[COMUNICATO] Rinnovo contratti nazionali: piattaforma di lotta per il rinnovo Ccnl Logistica

3 months ago 362

PIATTAFORMA DI LOTTA PER IL RINNOVO DEL CCNL
CON SCADENZA MARZO 2024
PREMESSA

Sono passati molti anni da quando le nostre OO.SS. hanno avviato un percorso di lotta che ha cambiato una parte significativa del mondo della logistica e del trasporto merci.

Un settore che sul piano globale è diventato fondamentale per la produzione e l’accumulazione del profitto, attraversato da profondi processi di ristrutturazione e innovazione sul piano tecnologico.

Per cogliere gli elementi di novità, nello specifico nei comparti del personale viaggiante e dei facchini, pensiamo sia necessario riuscire ad effettuare un salto di qualità sul piano rivendicativo.

La logistica, intesa come sistema di servizi finalizzati all’organizzazione delle linee
produttive, alla gestione delle scorte, dei magazzini e dei sistemi di distribuzione e
assistenza post-vendita dei prodotti, assume attualmente un valore complessivo di centinaia di miliardi di euro, garantendo ritorni fino al 50% degli investimenti nel medio-breve termine, e strutturando le linee produttive secondo schemi che rispondono a criteri di efficienza ed efficacia.

Il futuro di questo sistema di servizi è dominato da operatori che si muovono su più fronti: presenza mondiale, reti di distribuzione locale e un quantitativo di magazzini enorme.

È un mondo dominato da giganti, ma dove c’è spazio anche per operatori più piccoli che riescono a mettere in campo flessibilità, velocità, competizione, capacità di integrazione con il cliente e soprattutto compressione del costo del lavoro.

In altre parole, i margini di profitto derivano dalla capacità dell’impresa di prolungare la giornata lavorativa in ragione delle necessità operative, corrispondenti a una sempre maggiore produttività.

Le nuove sfide su scala mondiale, non molto diverse dal 2019, restano i rifornimenti di fonti energetiche a partire dai rigassificatori; il commercio di armi, e di derrate alimentari.

Ma ciò che oggi sta modificando il mondo del trasporto delle merci è frutto della ridefinizione dei rapporti di forza su un terreno globale: terreno inaridito ulteriormente con il verificarsi della pandemia e le guerre, generatrici di maggiori e nuovi flussi migratori, con la crescita economica della Cina e dell’India, e con l’indebolimento del dollaro, strumento per eccellenza negli scambi commerciali.

In questo senso, quello che sta accadendo in Ucraina rappresenta un punto focale attorno al quale si stanno ridefinendo tali rapporti.

Lo sviluppo della logistica e del trasporto merci

Secondo i dati Eurostat, nel 2021 il settore trasporti in Italia contava 1 milione e 147 mila addetti e di cui 902 mila solo nel trasporto merci.

Più precisamente, 380 mila impiegati al trasporto su strada, 365 mila alla logistica in generale, in attività di magazzinaggio e servizi ausiliari, 142 mila addetti alle poste e alle attività di corrieri, e 10 mila impiegati nel trasporto per vie d’acqua e aeree.

I dati indicano anche che i lavoratori dipendenti erano l’83% nel trasporto su strada (con lo sviluppo del fenomeno dei padroncini), e il 95% nella logistica.

Dal 2013 al 2022, i livelli occupazionali sono cresciuti di circa il 12% (da 1.022 a 1.148 mila, con una ripresa dopo la flessione nel 2020 per la crisi Covid).

Il settore risulta più concentrato dell’insieme delle attività di mercato, con il 57,5% degli addetti in aziende oltre i 50 dipendenti (contro il 38% nell’insieme dell’economia), e con il 37% in aziende oltre i 250 dipendenti (25%).

Nelle piccole imprese sotto i 10 dipendenti, lavorava meno di uno su cinque, contro il 43% dell’insieme dell’economia.

Questa maggiore concentrazione è elemento favorevole all’organizzazione della lotta dei lavoratori.

Misurata in quantità fisiche, tra gli anni 2005 e 2016, l’attività del settore, appare aver subito un crollo drastico con il quasi dimezzamento delle quantità di merci trasportate (da 212 a 112 milioni di tonnellate-km), per poi ricrescere, nel 2022, del 35% (con 151 milioni di tonnellate-km).

I motivi del calo possono essere ricercati nello sviluppo della logistica, che nel tempo ha razionalizzato i percorsi delle merci in favore di aziende specializzate alle
ditte di trasporto in proprio.

Attraverso l’indicatore del milione di chilometri per veicolo, metro di misura più vicino alla quantità di ore di lavoro per gli autisti, affermiamo che l’attività sia scesa da 13,9 nel 2005 a 7,5 nel 2016, per poi risalire a 9,2 nel 2022.

Ma occorre tenere conto che questa rilevazione è fatta sulle imprese con sede in Italia, per cui la caduta dell’attività può aver risentito della maggiore penetrazione delle imprese estere (Est Europa) con la parziale liberalizzazione del “cabotaggio”, e non di una reale contrazione dell’attività sul territorio italiano, dove il trasporto internazionale incide per almeno un quinto del totale.

Infatti, il valore aggiunto in termini reali, cioè al netto dell’aumento dei prezzi nel settore, fatto 100 il 2010, l’insieme dei trasporti è salito a 130 nel 2019, caduto a 104 nel 2020, per poi risalire a 134 nel 2022, avvicinandosi al massimo storico di 139 nel 2005.

Il margine operativo lordo (i profitti), caduto a 60 nel 2020, è risalito a 124 nel 2022 (fonte Eurostat).

Il 2022 è stato un anno di recupero dei margini del profitto (con l’aumento del +60%
rispetto all’anno precedente).

Ciononostante, l’aumento dei salari (e del costo del lavoro) ottenuto attraverso le lotte nella logistica condotte dai maggiori gruppi sindacali del settore, nell’ultimo decennio a questa parte, ha spinto verso un’accelerazione dei processi di ristrutturazione nelle filiere più importanti della logistica, dove la corsa agli investimenti nelle nuove tecnologie e nell’automazione del lavoro, da parte dei maggiori attori in campo, si è tradotta in un’ulteriore riduzione dell’incidenza del costo del lavoro in favore di un ulteriore modello di aumento dei margini di profitto.

Anche il PNRR prevede finanziamenti pubblici in questa direzione, per 6,6 miliardi di euro nel settore trasporto merci e logistica, anche se la parte più significativa riguarderà gli snodi portuali strategici (in primis Genova) e il trasporto navale.

