La disinformazione sfrutta il Ramadan per rilanciare la minaccia dell’invasione islamica

1 month ago 28

di Anna Toniolo

Tra l’11 e il 12 marzo ha preso il via il mese del Ramadan per circa due miliardi di persone nel mondo che si identificano come musulmane. Si tratta del nono mese dell’anno nel calendario islamico, nel quale si digiuna dall’alba al tramonto.  

In questi giorni si è molto sentito parlare del mese del Ramadan in particolare perché è iniziato senza un cessate il fuoco tra Israele e Hamas su Gaza. Per diversi giorni si è provato a raggiungere una tregua, con il coinvolgimento degli Stati Uniti, dell’Egitto e del Qatar, anche per consentire lo svolgimento del mese più sacro del calendario islamico ai fedeli nella Striscia di Gaza. Ma questo tentativo si è concluso con un nulla di fatto. Le posizioni delle due parti sono ancora troppo distanti, con Hamas che chiede un cessate il fuoco prolungato, un rilascio di prigionieri in cambio della liberazione graduale di ostaggi israeliani e il ritiro delle forze israeliane da tutta la Striscia di Gaza per consentire ai profughi di ritornarvi. Israele, invece, ha come obiettivo principale quello di far liberare tutti gli ostaggi, civili e militari, e decapitare la leadership di Hamas a Gaza, distruggendo tutte le sue infrastrutture militari belliche. Ma stiamo parlando di un mese sacro iniziato anche con una crisi umanitaria e un digiuno forzato causato, più che dal Ramadan, da una carestia «imminente», come l’ha definita la direttrice del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, Cindy McCain, aggiungendo che sarà evitata solo se le attività umanitarie aumenteranno esponenzialmente.

Da qualche anno, però, si sente parlare del Ramadan perché anche in Italia e in Europa ci sono persone e comunità che decidono di digiunare e festeggiare questo evento. Come spesso accade, tuttavia, sul tema circola anche molta confusione e disinformazione, che spesso contribuisce ad alimentare discorsi islamofobi e razzisti, legati soprattutto alla retorica di una presunta “invasione islamica”. Ed è proprio per evitare questo tipo di narrazioni che è importante fare chiarezza e capire di cosa parliamo.  

Cos’è il Ramadan
Il digiuno è uno dei cinque pilastri dell’Islam, cioè le pratiche fondamentali della religione che costituiscono la base della vita musulmana, insieme alla professione di fede, l’elemosina, il pellegrinaggio e la preghiera. La pratica del digiuno avviene nel mese del Ramadan, che è ritenuto il mese in cui il Corano fu rivelato al Profeta Muhammad.

Durante questo mese i musulmani praticanti di tutto il mondo si uniscono in un rituale comune di digiuno dall’alba al tramonto, che rappresenta il periodo di maggiore culto, carità e buone azioni. Durante il periodo del Ramadan chi osserva il digiuno è tenuto anche a evitare cattive azioni come fumare o condividere pettegolezzi. A livello sociale rappresenta un’occasione di incontro e condivisione, infatti, spesso famiglie e amici si riuniscono per condividere insieme il pasto che rompe il digiuno, il cosiddetto Iftar

L’astenersi dal mangiare e dal bere è considerato un atto di culto che aiuta a raggiungere una pietà consapevole e una sottomissione a Dio. Tra i benefici citati dagli aderenti, si evidenziano la pratica dell’autocontrollo, la coltivazione della gratitudine, l’avvicinamento spirituale a Dio e un accresciuto senso di attenzione verso i bisogni dei poveri e degli affamati. Inoltre, nel corso di questo periodo, i credenti dedicano notevole tempo alla preghiera e alla riflessione religiosa, impegnandosi in una maggiore lettura del Corano, il testo sacro dell’Islam.

Non tutti i musulmani sono obbligati al digiuno, esistono, infatti, varie eccezioni. Ad esempio, coloro che non possono farlo a causa di malattie o viaggi possono recuperare i giorni di digiuno persi successivamente alla fine del Ramadan. Ma anche persone anziane e fragili, donne incinte o durante l’allattamento, persone che mestruano o che stanno vivendo un sanguinamento post parto. Sono esenti dal digiuno anche i bambini. 

