La Marina Militare smantella le sue navi in un sito turco inquinato e privo di valutazione di impatto ambientale

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Mentre si vanta della sua attenzione al rispetto dell’ambiente e alla valorizzazione del mare, la Marina Militare italiana smantella le sue navi storiche  in uno dei cantieri noti per la mancanza di conformità con la normativa UE. È quanto denunciano Greenpeace e la ONG Shipbreaking Platform, proprio mentre si sta ultimando la consegna di sette unità navali della Difesa italiana al cantiere turco Ege Çelik di Aliağa.

Come mostra un rapporto di Shipbreaking Platform, i cantieri di riciclaggio di Aliağa sono esentati dall’obbligo di valutazione di impatto ambientale e presentano alti livelli di inquinamento dell’aria, del suolo e dell’acqua, oltre a gravi irregolarità nella gestione dell’amianto e in materia di salute e sicurezza dei lavoratori. Oltre all’amianto, le sostanze tossiche rilevate sono arsenico, piombo e altri metalli pesanti, idrocarburi poliaromatici, ossido di tributile e dieldrina. Secondo il rapporto, i rifiuti solidi e liquidi derivati dal petrolio, provenienti dalla sentina delle navi, dall’acqua, dalla zavorra e dai fanghi, contribuiscono all’inquinamento costiero. Le alte concentrazioni di piombo nel suolo dei cantieri sono invece attribuibili alle vernici per navi. L’indagine ha inoltre svelato che l’inquinamento atmosferico da particolato e metalli pesanti è più intenso nella regione dove avviene la demolizione e riciclo delle navi.

«Aliağa è lo stesso sito in cui rischiava di finire smantellata la Costa Concordia. Per ovvi motivi di immagine e reputazione, la Concordia fu poi smantellata a Genova. È evidente che per la Marina Militare questa reputazione conta poco», dichiara Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia. «Oltre che un contributo a un disastro ambientale noto da decenni, questa è anche un’occasione persa per creare occupazione nel nostro Paese con una filiera del decommissioning alimentata da commesse pubbliche e sostenuta da una normativa più efficace».

Quattro unità della Marina italiana (gli ex pattugliatori Bersagliere e Artigliere, e le ex fregate Maestrale e Scirocco) sono arrivate al cantiere di Aliağa il mese scorso, altre tre (gli ex sommergibili Da Vinci, Marconi e Di Cossato) sono partite da La Spezia la sera del 9 aprile con la stessa destinazione. Lo smantellamento di queste unità è un’impresa complessa, con sfide significative come la potenziale ruggine e il deterioramento, che aumentano il rischio di accumulo di gas pericolosi in spazi ristretti. È probabile che siano presenti materiali pericolosi quali carburante, PCB, nonché un’elevata quantità di amianto in spazi confinati. Dati i gravi problemi ambientali riscontrati nel settore del riciclaggio navale in Turchia, il trattamento di queste unità ad Aliağa suscita molte preoccupazioni.

Un altro rapporto, condotto dalla Facoltà di Agraria dell’Università Ege, in Turchia, ha rilevato che la biosfera di Aliağa e delle immediate vicinanze è in uno stato di estremo disastro e che le capacità di carico del bacino sono state superate. L’inquinamento da arsenico e piombo, in particolare, avrebbe raggiunto cumulativamente livelli pericolosi per la salute umana e per l’ambiente, mentre le attività industriali in corso nella regione, compreso il settore del riciclaggio delle navi, sarebbero insostenibili in termini di effetti sul suolo e sulle piante.

Il cantiere Ege Çelik, che ha vinto il bando da 1,7 milioni di euro dell’Agenzia Industrie Difesa, è nell’elenco dei siti approvati dall’Unione Europea, ma la sua la conformità non è stata pienamente confermata nel rapporto di ispezione della Commissione Europea di dicembre 2023. Tra i principali problemi del cantiere, il rapporto cita l’insufficiente controllo delle perdite e di altri effetti negativi sull’ambiente durante lo smantellamento delle piattaforme petrolifere e gli importi molto bassi delle fatture emesse per la rimozione dell’amianto che fanno dubitare che l’amianto a bordo delle navi venga rimosso in modo sicuro. Sono state riscontrate anche la mancanza di azioni preventive e l’irregolare manutenzione dei dispositivi di sicurezza.

«Considerata la preoccupante situazione ambientale ad Aliağa, in Turchia, è imperativo che il proprietario dei rifiuti, la Marina Militare italiana, conduca la due diligence  riguardo alla destinazione finale delle proprie navi», dice Ekin Sakin, Policy Officer di Shipbreaking Platform e autrice del report Ship Recycling in Turkey: Challenges and Future Direction. «È fondamentale garantire che lo smantellamento e i successivi processi di gestione dei rifiuti non abbiano un impatto negativo sull’ambiente e sulle persone».

Scarica le foto delle 4 unità navali della Marina Militare Italiana spiaggiate al cantiere Ege Çelik di Aliağa.

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