Tutti investimenti che comporteranno un calo della disponibilità dei posti di lavoro a parità dei precedenti volumi di produzione.

Per sperimentare la prospettiva di un recupero dei salari reali, erosi anche dall’inflazione, l’unica risposta, a questi processi, è la riduzione dell’orario, a parità di salario.

Paradossalmente, anche le internalizzazioni in corso, spesso su spinta delle indagini
giudiziarie, vengono utilizzate per ridurre il costo del lavoro, non solo come quota del V.A., ma anche in assoluto, tagliando quanto ottenuto nella contrattazione di secondo livello con le aziende appaltanti.

È interesse dei lavoratori riportare queste conquiste sul tavolo della contrattazione nazionale, perché non vengano messe in discussioni da cambiamenti societari, e affinché siano estese a tutti i lavoratori del settore.

La logistica è un mondo assai variegato, possiamo affermare che non ne esiste una sola, ma tante quante sono le filiere produttive e distributive.

Quella dell’automotive è diversa da quella del fashion, del pharma o dell’agro-alimentare, al cui interno quella dei freschi si differenzia da quella dei secchi, delle bevande o dei prodotti alcolici.

Ad ogni tipologia di logistica corrispondono mercati diversi con le loro specificità, i loro bisogni e i loro standard qualitativi in termini di tempi di resa, costi, ecc.

Quando l’Osservatorio OSIL ha creato una mappa interattiva degli immobili logistici presenti sul territorio italiano, la mappatura inquadrava più di 3500 magazzini, per una superficie coperta di circa 40 mln mq.

Ne emerge che la localizzazione dei magazzini c/terzi risulta speculare a quella delle aziende che svolgono attività logistiche, con una forte concentrazione nelle regioni del Nord Italia, in particolare nell’area intorno a Milano e lungo l’asse della
A4 (Torino-Venezia, passando per Milano, Brescia, Verona, Padova) e Nord-Sud, in direzione di Piacenza e la Via Emilia.

I centri distributivi (Ce.Di.) della Grande Distribuzione tendono ad essere locati nelle immediate vicinanze delle aree di consumo, cioè in città, o in posizione baricentrica rispetto ad esse, in quanto nodi di partenza dei flussi di rifornimento dei punti di vendita delle diverse insegne commerciali.

Nel resto del Paese le aree di addensamento sono rappresentate dai principali centri urbani (es. Firenze e Roma), che in alcuni casi sono anche sedi portuali, come nel caso di Genova, Napoli, Ancona, Bari, Catania e Palermo.

Come processo di ristrutturazione su scala globale, è determinante la crescita esponenziale delle vendite on-line (e-commerce).

Questo processo sta cambiando le regole della movimentazione delle merci non solo a livello di scelte distributive, ma anche degli assetti di mercato.

Complice la crisi pandemica e la guerra Russo-Ucraina, certi processi già in
atto, si sono intensificati.

La rottura delle catene logistiche sta imponendo il superamento, o
quantomeno la revisione profonda, di quei modelli organizzativi comunemente applicati fino a pochi anni fa.

Le aziende leader del settore, in primis Amazon, sono concorrenti diretti non solo di quelle della distribuzione, dei negozi tradizionali piuttosto che della GDO, ma anche delle aziende del settore logistico, e sperimentano la cosiddetta economia delle piattaforme, nella quale una volta creata l’infrastruttura informatica e l’organizzazione logistica per la manipolazione fisica della merce, può essere messa a disposizione di aziende terze.

Sono ormai centinaia, ad esempio, le PMI manifatturiere italiane che vendono attraverso i servizi di Amazon.

Lo sviluppo dell’e-commerce impone alle aziende, soprattutto quelle della distribuzione, la riconfigurazione dei loro modelli di business per incontrare le nuove modalità di acquisto dei consumatori.

Ne consegue che il governo delle complesse interazioni, a livello nazionale e internazionale, tra i vari soggetti (aziende produttrici, distributrici, fornitori di servizi, consumatori variamente segmentabili) richiede competenze specifiche, know-how tecnologici di alto livello, mezzi finanziari adeguati.

Un insieme di fattori non sempre disponibili presso le PMI del settore T&L, che da una parte hanno attivato importanti processi di concentrazione, e dall’altra hanno favorito l’ingresso di portatori di nuovi modelli di business.

La spinta all’integrazione dei vari anelli della catena logistica ha avuto una forte accelerazione negli ultimi anni.

Attori globali come le shipping lines, (linee di navigazione), specializzate nel trasporto marittimo dei container sono scese a terra acquisendo pezzi importanti della supply chain, (catena di approvvigionamento), in un’ottica di servizio one-stop-shop (vendite a distanza di beni importati da paesi terzi).

Anche la finanza si è accorta dell’importanza della logistica e del suo ruolo strategico nel mondo globalizzato.

A livello internazionale, e in Italia, un numero crescente di operazioni di M&A (operazioni di acquisizioni e/o fusioni che modificano l’assetto di due o più aziende) nel settore T&L (analisi del valore delle aziende nella logistica e nel trasporto merci) è stato finanziato da enti quali i fondi di private equità (attività di investimento istituzionale di capitale di rischio in aziende caratterizzate da un elevato potenziale di sviluppo).

Un altro dato, è che il mercato dei corrieri è dominato da tempo da grandi multinazionali (DHL Express Italy, Fedex/Tnt Express Italy, BRT Corriere Espresso, UPS, GLS) che in termini aggregati contano oltre il 55% del fatturato nazionale nel settore dei servizi logistici, mentre il resto del fatturato è diviso da aziende e cooperative piccole o medio piccole.

Va sottolineato che, a seguito della liberalizzazione dei servizi di trasporto via terra a livello comunitario, l’Italia ha sperimentato una sempre più intensa concorrenza tra imprese per via delle imprese europee, arrivando a un ridimensionamento di quelle domestiche.

In questo contesto, non sono pochi quelli stimolati sempre di più ad adottare pratiche illegali, portando al dumping salariale e fiscale e alla violazione delle norme vigenti nell’ambito del cabotaggio stradale.

LINEE GUIDA DELLA PIATTAFORMA DI LOTTA

Abbiamo voluto aprire questo documento con alcuni elementi di analisi sulla evoluzione della logistica perché è fondamentale capire che le strategie capitalistiche in questo settore, e in tutti gli altri, ovviamente, parlano di costi e ricavi senza tener conto del fatto che sono operaie e operai ad avere il compito di svolgere tutte le operazioni.

