La disinformazione in giacca e cravatta

1 month ago 50

Oggi nessuna bufala, ma solo personali considerazioni su due eventi che si sono svolti nei giorni scorsi, eventi che nel circolo dei razionali che segue BUTAC hanno avuto qualche visibilità – non credo, però, quella che i protagonisti avrebbero desiderato.

Vediamo di capirci partendo dall’evento che tutti, se volete, potete rivedere in streaming sul canale dell’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza, la “lezione magistrale” di Marco Travaglio dal titolo:

Come funziona la propaganda di guerra

L’evento si è svolto il 4 giugno e ha visto anche la partecipazione della Rai. Ripeto, per chi avesse letto di fretta: quanto segue sono le personali opinioni di un blogger, non un articolo di fact-checking; se cercate le bufale cliccate qui.

Voglio limitare il mio giudizio sull’intervento di Travaglio alla frase con cui, al minuto 20 del suo intervento, dice:

Non dimentichiamo che la NATO ha fatto almeno quattro guerre negli ultimi 30 anni, non ne ha dichiarata nemmeno una, non l’ha mai chiamate guerre. Abbiamo bombardato nel 1999 per 78 giorni consecutivi Belgrado e la Serbia. che era il principale alleato della Russia in Europa. Non l’abbiamo chiamata guerra, naturalmente l’abbiamo chiamata ingerenza umanitaria…

Poi snocciola altri esempi di interventi NATO che non vengono definiti guerre, per concludere il discorso spiegandoci che:

Ma quella volta la guerra non l’abbiamo chiamata, nemmeno quella volta guerra ci mancherebbe. L’abbiamo chiamata sostegno alle primavere arabe, eh, buttando fuori il migliore alleato dei russi in Nord Africa. Questo abbiamo fatto prima di indignarci perché Putin nel 2022 imitandoci ha fatto la stessa identica cosa, anche se su scala molto più ridotta per numero di morti civili.

Paragonare le guerre NATO – che sono arrivate con risoluzioni ONU, o dopo attacchi come l’11 settembre – all’invasione russa dell’Ucraina significa ignorare contesto, modalità e diritto internazionale. La “scala minore” dell’aggressione russa non ne cambia la natura. Allo stesso modo tutta la lunga critica (citando addirittura il Papa) dell’espansione a est dei Paesi NATO non tiene conto delle volontà autonome dei Paesi ex-sovietici di aderire alla NATO proprio per timore della Russia. Travaglio omette completamente questa informazione, dando a intendere che i Paesi che sono entrati a far parte della NATO l’abbiano fatto solo e unicamente su pressioni della NATO stessa, ma non è così, ometterlo o negarlo è disinformazione faziosa. Disinformazione che però il Fatto Quotidiano porta avanti da tempo, sposando al 100% la narrazione russa. Ma allora perché invitare proprio il suo direttore a parlare di propaganda di guerra agli studenti? Non era più sensato invitare esperti di geopolitica che non avessero già dimostrato faziosità sul tema? Che servizio fa l’università ai propri studenti con questo evento? Travaglio, nel suo intervento di poco più di un’ora, costruisce una narrazione affascinante, come solo un giornalista di lungo corso sa fare, narrazione che fa sicuramente presa su chi è contrario alla guerra (tanti), peccato che sia una narrazione che si fonda sulla malinformazione, ovvero un perfetto mix di cherry picking e omissioni.

L’unica nota positiva è il prof. Andrea Gilli – che guarda caso si occupa proprio di Studi Strategici per l’Università di St. Andrews – e che apre con questa frase il suo intervento:

…devo ammettere più che una lezione magistrale sulla disinformazione, ho ascoltato una magistrale disinformazione…

Io ho sputato un polmone a sentirlo. Bravo Gilli! Meno bravi gli organizzatori della “lezione magistrale”, perché se si vuole formare i ragazzi occorre dare loro cibo per le loro menti, non invitare un giornalista che negli ultimi tre anni ha sposato una specifica narrazione che difende con le unghie e con i denti; non è così che si insegna ai ragazzi cosa sia la propaganda di guerra, e di propaganda di pace, se ve lo ricordate, abbiamo parlato non molto tempo fa, evidenziando come a spingerla per oltre quarant’anni ci fosse proprio la Russia.


Passiamo all’altro evento, del giorno dopo cioè il 5 giugno, quando proprio a Bologna nell’ambito dell’evento We Make Future c’è stato un altro superospite, Davide Casaleggio della Casaleggio Associati (quella, di TzeTze per capirci) a parlare in un panel dal titolo:

Fake News: l’AI sarà nemica o alleata?

Sul palco, inizialmente, dovevano esserci oltre a Casaleggio anche Alan Friedman, David Puente, Alessandro Orlowski e Giorgio Taverniti, da quanto mi è stato riferito da amici che hanno assistito erano però presenti solo Casaleggio, Friedman e Taverniti, e per fortuna che c’era Friedman. Perché dico per fortuna? Perché gli amici che mi hanno fatto un sunto del panel mi hanno raccontato che proprio Friedman ha attaccato frontalmente Casaleggio per la tanta disinformazione fatta negli anni. Ma ripeto, non c’ero, non posso citarvi frasi e affermazioni specifiche. Quello però che posso fare è appunto ricordare a tutti che la Casaleggio Associati è quella che si è inventata TzeTze e la comunicazione del Movimento 5 Stelle, modi di fare (dis)informazione che hanno anticipato quella che fu poi la Bestia di Salvini, sdoganando di fatto clickbait e bufale. Senza quel tipo di comunicazione la Bestia a mio avviso avrebbe fatto molta più fatica a fare presa su un pubblico ancora non preparato a quel genere di comunicazione.

Le mie considerazioni

Se siete arrivati fin qui vi starete chiedendo: e quindi? Perché hai scelto di parlarne su BUTAC? La risposta è semplice, ritengo che questi due eventi, a nemmeno di 24 ore di distanza l’uno dall’altro, siano lo specchio di come funziona la disinformazione nel nostro Paese: abbiamo un giornalista carismatico che usa abilmente omissioni e retorica per riscrivere la storia recente a uso e consumo dei suoi lettori, e un imprenditore digitale il cui passato editoriale dovrebbe farlo scomparire da qualsiasi panel serio sulla disinformazione, mentre invece viene invitato come ospite di riguardo.

Qualcuno magari dirà che i due inviti magari erano proprio trappole per i due soggetti, visto che a fargli da contrappeso c’erano Gilli e Friedman, ma non ritengo sia così. Siamo un Paese con un tasso d’analfabetismo funzionale preoccupante, quanti sono in grado di rendersi conto chi stia disinformando (o ha disinformato in passato) e chi invece stia cercando di fare corretta informazione?

Concludendo

Una cosa ritengo sia importantissima da sottolineare: la disinformazione, quella pericolosa, non è (solo) quella urlata dei Mario Giordano, quella ancora più pericolosa si veste in giacca e cravatta e viene invitata nelle aule universitarie, o sale su un palco e viene applaudita da un pubblico ignaro, o viene addirittura spacciata sui libri di testo delle scuole, come ha dimostrato l’ottimo Massimiliano di Pasquale col suo paper presentato pochi giorni fa all’Istituto Germani.

maicolengel at butac punto it

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