Le pubblicità fuffa

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Il 17 maggio 2025 sul Corriere della Sera è apparso un articolo che ci ha incuriosito molto, dal titolo:

Facebook e Instagram hanno un problema: «Il 70% dei nuovi inserzionisti promuove delle truffe»

Voi penserete che un titolo così ci abbia fatto felici: finalmente anche sui giornaloni in giacca e cravatta si parla di queste truffe che noi fact-checker denunciamo da anni!

Ma, come sempre, abbiamo qualcosa da eccepire.

L’articolo parte da un’inchiesta del Wall Street Journal che cita un documento interno di Meta del 2022. Onestamente il problema va decisamente più indietro del 2022, ma può essere che fino a quell’anno non si arrivasse ancora a queste percentuali altissime di fuffa diffusa grazie a post sponsorizzati.

Riporto dal Corriere:

La nuova inchiesta del Wall Street Journal non usa mezzi termini per definire Meta sempre più «un pilastro dell’economia delle frodi su Internet». Il numero è spaventoso. Secondo documenti interni alla compagnia, che il quotidiano statunitense è riuscito a consultare, è emerso che nel 2022 «il 70% dei nuovi inserzionisti attivi sulla piattaforma promuoveva truffe, beni illeciti o prodotti di scarsa qualità».

Questa è una citazione di un nostro articolo del 2023:

Facebook ha delle regole per i post sponsorizzati, alcune ancora in vigore, altre no, ma sono regole che, usando sistemi di controllo automatici, limita(va)no ad esempio i post con immagini che avessero più del 20% di testo, per evitare che non solo nel testo, ma anche nell’immagine venissero dette cose sbagliate (e che il bot non fosse in grado di verificarle). Qualcuno ci verrà a dire che programmare questo genere di bot è complesso, può essere, ma allora serve che al controllo dei post sponsorizzati si torni a mettere esseri umani, o magari delle IA.

riteniamo che l’amministrazione del colosso dei social network debba prendersi la responsabilità di dare spazio a truffatori impenitenti, perché se il truffatore è difficile da rintracciare l’amministrazione della piattaforma social no, ed è giusto che – visto che ci guadagnano – ne rispondano in prima persona.

Sempre nel 2023:

Ad oggi Meta e Facebook non mi hanno sorpreso per velocità e impegno nel contrastare la fuffa, anzi, come detto in precedenza, sembra quasi che a loro questo modus operandi vada benissimo. Sarebbe bello che le autorità cominciassero a prenderli in considerazione come complici (involontari ma perfettamente consci) in queste truffe.

Nel 2024:

Sarebbe importante che Meta implementasse controlli per evitare questo genere di post sponsorizzati, ma questo non succederà finché i tribunali dei Paesi in cui questo genere di annunci creano danni non cominceranno a mettere sul banco degli imputati non solo gli anonimi truffatori, ma lo stesso Meta, che a causa degli scarsi controlli che opera sugli annunci online permette la diffusione su larga scala di url potenzialmente pericolose.

Tutti articoli scritti ben prima che Zuckerberg salisse sul carro di Donald Trump, a dimostrazione che a noi Facebook e Meta stavano sulle scatole ben da prima del loro vendersi al più recente vincitore.

Ma non è di questo che vogliamo parlare oggi, bensì della coerenza del Corriere, che accusa (giustamente) Facebook e Instagram di pubblicare post truffaldini, ma ben si guarda dall’affrontare il problema delle pubblicità sul proprio sito. Problema che noi di BUTAC abbiamo rilevato qualche anno fa.

Ad esempio nel 2022 parlavamo di come, grazie a contenuti sponsorizzati pubblicati proprio dal Corriere, un’azienda di integratori riuscisse a dare a intendere ai propri potenziali acquirenti che i benefici dati dal proprio prodotto fossero stati esaltati da testate nazionali. Peccato che appunto si trattasse di articoli pubblicitari, e non vere valutazioni del prodotto.

O vogliamo parlare delle mille pubblicità che testate come appunto il Corriere pubblicavano già nel 2019? Pubblicità che avevamo trattato in un editoriale del 2019, pubblicità occultate tra articoli veri così che il lettore ci cliccasse sopra “per sbaglio”. Pratica tutt’ora in voga, guardate ad esempio i post che mi sono apparsi oggi sotto a un articolo del CdS:

  • Dermatologo ammette: questo ingrediente presente in cucina può…
  • Il consiglio del chirurgo: “Inizia a farlo ogni mattina per una pelle più giovane”

Due classici clickbait dello stesso gruppo, che se cliccati ci rimandano a pagine come questa:

Il chirurgo estetico rivela un nuovo “lifting casalingo” per ringiovanire la pelle avvizzita su braccia, gambe e collo in 20 secondi al giorno.

O ancor peggio questa:

Il dottore svela: Un parassita antico causa grave costipazione – questo rituale di 12 secondi svuota l’intero colon in tempi record!

Fuffa, fatta per promuovere trattamenti che non hanno alcuna reale efficacia, spesso integratori alimentari venduti a 100 volte il loro valore. O ancora, guardate qui:

I due centrali sono link ad articoli del Corriere, le altre quattro sono pubblicità; quelle della Volkswagen e di Kaspersky sono normali annunci, ma quella per le green card è una fregatura con base in Bulgaria, che ci invita a pagare 39 dollari per chiedere una green card per gli Stati Uniti tramite un sito che ha sede in un centro commerciale di Burgas:

Quello per i condizionatori portatili è un clickbait che ci rimanda a una pagina generica con altri link che rimandano ad altre pagine, che sembrano di siti diversi ma fanno tutte capo alla stessa azienda torinese: nulla di illegale, ma tanto fumo negli occhi. Ah, dimenticavo, nessuno dei link rimanda a condizionatori portatili, quelli che ho visto seguendo ogni link sono tutti classici split (ma sono sicuro che venderanno anche i portatili, basta trovarli).

Quindi, ci fa un grandissimo piacere che finalmente anche le testate nazionali si accorgano di quanto è diventato pericoloso navigare sui social network a causa del numero di truffe presenti sulle suddette piattaforme, ma sarebbe bello che facessero anche un po’ di mea culpa interno

Quello che possiamo dire, nel caso del Corriere, è che rispetto a sei anni fa la situazione è nettamente migliorata, ma lo stesso non possiamo dire per altre testate nazionali.

maicolengel at butac punto it

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