Ed è su questo punto imprescindibile che ci accingiamo ad andare a definire una prima bozza di piattaforma, tenendo conto che anche i percorsi di lotta che si sono sviluppati, hanno appunto modificato profondamente le condizioni di lavoro, il trattamento salariale e le normative giuridiche presenti su questo versante.

Il presupposto della piattaforma è di individuare i principali obiettivi delle nostre lotte, sempre più legati a fattori determinanti di crisi generale quali l’aumento del costo della vita e che, favorendo l’introduzione anche di nuove tecnologie e
con una ulteriore razionalizzazione dei processi produttivi e distributivi, contrariamente a quanto proclamato, sfavoriscono le condizioni di qualità della vita per i lavoratori con l’aumentato in modo significativo della produttività sul lavoro.

Un altro aspetto importante al quale abbiamo assistito in questi ultimi due anni è stato quello dell’intervento delle Procure, che sebbene abbia fatto emergere ciò che da tempo abbiamo denunciato, come il sistema dei cambi appalto e delle “scatole cinesi”, ha continuato a mascherare le grandi truffe milionarie ai danni dello Stato, oltre che dei lavoratori.

E non solo: nonostante siamo riusciti a sollevare i più svariati casi di caporalato, con centinaia di lavoratori ridotti in schiavitù, continuiamo a pensare che il fenomeno sia molto più diffuso, nonché strettamente legato alla funzione dei flussi migratori in termini capitalistici.

L’arrivo di migliaia di nuovi richiedenti asilo, nonostante i tentativi di criminalizzazione sul piano politico e legislativo, garantisce l’inserimento nel mercato del lavoro di una nuova forza lavoro ultra ricattata e schiavizzata.

Il fenomeno non riguarda solo l’agricoltura, ma tutti i settori della produzione, tra cui il trasporto merci, la logistica, e la GDO.

Le linee del Governo sul piano dell’immigrazione si muovono su questo crinale: da un lato c’è il contrasto di facciata del fenomeno, sempre in crescita poiché dettato per lo più da gestioni imperialiste che riversano gli effetti delle guerre sui proletari, e da un altro lato c’è la gestione della richiesta nel mondo del lavoro per diversi gradi di inclusione, che partono dall’introduzione dall’afflusso di immigrati irregolari e altrettanto irregolarmente occupati, e finiscono con l’introduzione di quei rifugiati riconosciuti dallo Stato che, sebbene appaiano privilegiati rispetto ai sans papiers, accettano posizioni nel mercato del lavoro maggiormente precarie, proprio per il ricatto del rinnovo del permesso di soggiorno strettamente dipendente dal possesso di un contratto di lavoro.

I nuovi decreti flussi, prevedendo la possibilità di gestire le assunzioni dall’Italia dal proprio paese di origine, produrranno ulteriori corse di trafficanti e caporali verso le creazioni dei canali di ingresso, acuendo quella dipendenza di emigranti dal sistema del caporalato, che a tariffe elevate e in un rapporto di soggiogazione, fornisce la possibilità di percorrere la tratta, di essere inseriti nel mondo del lavoro e anche di ottenere una casa.

BASTA CON IL SISTEMA DELLE COOPERATIVE, TUTELE PER LE
INTERNALIZZAZIONI E PER I CAMBI D’APPALTO

Le rivendicazioni, gli scioperi e i conseguenti accordi realizzatisi in questi anni negli ambiti principali del settore dei Trasporti e della Logistica, hanno avuto un ruolo fondamentale e inequivocabile nella conquista, diretta e indiretta, di diritti e tutele per migliaia di lavoratori e lavoratrici impiegati nel sistema degli appalti e non solo.

Un sommovimento operaio, anche se ancora nel suo piccolo, è stato capace di mettere in discussione un intero sistema che, sin dal suo esordio, ha inteso la logica dell’esternalizzazione e dell’appalto quale mezzo privilegiato per perseguire non già una migliore organizzazione del lavoro, ma piuttosto l’abbattimento del suo costo attraverso la compressione dei diritti e delle tutele, con l’infiltrazione di capitali di provenienza illegittima e sulla base di un’elusione fiscale nonché talvolta legale.

Tuttavia, è ancora insufficiente e debole la modalità attraverso la quale molte delle recenti internalizzazioni si siano realizzate.

Grazie ad accordi ad hoc, sottoscritti dalle sigle confederali, evirando sia la tutela offerta dall’art 2112 c.c. sia la stessa clausola di salvaguardia prevista dal CCNL, non sempre si riescono a garantire elementi essenziali quali ad esempio la salvaguardia e la continuità del posto di lavoro con il mantenimento di tutti i diritti pregressi.

Tali accordi hanno spesso determinato che l’accettazione di particolari clausole, o ancora, la rinuncia ai diritti acquisiti negli anni, tra cui i diritti sindacali, fossero elementi discriminanti per le sottoscrizioni delle proposte di lavoro con le
aziende entranti e/o le committenze, garantendo a queste una ritrovata flessibilità/precarietà e un minor costo del lavoro.

Il tema delle tutele per le internalizzazioni, quale obiettivo da perseguire, è fondamentale e deve prevedere al suo interno il mantenimento delle garanzie e delle tutele dei diritti acquisiti, oltre che perseguirne l’ottenimento laddove non ve ne siano a beneficio dei lavoratori.

Inoltre, sull’aspetto dei cambi appalto, laddove gli appalti continueranno a sussistere, vanno tracciate le linee guida che garantiscano maggiori tutele rispetto a quelle delineate dalla clausola sociale di salvaguardia dell’art.42 del CCNL, clausola peraltro fortemente limitata dal non essere estesa al personale viaggiante.

Per affrontare nel concreto le problematiche che i frequenti cambi d’appalto comportano, bisogna delineare alcuni punti di partenza imprescindibili, tra cui:

– La ricerca di parametri finalizzata all’ottenimento di una maggiore stabilità degli
appalti
– Il superamento dell’attuale parcellizzazione degli appalti, caratteristica peculiare di alcune filiere, in particolare della distribuzione
– Unico fornitore per appalto
– L’applicazione della clausola sociale e delle responsabilità in solido al committente,
anche ai cambi d’appalto nel settore dei trasporti
– La cessazione degli appalti alla fine dell’anno fiscale
-La cessazione dell’appalto e l’internalizzazione dei lavoratori da intendersi secondo le previsioni dell’art.2112 c.c., e in subordine ex art 42 CCNL con esplicito
riferimento alla rappresentatività sindacale, oltre che alle condizioni economiche (ivi compresi gli accordi di secondo livello), contrattuali e normative
– La parità di condizioni tra lavoratori delle cooperative a quelli delle differenti forme aziendali
– La fine dell’utilizzo di contratti nazionali con trattamento economico inferiore e
minor tutele, come il Ccnl Multiservizi

DEMOCRAZIA SINDACALE

La triplice sindacale, assieme al Governo, sta cercando di blindare ancor di più la rappresentanza dei lavoratori a suo esclusivo appannaggio dei lavoratori.

