Planned Parenthood non ha venduto organi provenienti da un aborto

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Il 28 novembre 2023 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via WhatsApp che chiedeva di verificare un messaggio in cui vengono riportate alcune presunte affermazioni che la «dr.ssa Debora Nucatola», identificata come «Direttore dei servizi medici PLANNED PARENTHOOD», avrebbe fatto mentre veniva ripresa a parlare «con un agente sotto copertura su come procurarsi parti del corpo di un bambino abortito da vendere». Secondo questo testo, nel dialogo registrato la donna avrebbe spiegato a un presunto acquirente come comprare organi umani intatti. 

La Planned Parenthood è un’organizzazione statunitense impegnata nel garantire l’accesso alle cure di tutte le persone e nel fornire una corretta informazione per prendere decisioni sul proprio corpo, come la scelta di interrompere una gravidanza. Un post simile è stato pubblicato su Facebook.

Si tratta di un contenuto fuorviante, che veicola una notizia infondata.

Innanzitutto, lo scambio di battute citato nel post oggetto di analisi è parte di un video della durata di oltre 2 ore e mezzo registrato di nascosto e pubblicato il 14 luglio 2015 su YouTube da The Center for Medical Progress, un’organizzazione antiabortista statunitense fondata nel 2013. Nel filmato si vede la dottoressa Deborah Nucatola – l’allora direttrice senior dei servizi medici di Planned Parenthood – che parla a pranzo in un ristorante della California con due attivisti dell’organizzazione antiabortista che, sotto falso nome, si spacciano per potenziali acquirenti a nome di un’azienda di prodotti biologici umani. Durante il dialogo si discute delle varie parti del corpo richieste e dei modi per rimuoverle durante un aborto senza danneggiarle. 

Il Center for Medical Progress aveva diffuso il video online, definendolo un lavoro giornalistico sotto copertura, per accusare Planned Parenthood di infrangere la legge, vendendo organi «di aborti con nascita parziale». 

A queste accuse Eric Ferrero della Planned Parenthood aveva immediatamente ribattuto che si trattava di falsità, sostenendo che il video pubblicato online fosse stato «pesantemente modificato» e registrato segretamente. Ferrero aveva anche spiegato che, nel settore sanitario, «i pazienti a volte vogliono donare tessuti alla ricerca scientifica che può contribuire a portare a scoperte mediche, come trattamenti e cure per malattie gravi», aggiungendo che questo capitava anche con le donne che si rivolgono a Planned Parenthood per l’interruzione volontaria di gravidanza. Infatti, continuava Eric Ferrero, «in molti dei nostri centri sanitari aiutiamo i pazienti che desiderano donare tessuti per la ricerca scientifica, e lo facciamo proprio come fa ogni altro operatore sanitario di alta qualità: con il pieno e appropriato consenso dei pazienti e nel rispetto dei più alti standard etici e legali. Non vi è alcun vantaggio finanziario per la donazione di tessuti né per il paziente né per Planned Parenthood». 

Come aveva spiegato la National Public Radio (NPR) all’epoca, la legge federale statunitense vieta la vendita a fini commerciali di tessuto fetale umano, mentre è consentita la donazione se la donna che abortisce acconsente. 

Per quanto riguarda il video in questione, un’analisi del sito di fact-checking statunitense Snopes di luglio 2015 era giunta alla conclusione che il dialogo mostrato nel filmato tra Nucatola e i due attivisti antiaborto con false identità non conteneva prove che la Planned Parenthood stesse vendendo organi di un bambino abortito. Inoltre, come si legge in un articolo pubblicato il 27 agosto 2015 dal New York Times, secondo un’indagine commissionata dalla stessa Planned Parenthood il filmato diffuso da The Center for Medical Progress era stata alterato.

La vicenda era poi finita nelle aule di giustizia. A gennaio 2016 un gran giurì della contea di Harris, in Texas, aveva scagionato Planned Parenthood dall’accusa di aver venduto illegalmente tessuto fetale e al contempo aveva incriminato David Daleiden e Sandra Merritt, membri del gruppo antiabortista coinvolti nella realizzazione delle registrazioni fatte con telecamere nascoste, per diversi reati. Sei mesi dopo, a luglio, queste accuse erano state archiviate

L’anno successivo, tuttavia, i due attivisti antiabortisti erano stati accusati nuovamente dai pubblici ministeri della California di diversi reati contro la privacy e di frode. A novembre del 2019 erano stati riconosciuti colpevoli di aver causato danni sostanziali a Planned Parenthood e una giuria federale aveva stabilito un risarcimento danni di oltre 2 milioni di dollari. Nel 2020 un tribunale di San Francisco aveva condannato il gruppo antiabortista a pagare alla Planned Parenthood ulteriori 13,5 milioni di dollari per le spese legali sostenute. 

Nel 2022 David Daleiden e Sandra Merritt avevano perso l’appello presentato contro la decisione dei giudici. Il collegio della Corte d’Appello degli Stati Uniti aveva infatti respinto all’unanimità l’idea, avanzata dagli attivisti antiabortisti, secondo cui gli attivisti quando fingevano di essere altre persone con la Planned Parenthood stavano agendo come giornalisti investigativi sotto copertura e quindi protetti dal 1° emendamento della Costituzione statunitense, che garantisce la libertà di stampa. 

Infine, il 2 ottobre 2023 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha respinto il ricorso presentato dal Center for Medical Progress, confermando quindi la sentenza a favore della Planned Parenthood.

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