioni meteo. Per questo motivo chi gestisce la diga ha effettuato un’altra operazione: lo sversamento di una parte dell’acqua contenuta nel bacino artificiale tramite lo scarico di mezzofondo della diga. Bernabè aveva spiegato il motivo di questa decisione: «In questo modo la diga potrà raccogliere l’acqua piovana che si accumulerà in queste ore e la piena del fiume sarà trattenuta a monte». Il presidente di Romagne Acque aveva inoltre dichiarato pubblicamente che la decisione era stata presa «di concerto con il presidente della Provincia di Forlì Cesena Enzo Lattuca e con l’assessore Regionale all’ambiente Irene Priolo».

L’operazione in questione è iniziata nella tarda serata di lunedì 15 maggio e si è conclusa alle prime ore di martedì 16 maggio, rilasciando una piccola parte dell’acqua che può contenere, ovvero 700 mila metri cubi di acqua a fronte di una capienza pari a trentatré milioni di metri cubi. Durante questa operazione il livello del bacino si è abbassato di appena 60 centimetri. Non è quindi possibile che tale quantità di acqua rilasciata in maniera controllata abbia prodotto gli allagamenti e i danni degli scorsi giorni. Basti pensare che, invece, secondo i dati ufficiali del Dipartimento della Protezione civile, durante l’evento estremo che si è abbattuto nell’area del territorio più colpito dell’Emilia-Romagna (800 chilometri di territorio) sono caduti 350 milioni di metri cubi di acqua. Circa cinquecento volte più di quanto rilasciato dalla diga.

Non risulta dunque vero che le paratie della diga siano state aperte scaricando a valle una valanga di acqua e provocando le alluvioni degli scorsi giorni, come sostenuto erroneamente nel post oggetto di analisi. 

Questa notizia infondata è stata smentita inoltre da diverse autorità locali. Daniele Valbonesi, sindaco di Santa Sofia, tra i comuni colpiti dalle alluvioni e situato lungo la valle dove scorre il fiume Bidente (che poi successivamente prende il nome “Ronco”), il 17 maggio 2023 ha smentito le voci incontrollate al riguardo. Lo stesso giorno anche Bernabé, presidente di Romagne Acque, ha detto: «Abbiamo iniziato a regolare prima dell’emergenza, coordinando con la Protezione Civile e la Regione Emilia-Romagna, i rilasci di acqua dalla diga, tant’è che prima che arrivassero le prime precipitazioni arrivate intorno alla mezzanotte abbiamo rilasciato dalle 17.30 di lunedì pomeriggio 16 metri cubi d’acqua per secondo. La diga già tracimava e questo non ha generato alcun effetto, come sempre del resto. Complessivamente sono stati quindi rilasciati circa 600-700mila metri cubi d’acqua. Ma non sono questi ad aver generato la piena del fiume Ronco, poiché pioveva anche a valle, come si è visto anche negli altri territori senza l’invaso». Il presidente di Romagne Acque ha annunciato inoltre che verrà denunciato alla Polizia postale chi ha diffuso simili notizie infondate. 

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