La battaglia sul rinnovo del contratto ci dovrà portare ad avere un peso fondamentale nella stesura del CCNL, con il riconoscimento di tutti i pieni diritti sindacali.

AUMENTI SALARIALI

Come già accennato, l’inflazione degli ultimi due anni ha ulteriormente lacerato il rapporto tra salari e profitti.

Mentre in 6 anni, dal 2015 al maggio 2021, i prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati erano aumentati solo del 3,9% (cioè circa 0,65% per anno) dal
maggio 2021 al settembre 2023 l’indice dei prezzi è aumentato del 14,7%; per di più, per le famiglie a basso reddito è aumentato di almeno il 20%, perché l’indice dei beni alimentari è cresciuto del 20,6%, e quello relativo alla casa (elettricità, gas, affitti) del 36%.

Se si chiedessero aumenti in percentuale fissa, il risultato sarebbe che le famiglie a più basso reddito perderebbero comunque potere d’acquisto.

Per questo sononecessari aumenti uguali per tutti, cioè in percentuale più alti per i salari più bassi.

La rivendicazione di 300 euro lordi è praticamente pari al recupero dell’aumento dei prezzi su un salario lordo di poco più di 2000 euro, che corrisponde circa al salario lordo medio nel settore logistica.

CGIL, CISL e UIL, anziché rivendicare un aumento generalizzato dei salari che facesse fronte a questo aumento dei prezzi, si sono accodati alla Confindustria che chiedeva il taglio del cuneo fiscale e contributivo: Draghi aveva tagliato i contributi del 2-3%, la Meloni dal luglio 2023 ha aumentato il taglio al 6-7% per salari lordi fino a 1923 e 2692 euro mensili (ma solo 2-3% per la 13^ e niente per la 14^) per cui lo sgravio complessivo è circa del 5-6%, che si riduce al 4-4,8% circa se consideriamo che l’esonero contributivo è tassato dall’IRPEF.

Quindi resta una perdita di potere d’acquisto di almeno il 10% circa, da recuperare
con i CCNL.

Ma neanche questo sgravio netto tra il 4% e il 5% può considerarsi una vera restituzione del governo ai lavoratori. Infatti, chi paga il 6-7% di contributi in meno all’INPS per le pensioni?

È escluso che paghino i ricchi, dato che il governo ha confermato e aumentato gli sgravi fiscali per i redditi dei ricchi.

Quindi i casi sono due: o il buco contributivo INPS viene colmato dallo Stato, con un prelievo fiscale aggiuntivo (ad es. lavoratori dipendenti che superano i 28.000 euro, l’aumento dell’IVA pagata sui beni alimentari ed energetici, aumentati più della media, e che pesano di più sui più poveri); o il buco contributivo viene colmato solo in parte, e quindi si faranno altri tagli alle pensioni, che sono salario differito.

In entrambi i casi il taglio contributivo non fatto pagare ai ricchi è una finzione il cui fine è solo quello di far apparire più soldi netti in busta paga senza far spendere un euro in più ai padroni, che, invece, incassano eccome l’aumento dei prezzi dei prodotti venduti, ma i salari che pagano restano fermi.

Le 300 euro di aumento mensile lordo sono appena sufficienti a recuperare la perdita di potere d’acquisto, se teniamo conto degli scaglioni delle aliquote IRPEF.

I lavoratori che con gli aumenti superano i 28.000 euro annui (2000 euro al mese di imponibile), su ogni aumento pagano il 35% di sola IRPEF.

Quindi i 300 euro di aumento sono soggetti al 3,5% di contributi, poi al 35% di IRPEF, e ne resta un netto di soli 188,20 euro circa, sufficienti sì e no a recuperare l’inflazione.

Per i lavoratori che restano sotto i 28.000 euro lordi le cose vanno meglio, perché con un 23% di IRPEF otterrebbero un netto di circa 225 euro, pari a circa il 15% su un reddito netto di 1500 euro (ma teniamo conto che i salari bassi hanno perso più di potere d’acquisto).

Per queste ragioni un aumento di 300 euro lorde al mese è il minimo necessario per far fronte alla perdita di potere d’acquisto.

Occorrerebbe inoltre un bonus per compensare i lavoratori del potere d’acquisto perso negli ultimi due anni, valutabile in 3.600 euro, e un meccanismo di aumento automatico dei salari sulla base dell’aumento del costo della vita.

Inoltre, come avevamo già illustrato nella precedente piattaforma, riteniamo sia di fondamentale importanza intervenire anche in altri istituti contrattuali.

In particolare:

– Bisogna cancellare la limitazione degli scatti di anzianità a 5 con riconoscimento anche di arretrati per chi ha una anzianità superiore ai 15 anni.
– Bisogna considerare gli attuali e futuri livelli salariali della logistica con riferimento
al dibattito sul salario minimo.

L’attuale 6J ha una paga oraria di 8,09 euro; con i 300 euro di aumento arriverebbe a
9.87, un importo superiore al salario minimo di 9 euro proposto da PD-5 Stelle, ma
ancora di parecchio inferiore al salario minimo di 12 euro già in vigore in Francia e
Germania.

Una battaglia per un salario minimo di 12 euro unificherebbe gli operai di
gran parte dei settori.

Con l’ultimo CCNL i sindacati confederali hanno firmato lo sventagliamento dei salari introducendo ben 13 nuovi livelli, nel tentativo di dividere ulteriormente i lavoratori, e stabilire peggioramenti normativi per molti livelli (es. art. 11 quinquies).

Si propone l’abolizione di tutti i nuovi livelli con le lettere (tranne un livello per i rider), e l’abolizione del 6J.

NUOVE TECNOLOGIE

Tempo di lavoro, lavoro notturno, lavoro al freddo e riduzione dell’orario di lavoro

A tutt’oggi ciò che abbiamo constatato è che le nuove tecnologie, di cui abbiamo parlato nella parte dell’analisi del settore, hanno prodotto solo l’aumento dei ritmi di produzione ma non hanno né migliorato le condizioni di lavoro né tantomeno si sono tradotte in tempo di vita e libertà per i lavoratori e le lavoratrici.