Ma quindi, quando inizia?
Il Ramadan dura 29 o 30 giorni e il periodo in cui cade varia ogni anno. Questo succede perché questo mese si calcola in base al calendario lunare, che è di circa 10 o 11 giorni più corto rispetto al calendario gregoriano comunemente usato. Il giorno preciso dell’inizio del mese più sacro dell’Islam, però, dipende da quando le autorità islamiche locali dichiarano l’avvistamento della luna nuova. Per celebrare gli eventi religiosi, infatti, i Paesi a maggioranza musulmana usano il tradizionale calendario Hijri. Ogni mese di quel calendario inizia con l’avvistamento della prima falce di luna e il digiuno comincia all’inizio del nono mese di questo particolare calendario.  

Nel 2024, alcuni funzionari in Arabia Saudita hanno visto la luna crescente la sera del 10 marzo, annunciando l’inizio del mese sacro per il giorno successivo. In seguito a questa dichiarazione molte nazioni del Golfo, così come l’Iraq, la Siria e l’Egitto, hanno confermato che anche loro avrebbero iniziato a digiunare il lunedì. Tuttavia, alcuni Paesi come Indonesia, Brunei, Malesia e Singapore, ma anche Oman e Giordania, hanno invece annunciato che il Ramadan sarebbe iniziato il martedì, in quanto non avevano visto la luna crescente. 

Non è solo la data di inizio del Ramadan a variare da luogo a luogo. L’esatto periodo di tempo in cui le persone digiunano dall’alba al tramonto, infatti, dipende da quale anno è e da dove vivono rispetto all’Equatore. La latitudine, infatti, è importante perché determina i tempi dell’alba e del tramonto del luogo in cui ci si trova. Ad esempio, i musulmani che vivono vicino all’Equatore, dove la durata della giornata cambia meno da stagione a stagione, possono aspettarsi un programma di digiuno relativamente coerente ogni anno. Per coloro che vivono alle latitudini estreme settentrionali o meridionali del mondo, invece, c’è molta più variazione. In alcune parti della Scandinavia i musulmani osservano il digiuno in base all’ora della Mecca, la città più sacra nell’Islam, poiché se non lo facessero digiunerebbero per gran parte della giornata, o per poche ore, in base a quando cade la festività in un dato anno. 

La paura dell’invasione
Il Ramadan, però, non è solo un mese di preghiera, digiuno e festa, ma ogni anno diventa la scusa perfetta per alcune persone in Occidente per lanciare l’allarme di una presunta invasione dell’Europa e dell’Italia da parte delle persone di fede musulmana. Il fatto, ad esempio, che alcune città in Europa abbiano decorato varie vie con le luminarie dedicate al Ramadan, sarebbe la prova di questo pericolo. 

Per chiarire questo punto, pericoloso in quanto alla base di discriminazioni e razzismo, è importante capire di quali numeri stiamo parlando. Definire con precisione l’appartenenza religiosa delle persone è complicato, considerando le differenze tra credenti e praticanti e il livello di intimità di questa sfera. I dati su questo tema sono dunque difficili da elaborare e soggetti a variazioni a seconda delle fonti utilizzate.

Prima di tutto è bene precisare che l’Italia è un Paese laico, e questo significa che nel campo della propria attività rivendica un’assoluta indipendenza e autonomia di scelte nei confronti della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose. Nonostante questo principio non sia contenuto in un preciso articolo della Costituzione, è stato ricavato dalla Corte Costituzionale dagli articoli 2, 3, 7, 8, 19 e 20. Si tratta di un principio supremo, che garantisce la non indifferenza dello Stato nei confronti delle religioni, ma la salvaguardia della libertà di culto, in un regime di pluralismo confessionale e culturale. 

Un’indagine di Doxa, un istituto specializzato in sondaggi d’opinione, ricerche di mercato e analisi statistiche, per l’Unione degli Atei e degli agnostici razionalisti (Uaar) condotta nel 2019, ha mostrato che i credenti in Italia sarebbero l’82 per cento della popolazione, di cui il 66,7 per cento cattolici. Non è stato possibile reperire dati ufficiali sulla percentuale di cittadini italiani di religione musulmana, ma stando al dato fornito da Doxa, è possibile affermare che sicuramente sono una minoranza rispetto ai fedeli cristiani cattolici. 

