Rai, lunedì Cda al cardiopalma

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Aria di grandi manovre a viale Mazzini dove tutte le antenne sono puntate sul consiglio di amministrazione di lunedì alle ore 9. L’ appuntamento è da segnare in calendario perché è previsto il voto sul budget 2023 che l’ad Carlo Fuortes ha già presentato al consiglio di giovedì scorso e che potrebbe non passare aprendo scenari di grandi cambiamenti.

La presentazione del budget è’ sempre un passaggio delicato in una azienda, ma nella situazione attuale della Rai potrebbe diventare il cavallo di Troia per far passare la sfiducia politica all’amministratore delegato che come è noto fa parte di una altra stagione politica. Il primo segnale di malumore è partito proprio dall’area del centro destra: il leghista Igor De Blasio ha dichiarato di votare contro il budget, mentre la più tentennate Simona Agnes, in quota Forza Italia, potrebbe decidere per l’astensione. Si profila l’astensione anche da parte di Riccardo Laganà – fatto che non sorprende dato che il consigliere dei dipendenti è stato spesso critico sulle scelte di questa gestione e si è astenuto anche sul budget dell’anno scorso, e di astensione si parla anche per l’avvocato penta stellato Alessandro Di Majo che nell’ultimo periodo ha marcato in Cda una certa insofferenza nei confronti delle scelte di Fuortes. Tutto da capire cosa farà Francesca Bria, Pd, che potrebbe invece assicurare il sì più per logica di schieramento che non per intima convinzione, visto che spesso e volentieri si è trovata a condividere l’atteggiamento critico di Laganà.

E’ certo il si di Marinella Soldi, la presidente che finora ha sempre giocato tutte le partite in tandem con l’amministratore delegato, fedele allo stile anglosassone.

Ma se si arrivasse alla bocciatura del budget con un no e tre astensioni (l’astensione equivale al no) cosa potrebbe succedere? L’idea è che la sfiducia sul budget diventi lo strumento politico per costringere Fuortes alle dimissioni e sostituirlo.

Un fatto che fa pensar male è che originariamente il voto sul budget era stato fissato subito dopo Sanremo, a metà febbraio, poi invece sono stati i consiglieri a fare pressioni per anticiparlo. Nei giorni scorsi Fuortes è stato convocato dal ministro del Mef Giancarlo Giorgetti per illustrare il budget. Dell’incontro si ha la versione rassicurante raccontata da Fuortes ai consiglieri, ma nessun segnale dal ministero. Il punto è che i conti Rai sono strutturalmente in difficoltà e da questa situazione se ne può uscire o con audaci scelte di tipo industriale o cercando di ottenere dal governo l’extragettito del canone che Renzi tolse alla Rai e che solo il governo gli può restituire. Ma non è questa l’aria. Il governo Meloni infatti sulla Rai non sembra per niente intenzionato ad affrontare temi rilevanti come ad esempio il nuovo contratto di servizio slittato al 30 settembre (doveva essere pronto a marzo), così come è stato fermato il progetto di cessione di Rai Way, approvato dal governo Draghi, con i cui profitti milionari, Fuortes sperava di avere un po’ di ossigeno finanziario.

Si arriva così al lavoro di moral suasion sul Cda per non far passare un budget che a detta di FdI non risolve i problemi della azienda (e aumenta l’indebitamemto), e che se bocciato può servire a mettere in difficoltà l’amministratore delegato e costringerlo alle dimissioni.

A viale Mazzini ci si comporta come l’uscita di Fuortes fosse già cosa fatta e si chiacchiera sulla possibile successione: si scommette su un dirigente interno che potrebbe prendere la guida dell’azienda fino a luglio 2024, quando scade il mandato di Fuortes. I nomi? nell’arena scendono i soliti nomi, kkMarcello Ciannamea direttore della Distribuzione, Nicola Claudio direttore della Segreteria del Cda e Roberto Sergio capo della Radio. Sono tutti dirigenti di prima linea e capaci, ma Sergio sembrerebbe in pole position, forte di relazioni consolidate con ambienti di FdI, e avendo dato una ottima prova alla radiofonia. Sergio ceo potrebbe lavorare in coppia con l’ex consigliere di amministrazione meloniano, Giampaolo Rossi, che tornerebbe in pista a viale Mazzini da direttore generale, incarico che Giorgia Meloni, alcune settimane fa aveva promosso parlando con Fuortes che però le aveva risposto no.

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