Noi pensiamo che sia arrivato il tempo di fare in modo che le nuove tecnologie producano reali miglioramenti per le condizioni di lavoro e in questo senso, nella contrattazione nazionale va inserito un capitolo che affronti questo aspetto.

Nella consapevolezza che il lavoro notturno fa male e che andrebbe sempre di più ridimensionato, in ogni caso non possiamo accettare che venga retribuito meno del lavoro straordinario.

Addirittura, quando il lavoro notturno viene compreso in turni avvicendati, la maggiorazione si limita al 15%.

È questo un paradosso contro natura, in quanto è evidente a tutti che cambiare continuamente il ciclo del sonno e della veglia nuoce molto di più alla salute rispetto ad avere sempre la stessa turnazione.

Bisogna rivendicare, a prescindere dal fatto che sia o meno in turni avvicendati, almeno una maggiorazione al 35%.

Inoltre serve l’introduzione nel CCNL di una maggiorazione pari almeno al 20% della retribuzione oraria per chi lavora in condizioni di stress termico per freddo e gelo, come in reparti refrigeranti e/o umidi (dai 5°), in celle frigorifere (dove le temperature arrivano a -18°), e più in generale in tutti quei luoghi dove le temperature sul posto di lavoro producono uno sbalzo termico rispetto alle temperature ambientali fuori dai magazzini.

Anche le più recenti circolari dell’INAIL ammettono l’esistenza di una correlazione tra il rischio di contrarre malattie e patologie fisiche e gli sbalzi termici a cui si è sottoposti a lavoro, inserendo il lavoro al freddo e/o gelo a pieni titoli nella lista dei lavori usuranti.

Proprio per le caratteristiche che assumono sulla condizione della qualità della vita dei lavoratori, pensiamo che per chi opera prevalentemente di notte e/o all’interno di celle frigorifere debba essere prevista almeno una settimana di ferie in più e che si debba arrivare ad una secca riduzione dell’orario di lavoro, di 35 ore settimanali a parità di salario.

Per tutto il resto del personale, vanno comunque aumentati i giorni di ferie e di permessi per la riduzione dell’orario di lavoro, per una riduzione di 37 ore settimanali e sempre a parità di salario.

Le operazioni di ristrutturazione complessiva di grandi aziende del settore, finalizzate sia a comprimere il costo complessivo e a implementare la produttività della forza-lavoro, in risposta all’intervento della magistratura hanno portato all’introduzione, avallata dalle sigle confederali, di clausole di flessibilità.

Queste minano fortemente la stabilità del lavoro e le tutele dei lavoratori e delle lavoratrici nel rapporto tra tempo di lavoro e tempo di vita.

L’incertezza dei turni orari, l’obbligo coatto a svolgere ore di straordinario compensate dal mancato completamento dell’orario ordinario (addirittura nell’arco di mesi), l’utilizzo dell’istituto della banca ore, stanno portando all’assoggettamento totale delle consuetudini e necessità vitali dei lavoratori, in favore della massimizzazione dei profitti aziendali.

Maggiore è il prezzo pagato dalle lavoratrici donne del settore, e per questo è prioritario condurre una battaglia per ottenere, in sintesi:

– La maggiorazione del 35% sul costo delle ore per tutti i lavoratori che svolgono turno notturno
– La maggiorazione del 20% per chi lavora in ambienti freddi e sono sottoposti
a condizioni di stress termico
– Per chi svolge turni che prevedono pause superiori alle 180, riduzione dell’orario settimanale di lavoro a 35 ore a parità di salario e erogazione di un’indennità specifica di 10 € con 2 ore, 16 € con 3 ore e di 20 € con 4 ore di pausa
– L’abrogazione delle clausole di “flessibilità” previste dal CCNL, con particolari modifiche all’art. 9, e, quindi: la garanzia della settimana di 5 giorni o 6
(se preventivamente definitivo in sede di assunzione); nessun obbligo di impegno straordinario; garanzia del calcolo degli straordinari su base oraria
– L’utilizzo dell’istituto della “banca ore” limitato nella fattispecie ad aziende
che operano in settori significativamente condizionati da contrazioni stagionali dei volumi di lavoro
– La garanzia del luogo di lavoro, con particolari modifiche all’art. 33, per cui
ogni trasferimento dev’essere motivato da ragioni tecnico-organizzative e produttive differenti dalle fisiologiche variazioni stagionali dei volumi di lavoro;
con il sussistere di condizioni strutturali e continuative e in ogni caso effettive
solo dopo il nulla osta del lavoratore e dell’organizzazione sindacale.

TUTELA DELL’AMBIENTE, SALUTE E SICUREZZA SUL POSTO DI LAVORO

Si fa un gran parlare, e giustamente, in questi ultimi tempi della necessità di porre un rimedio al surriscaldamento del pianeta, incrementando la produzione di energia da fonti rinnovabili e limitando i consumi di CO2.

È evidente come nel settore della logistica si possa fare molto: per quanto riguarda l’incremento dell’utilizzo di mezzi elettrici per la distribuzione delle merci; per rendere i magazzini autosufficienti con l’uso di pannelli solari dal punto di vista delle fonti energetiche; così come per imballaggi e uso delle plastiche.

Sono aspetti che riguardano la necessità di contrastare gli effetti catastrofici che questa società, basata sul perseguimento del massimo profitto, sta producendo.

Per ragionare nell’ottica della salvaguardia dell’ambiente, però, è necessario in primis prestare il massimo dell’attenzione alle questioni legate alla sicurezza e alla salute delle lavoratrici e dei lavoratori.

Il settore dei trasporti e logistica è al secondo posto, dopo l’edilizia, per infortuni e malattie professionali, comprese le denunce di infortuni con esito mortale (118 morti nel 2019 e 172 nel 2020).

La prevenzione è sicuramente un aspetto fondamentale per garantire sicurezza sui
posti di lavoro, sia nei magazzini che alla guida.

In tanti anni, ci siamo resi conto di quante sono le patologie contratte in moltissimi lavoratori.

Molte, sebbene non comportino direttamente gravi invalidità, rendono comunque il lavoratore inadatto a svolgere mansioni specifiche, con il conseguente rischio di perdere la propria permanenza sul posto di lavoro per giusta causa, nonché di perdere l’anzianità di servizio ai fini pensionistici.

Pertanto, oltre a fare in modo che vengano nominati in tutti i magazzini gli RLS in grado di intervenire con competenza, sia per prevenire infortuni sia per conoscere e informarsi sulle malattie professionali, si devono prevedere ulteriori forme di tutela per chi viene considerato inidoneo al lavoro di facchino a seguito di infortunio o di contrazione di patologie.