Esistono, invece, alcuni dati che indicano l’appartenenza religiosa degli stranieri residenti in Italia e che smentiscono la retorica su una presunta invasione di fedeli musulmani nel nostro Paese.  

Secondo il “Dossier statistico immigrazione” 2023 elaborato dal centro studi e ricerche Idos, alla fine del 2022 in Italia il numero di stranieri residenti in Italia, immigrati o nati nel Paese, era circa di 5 milioni, cioè l’8,6 per cento della popolazione, dettaglio confermato anche da Istat e che nell’ultimo quinquennio si è stabilizzato, senza mostrare particolari aumenti o cali. Questo dato ridimensiona la retorica dell’invasione e, come spiegato su un sito web del governo italiano, è il risultato di dinamiche interne legate ai trasferimenti da e per l’estero, alle nascite, ai decessi, nonché alle acquisizioni della cittadinanza italiana, sempre più spesso a seguito di lungo-residenza e relative a minori. 

Sempre come riportato dal dossier elaborato da Idos, la maggior parte degli stranieri che si trovano in Italia sono cristiani (48,2 per cento). Le persone musulmane, invece, occupano il secondo posto della classifica e rappresentano il 34,2 per cento sul totale degli stranieri in Italia. 

 A livello europeo, poi, secondo i dati forniti da Eurostat, nel 2021 sono arrivate nei Paesi dell’Unione Europea da Paesi extra europei 2,3 milioni di persone. Il totale della popolazione dell’Unione Europea è di circa 448 milioni di persone. In numeri assoluti, i Paesi di destinazione più popolari per gli immigrati extra-UE nel 2021 sono stati la Germania e la Spagna, davanti all’Italia e alla Francia.

Uno studio del Centro di ricerca su migrazione, integrazione e asilo dell’Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati della Germania, ha rilevato che nel Paese, nel 2019, vivevano tra i 5,3 e i 5,6 milioni di musulmani che avevano un background migratorio da un Paese di origine prevalentemente musulmano. Nello stesso anno la popolazione tedesca contava 83,1 milioni di abitanti. Ciò significa che la quota di musulmani con background migratorio rispetto alla popolazione totale era compresa tra il 6,4 per cento e il 6,7 per cento. Non è stato, invece, possibile determinare il numero di musulmani senza background migratorio, principalmente di persone convertite all’Islam, a causa del loro numero ridotto rispetto alla popolazione totale. Anche in Germania la percentuale di fedeli musulmani rispetto al totale della popolazione demolisce la retorica dell’invasione. 

Per quanto riguarda la Spagna, invece, uno studio intitolato “Studio demografico della popolazione musulmana”, condotto dall’Observatorio Andalusí dell’unione delle comunità islamiche di Spagna e pubblicato nel 2023, ha rilevato che nel Paese ci sono circa 2,4 milioni di musulmani, su una popolazione totale di circa 48,5 milioni. Questo significa che i musulmani rappresentano circa il 5 per cento della popolazione totale degli abitanti, cittadini spagnoli e stranieri. Lo studio ha precisato anche che il 45 per cento dei musulmani sono cittadini spagnoli, mentre il 55 per cento è parte della popolazione immigrata residente. 

Infine in Francia, analizzando i dati che riguardano il biennio 2019-2020, l’Istituto nazionale di statistica e degli studi economici (Insee) ha spiegato che il 51 per cento della popolazione tra i 18 e i 59 anni della Francia dichiara di non avere una religione. Nonostante questo, però, il cattolicesimo resta la religione principale nel Paese, con il 29 per cento della popolazione che si dichiara fedele a questo ramo del cristianesimo. I fedeli musulmani, invece, rappresentano il 10 per cento della popolazione considerata dall’Istituto. 

Una serie di numeri e percentuali, quindi, che tolgono le fondamenta alla base della retorica discriminatoria secondo cui i fedeli musulmani starebbero «invadendo» l’Italia e alcuni Paesi dell’Europa. Osservare il digiuno durante il mese del Ramadan non attenta alle basi culturali dei Paesi europei, ma la disinformazione e la confusione che circolano sull’argomento alimentano, invece, sentimenti di odio e razzismo e retoriche che possono avere conseguenze, anche tragiche, per le persone che li subiscono. 

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