Milano non è Delhi, ma l’inquinamento atmosferico resta un problema irrisolto

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di Antonio Scalari

Lo scorso 13 febbraio l’Agenzia spaziale europea (ESA) ha pubblicato un’immagine dell’Italia centro-settentrionale scattata il 29 gennaio da Sentinel-3, uno dei satelliti sviluppati nell’ambito del programma europeo di osservazione della Terra Copernicus. Ciò che si vedeva nell’immagine era eloquente: la pianura padana era ricoperta da una coltre di nebbia e smog. «La pianura padana è rinomata per i suoi paesaggi pittoreschi e la ricca storia agricola», scriveva l’ESA, «tuttavia, la regione è anche alle prese con una sfida ambientale persistente: l’inquinamento atmosferico». Quanto questa sfida non sia ancora vinta lo si può evincere da un’altra immagine condivisa dall’agenzia, un’animazione che mostra le misurazioni orarie del PM10, il particolato di diametro inferiore a 10 micrometri (millesimi di millimetro), per ogni giorno del mese di gennaio. L’aria, insalubre, che chi abita in questa pianura ha respirato per un intero mese.

This animation shows hourly measurements of Particulate Matter 10 micrometres or less in diameter (PM10) across the Po Valley from 1 January to 31 January 2024. The data was obtained from @CopernicusECMWF reanalysis modelled data.

PM10 plays a pivotal role in the air quality… pic.twitter.com/zQgYWDkm3s

— ESA Earth Observation (@ESA_EO) February 13, 2024

La pianura padana sconta una condanna: l’orografia. Quarantasette mila chilometri quadrati, stretti da due catene montuose, le Alpi e gli Appennini, che formano una sorta di catino completamente chiuso a ovest e aperto solo a est, verso il mare Adriatico. È la conformazione ideale per accogliere l’aria stagnante, soprattutto nei mesi invernali, durante periodi di alta pressione persistente e scarsa ventilazione. In queste condizioni il terreno rilascia rapidamente il calore accumulato durante il giorno, la temperatura dell’aria si abbassa e un cuscino d’aria fredda rimane immobile vicino al suolo, così che in pianura finisce per fare più freddo che in quota. È il fenomeno dell’inversione termica, che intensifica la concentrazione degli inquinanti atmosferici, specialmente in una pianura ad alta densità abitativa e iper-antropizzata.

Il particolato atmosferico, un’insidia per la salute
L’inquinante più problematico, in questo periodo, è soprattutto il particolato, rappresentato dalle due frazioni del PM10 e del PM2.5 (particelle con diametro generalmente inferiore a 2.5
micrometri). Il particolato non è una sostanza chimicamente omogenea, ma è una miscela di particelle solide e liquide, un aerosol che assorbe diversi altri inquinanti, come idrocarburi e metalli pesanti. Le sue sorgenti sono diverse, ma oggi quelle predominanti sono il riscaldamento domestico e il traffico. Le combustioni, come quelle che avvengono nelle stufe a legna e a pellet e nei motori a scoppio, e la degradazione di materiali, come l’usura degli pneumatici sulle strade, sono alcuni dei processi che diffondono particolato nell’aria. Anche le attività agricole e zootecniche producono particolato, sebbene il loro contributo sia rilevante in particolare per le emissioni di metano e ammoniaca.

Le dimensioni microscopiche del particolato atmosferico sono ciò che rendono questo materiale insidioso e la sua diffusione preoccupante. Il PM2.5 è abbastanza piccolo da riuscire a penetrare nel sistema respiratorio. Negli ultimi anni diversi studi hanno indagato i possibili effetti cancerogeni dell’esposizione a lungo termine di particolato atmosferico, anche nei non fumatori. Uno di questi, pubblicato nel 2013 su The Lancet Oncology, utilizzando i dati di un progetto europeo, lo European Study of Cohorts for Air Pollution Effects (Escape), relativi a più di 300 mila persone, ha trovato una correlazione significativa tra PM2.5 e PM10 e adenocarcinoma polmonare. Una qualità dell’aria scadente è anche un fattore di rischio per alcune malattie respiratorie e cardiovascolari. Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) nel 2020 ci sono state 238 mila morti premature attribuibili al PM2.5 e 49.000 al biossido di azoto (NO2), un gas prodotto dai motori a combustione, soprattutto i diesel. Una quota significativa di questi decessi è avvenuta in Italia (52.300 e 11.200).

Chiari e scuri della lotta all’inquinamento atmosferico
La buona notizia è che negli ultimi decenni la qualità dell’aria è notevolmente migliorata. Questa tendenza si registra anche in Pianura Padana. L’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) della Lombardia scrive che il 2023, dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico, si può considerare «complessivamente l’anno migliore da quando si è avviata la misura della qualità dell’aria». L’ente, tuttavia, precisa che «non è facile distinguere l’impatto della specificità meteorologica dell’anno rispetto al contributo dovuto alla riduzione delle emissioni». Probabilmente, aggiunge, «hanno influito entrambi i fattori». 

Il quadro rimane fatto di chiari e di scuri. Nel 2023 tutte le province lombarde sono rimaste entro i limiti medi annuali di PM10 e PM2.5 che, secondo le norme attuali, sono rispettivamente di 40 e 25 μg/m3 (microgrammi/metrocubo). Ma c’è un altro parametro che la concentrazione di PM10 deve rispettare, quello della concentrazione giornaliera di 50 µg/m3 che non deve essere superata più di 35 giorni all’anno. In diverse province lombarde, Milano compresa (49 giorni), questo limite è stato varcato anche nel 2023. Il dato peggiore si registra nella provincia di Mantova: 62 giorni. Il 19 febbraio 2024 diverse stazioni fisse della rete di Arpa Lombardia indicavano valori di PM10 superiori a 100 µg/m3 e di PM2.5 superiori ai 50.

La discussione su nuovi, più stringenti, limiti
Se oggi possiamo affermare che la qualità dell’aria è migliorata è perché confrontiamo i dati dei diversi inquinanti con i limiti imposti dalle leggi vigenti. Da tempo, tuttavia, si discute se se sia opportuno rivederli. Un invito a procedere in questa direzione è arrivato anche dagli esperti di sanità pubblica. Nell’ottobre del 2022 la Commissione europea, nel quadro delle politiche previste nel Green Deal, ha proposto di abbassare i limiti di diversi inquinanti. I limiti medi annuali del PM10 del PM2.5, secondo la Commissione, dovrebbero scendere da 40 e 25 a 20 e 10. 

Nel settembre del 2023 il Parlamento europeo ha approvato una legge che indica limiti ancora più bassi di quelli proposti dalla Commissione e che dovrebbero entrare in vigore nel 2035. Fissati questi valori, l’obiettivo sarebbe quello di raggiungerli progressivamente, fino ad arrivare a un livello di inquinamento atmosferico di fatto zero nel 2050. Le soglie indicate dal Parlamento europeo dovrebbero avvicinarsi a quelle raccomandate nelle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) pubblicate nel 2021. Secondo l’OMS, il limite medio annuale del PM10 dovrebbe scendere a 15 µg/m3 e quello del PM2.5 a 5. Proprio in questi giorni il Parlamento europeo e gli Stati membri stanno cercando di trovare un accordo. Si tratta di valori decisamente più stringenti di quelli rispetto ai quali, ad oggi, apprezziamo i progressi della riduzione dell’inquinamento atmosferico e che indicano che la strada per migliorare la qualità dell’aria che respiriamo ogni giorno è ancora piuttosto lunga.

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