Proposte da cui partire, sono già state sperimentate in alcuni magazzini di GLS e BRT.

PERSONALE VIAGGIANTE

Il personale viaggiante vive una condizione di estrema arretratezza dal punto di vista contrattuale e retributivo, anche in virtù di una concorrenza spietata attuata dalle imprese che hanno sede nei paesi dell’Est, dove il costo di ogni autista corrisponde più o meno alla metà di quello di un autista italiano correttamente inquadrato.

La liberalizzazione selvaggia delle retribuzioni all’interno della UE contribuisce a ribassare dei salari che già non arrivano a 1200 € al mese (comprensivi di tutti gli istituti retributivi), a fronte di un orario che raramente è inferiore alle 10-11 ore giornaliere.

In particolare, bisogna che si punti a considerare il lavoro degli autisti e dei drivers alla stregua del personale non viaggiante, che il tempo di impegno debba essere considerato come tempo di lavoro e il lavoro notturno debba essere
considerato con le relative maggiorazioni e incidenze.

Poiché molte aziende italiane fanno largo uso di questa forma di dumping salariale, così abbattendo il costo del lavoro, avviare una riflessione che coinvolga anche le reti europee del sindacalismo conflittuale è quanto mai necessario, per ragionare sulla problematica in una prospettiva internazionale.

La normativa europea non solo garantisce forza lavoro a basso costo e super ricattata, ma agisce in termini di compressione dei salari per gli stessi lavoratori indigeni.

Per queste ragioni, tale questione non va sottovalutata e, al contrario, deve essere assunta in tutta la sua dimensione con l’obiettivo di agire sindacalmente su scala europea.

Le basi di un ragionamento più ampio, non possono che partire da:

– L’eliminazione dell’art. 11 quinques del CCNL sulla discontinuità
– L’estensione alle aziende del trasporto della clausola sociale in caso di cambio del
vettore
– Il riconoscimento delle maggiorazioni per lavoro notturno, lavoro festivo e lavoro
straordinario
– L’aumento delle indennità di trasferta.

LA DISTRIBUZIONE DELL’ULTIMO MIGLIO (DRIVER)

I rapidi mutamenti in corso nel settore, stanno determinando un progressivo e continuo sviluppo della logistica dell’ultimo miglio, ovvero della fase finale di consegna della merce.

La regolamentazione dell’attività dei lavoratori impiegati in questo comparto, prevista nel CCNL, si è dimostrata inadeguata rispetto alle rapide trasformazioni in corso, tanto da rendere necessari i continui rimandi alla contrattazione di secondo livello per sopperire a tali vuoti normativi.

Negli ultimi anni, sulla scia delle mobilitazioni e sulle spinte verso un organizzazione
collettiva degli addetti di magazzino, sempre più frequentemente, si sono iscritti al sindacato anche gli autisti, addetti alla distribuzione locale delle merci (mansionati per il livello G1), dando vita ad un nuovo fronte di intervento e ad una saldatura dell’unità dei lavoratori di differenti mansioni all’interno delle grandi filiere.

Tale spinta ha prodotto importanti conquiste che hanno oltrepassato ampiamente le previsioni del CCNL, colmandone le lacune esplicite ed implicite.

I numerosi verbali di accordo sottoscritti hanno sancito l’aumento della retribuzione dei lavoratori, e non solo in modo diretto, ma anche evitando prelievi “leciti” o “illeciti” dalle buste paga che determinavano in alcuni casi drastiche riduzioni di salario, quali danneggiamenti o penali.

Inoltre, il controllo e la garanzia che i turni siano svolti in base all’orario di lavoro anziché in funzione del sistema del cottimo a consegna, negli anni, ha assicurato dignità e sicurezza ai lavoratori, precedentemente assoggettati a ritmi infernali di produttività.

Pertanto la definizione di una piattaforma per i cosiddetti city courier o driver, deve
necessariamente prevedere i seguenti elementi:

– La giornata di lavoro ordinaria di 7 ore e 40 minuti, comprensiva di mezz’ora di
pausa retribuita per la consumazione del pasto
– L’aumento di 16 ore del monte ore di ROL annuali
– L’indennità di trasferta per il G1 che prescinda dall’applicazione dell’art. 11
quinquies e che non sia inferiore a 25 euro giornaliere
– L’obbligo di copertura attraverso assicurazioni kasco per i mezzi di lavoro a carico
delle aziende
– L’esonero per gli autisti di ogni responsabilità economica per il primo evento in un
anno in caso di incidenti o danneggiamenti ai mezzi e la richiesta del 50% della
franchigia (il cui importo deve essere concordato) al secondo evento
– L’esonero per gli autisti di ogni responsabilità economica relativa a multe per
infrazioni di poco conto, dovute all’adempimento dell’attività lavorativa quali ad
esempio i divieti di sosta/fermata/doppia fila
– Il divieto esplicito di attribuire ai lavoratori penali che riguardano esclusivamente le inadempienze tra azienda fornitrice e committente
– L’estensione alla categoria degli autisti delle tutele già in essere presso GLS, SDA,
BRT e altri committenti in relazione alle tutele per infortuni, inidoneità al lavoro e
malattie professionali.

DIRITTO ALLA RAPPRESENTANZA

È noto che in tema di diritto alla rappresentanza, sulla base anche del Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014, dell’accordo del 28 giugno 2011 e del Protocollo d’Intesa del 31 maggio 2013, il diritto alla rappresentanza è stato ulteriormente limitato, in rapporto a quanto previsto dalla legge 300/70.

A tal proposito va rilevato come tali normative siano studiate ad arte per escludere dalla contrattazione nazionale e di secondo livello, quelle organizzazioni sindacali che hanno una forte maggioranza tra i lavoratori in determinate regioni, ma non hanno un’estensione capillare sul territorio nazionale.

Ciò ha significato che il diritto alla rappresentanza in queste regioni è stato conquistato esclusivamente sulla base dei rapporti di forza, mentre in molte situazioni, pur avendo una significativa presenza, viene impedito l’esercizio di questi diritti a favore esclusivo della triplice.

In questa tornata di rinnovo del CCNL, poniamo con estrema chiarezza l’obiettivo di ottenere anche un riconoscimento formale sul diritto, sia di nominare RSA, sia in quello di effettuare assemblee retribuite, sia di convocare elezioni delle RSU.

PARITA’ DI GENERE E AZIONI POSITIVE

Secondo gli ultimi dati Istat disponibili in termini occupazionali, il settore logistico italiano impiega solo il 22% di lavoratrici donne, e la percentuale diminuisce nell’ambito strettamente circoscritto ai trasporti.

Aldilà dei ruoli amministrativi e/o apicali in ambito dirigenziale, le donne attualmente presenti nel settore sono perlopiù addette ad attività che rientrano nelle declaratorie ai livelli di inquadramento più bassi e meno retribuiti.

Il ritardo sulle innovazioni tecnologiche, sulla formazione e la diversificazione degli impieghi delle risorse, si unisce alla richiesta della disponibilità di forza-lavoro ricambiabile, assoggettata alla flessibilità e che possa stare al passo dei ritmi di produttività sacrificando la propria salute.

Di conseguenza, questo modello globale esclude dal mercato del lavoro quella fetta di manodopera che ha necessariamente il bisogno di conciliare i tempi di lavoro salariato e i tempi di lavoro di cura e di assistenza familiare.

Ciò definisce che il settore del trasporto merci e logistica si qualifichi per un settore a vocazione maschile, ma dove si sta assistendo ad una crescita dell’occupazione femminile, nella misura in cui anche la donna può occupare delle posizioni finché il suo ruolo risulti funzionale alla strategia che mira al ribasso dei salari.

In questo senso, la disparità salariale rappresenta una conseguenza dell’esercizio della riduzione del costo del lavoro, ed è favorita dalla carenza di misure assistenziali e dall’inesistenza di forme di welfare che consentano di gestire la genitorialità attraverso i servizi pubblici.

La condizione femminile sul lavoro è ulteriormente in svantaggio in assenza di orari di lavoro agevolati e permessi per la malattia dei figli minori.

La situazione è ancora più drammatica se si considera che il fenomeno in crescita delle dimissioni delle donne dai posti di lavoro, è indice non già di una condizione di benessere che spinge le donne a dedicarsi alla maternità, ma della fattispecie per la quale i bassi salari non ricompensano del sacrificio per poter accedere ai servizi assistenziali nel mondo del privato, a partire dagli asili nido fino ai centri di attività pomeridiane sportive e ricreative per ragazzi, poiché già insufficienti a compensare le spese domestiche.

Ma le condizioni di svantaggio non riguardano solo le donne-madri, basti pensare al dibattito internazionale che negli ultimi anni ha fatto emergere il sussistere di patologie tutte femminili legate alla sfera dell’ovulazione e delle mestruazioni, che sempre più spesso vengono associate a fattori di stress economico, ambientale e intra familiare, provocando ricadute sulla salute delle donne lavoratrici ma, non di rado, senza alcun referto medico (tra queste, vulvodinia, neuropatia o nevralgia del pudendo, fibromialgia, ovaio policistico, endometriosi, amenorrena, ipermenorrea, ipomenorrea e polimenorrea, etc.).

Anche se oggi la condizione mestruale non risulta costituire un evento di malattia perché è considerata una funzione biologica della donna o una malattia invisibile, il dato di fatto però è che, soprattutto in caso di una patologia nascosta che può emergere con pesanti emicranie e dolori muscolari generalizzati, costituisce una debilitazione e spesso una vera e propria impossibilità a condurre ogni tipo di attività anche leggera.

Pertanto un obiettivo materiale che possa favorire lo stato di salute delle donne sui posti di lavoro, è quello di introdurre dei permessi giustificati per il
ciclo mestruale e l’eventuale compensazione economica in caso di non fruizione degli stessi per fare fronte alle spese farmaceutiche e igieniche, che aumentano conseguentemente all’attività produttiva che si svolge durante la fase mestruale.

Qualcosa del genere è già stato proposto e accordato in magazzini di DHL dove soprattutto la componente operaia femminile è prevalente e combattiva, ma non bastano dei timidi passi in questa direzione, quanto piuttosto servirà intraprendere la prospettiva più generale di conquistare con le lotte il diritto al congedo mestruale.

Per questo, le rivendicazioni materiali per migliorare la condizione delle donne sono:

– Il superamento dei livelli 6J e 6S per tutte le donne lavoratrici, nella funzione di abbattere la disparità salariale tra operai e operaie
– La regolamentazione di un sistema di turnazione agevolato per donne-madri lavoratrici, senza l’obbligo del lavoro notturno e dell’orario straordinario
– L’introduzione di permessi giornalieri per gli eventi di malattia dei figli minori retribuiti
– L’introduzione di permessi per congedo mestruale da 1 a 3 giorni mensili consecutivi, retribuiti al 100% anche in caso di non fruizione degli stessi per compensare le spese e il carovita su beni essenziali quali tampax, assorbenti, prodotti farmaceutici di varia natura e antidolorifici

LAVORO SOMMINISTRATO/PRECARIETA’

Da anni assistiamo ad un mercato del lavoro sempre più flessibile e precario, caratterizzato generalmente da politiche sul lavoro sempre più stringenti, a discapito di quei lavoratori immigrati, che rappresentano l’80% della forza lavoro nella logistica, e per i quali non vi è possibilità di scelta tra un contratto e l’altro poiché temono il ricatto di perdere il requisito essenziale a richiedere e/o rinnovare il proprio permesso di soggiorno.

SI Cobas e Adl Cobas hanno più volte trasportato nelle lotte il contrasto all’elevato numero di lavoratori precari e all’utilizzo spietato delle agenzie interinali, che con contratti a chiamata e in barba a tutte le leggi vigenti sulla sicurezza sul lavoro, da un lato precarizzano i lavoratori e dall’altro mettono in pericolo di infortuni i lavoratori con contratti somministrati.

In primo luogo, bisogna affrontare l’equiparazione del trattamento economico e delle condizioni tra lavoratori subordinati e somministrati.

Il Dlgs 81/2015 art. 35, comma 1 e l’interpello 1/2023 del Ministero del lavoro e delle Politiche sociali precisa che “il diritto del lavoratore somministrato alla parità di trattamento implica uno speculare dovere dell’agenzia di somministrazione, in qualità di datore di lavoro, di garantire che al lavoratore somministrato siano applicate condizioni di base di lavori e di occupazione complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore, a parità di mansioni svolte”.

Tale misura, per il più delle volte non applicata, si rende necessaria affinché non vi sia un utilizzo speculativo del lavoro somministrato a danno dei lavoratori.

Allo stesso modo debbono essere perseguite delle regole maggiormente stringenti nella percentuale attualmente applicata del lavoro in somministrazione al fine di non dilagare nel proprio utilizzo.

L’utilizzo della forza lavoro somministrata nella misura massima del 35% calcolato in media su base annua, da una parte risulta essere solamente un dato indicativo e
molto spesso non controllabile, dall’altra, continua ad aumentare il dumping contrattuale tra lavoratori subordinati e somministrati.

In secondo luogo, crediamo sia fondamentale intervenire sulla correlazione tra l’aumento dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori con l’eccessivo utilizzo della somministrazione.

Molte volte ci troviamo davanti a lavoratori mal contrattualizzati per le mansioni che sono chiamati a svolgere e nella maggior parte dei casi si tratta di lavoratori con contratti precari, la quale scadenza è stabilita in settimana o addirittura nella stessa giornata.

In tal senso, è necessario intervenire affinché venga stabilito un limite minimo per il quale il lavoratore possa essere chiamato a lavoro e non solamente per un giorno.

Allo stesso tempo tale misura servirebbe a formare ed informare i lavoratori in relazione alle mansioni richieste dalle Aziende e soprattutto ai rischi derivanti dal lavoro svolto.

La formazione sui luoghi di lavoro, dei lavoratori somministrati e non, ad oggi rimane l’unica strada perseguibile per contrastare le 2,5 morti bianche giornalieri sui posti di lavoro.

Infine, in assenza di altre regolamentazioni finalizzate al contrasto della precarietà, si rende necessario l’introduzione di misure che garantiscano un lavoro più sicuro e stabile.

In tal senso crediamo sia opportuno inserire nel rinnovo del CCNL il modello stabilito dalle O.S. SI Cobas e Adl Cobas con l’Associazione Fedit e i maggioritari gruppi della distribuzione (SDA, GLS, BRT, FERCAM, DHL e UPS) in relazione alla stabilizzazione dei lavoratori in somministrazione presso l’azienda utilizzatrice.

Nello specifico, l’accordo prevede che tale stabilizzazione avvenga al raggiungimento del 18imo anche non continuativo di impiego del
lavoratore.

Qualora per comprovate esigenze tecnico/organizzative il contratto di lavoro verrà dismesso prima del tempo stabilito, il lavoratore verrà inserito in un’apposita lista di prelazione e avrà la precedenza nella riassunzione.

Tale logica, e con tempi ridotti, dovrà essere assunta anche per il percorso di stabilizzazione dei lavoratori assunti a tempo determinato. In sintesi, si rivendica:

– Una verifica mensile (non annuale) del calcolo della percentuale di impiego di lavoratori somministrati e di tempi determinati che non potrà superare il 20% dell’organico complessivo
– L’internalizzazione (presso l’azienda utilizzatrice) dei lavoratori somministrati
– La stabilizzazione per i lavoratori somministrati e per i lavoratori subordinati diretti a tempo determinato, al raggiungimento del 12esimo mese di impiego, anche non continuativo.

LE RIVENDICAZIONI PER IL RINNOVO DEL CCNL IN PUNTI:

  1. TITOLARITÀ DEI COBAS NELLA CONTRATTAZIONE NAZIONALE:
    chiediamo l’accettazione da parte delle associazioni padronali di sottoscrivere con i Cobas il CCNL, riconoscendone formalmente la legittimità alla contrattazione e alla stipula di accordi di valenza nazionale.
  2. CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA: chiediamo nel CCNL venga estesa la clausola sociale al personale viaggiante.
  3. SUPERAMENTO DEFINITIVO DELLA FIGURA DEL SOCIO
    LAVORATORE: chiediamo l’attuazione dei processi di internalizzazione con il
    mantenimento di tutti i diritti acquisiti e maggiori tutele per i lavoratori nei cambi d’appalto.
  4. ESTENSIONE DELLE CONDIZIONI DI MIGLIOR FAVORE NEL
    COMPARTO DELLA LOGISTICA: chiediamo l’estensione degli elementi
    migliorativi già ottenuti in Tnt, Brt, Gls, Sda, cioè, ticket da 8 €, garanzia delle 168 ore mensili, integrazione per malattia e infortunio, 13a e 14a corrisposte sempre al 100% dal momento dell’assunzione, passaggio di livello dal 6° J al 6° S dopo nove mesi, dopo altri nove mesi passaggio automatico al 5° e ulteriore passaggio automatico dal 5° al 4° S dopo sei anni di anzianità di magazzino, l’aumento di 16 ore dei premessi rol e riconoscimento immediato del livello corrispondente alla mansione effettiva svolta;
  5. CANCELLAZIONE DELLA SOGLIA MASSIMA DI 5 SCATTI DI
    ANZIANITA’ E RECUPERO DEGLI SCATTI ARRETRATI PER CHI HA
    PIU’ DI 15 ANNI DI ANZIANITA’.
  6. SALVAGUARDIA DELLA SALUTE: chiediamo l’istituzione di commissioni
    miste tra OS, medici competenti e aziende volte a creare effettive condizioni di sicurezza per la salute e istituzione di una nuova forma assicurativa che, in assenza di offerte di lavoro compatibili con lo stato fisico del lavoratore, garantisca al lavoratore non più idoneo a svolgere la mansione di facchino, una collocazione lavorativa compatibile con la sua condizione di salute, o una proposta di risoluzione del rapporto di lavoro in cambio di una consistente somma a titolo di risarcimento.
  7. ORARIO DI LAVORO: chiediamo 35 ore settimanali per il personale che opera di notte e 37 ore per chi opera di giorno a parità di salario, parametrando gli istituti contrattuali sulle 168 ore mensili, indennità di disagio di 10€ netti al giorno per interruzioni di 2 ore e di 20€ al giorno per interruzioni di 4 ore.
  8. ADEGUAMENTI SALARIALI: chiediamo 300€ di aumento salariale uguale per
    tutti a partire dalla data della scadenza del contratto.
  9. LAVORO NOTTURNO E LAVORO AL GELO: chiediamo di portare la
    maggiorazione per lavoro notturno al 35% e considerare come lavoro notturno tutto quello che si svolge tra le ore 20 della sera e le 8 del mattino; introdurre la
    maggiorazione nei reparti gelo al 20%.
    10.PERSONALE VIAGGIANTE: chiediamo il rispetto dell’attuale normativa europea in materia di ore di guida e strumenti adeguati di controllo; devono essere retribuite le ore di effettivo lavoro, compreso quello nel quale il lavoratore è sul posto di lavoro a disposizione del datore di lavoro; e che l’autista non debba più effettuare operazioni di facchinaggio ex art. 30 del CCNL di settore in vigore. Inoltre chiediamo una
    specifica attenzione alla figura del Driver e la formulazione di un’apposita
    piattaforma come riportato sopra.
    11.DIRITTI SINDACALI: chiediamo il pieno riconoscimento dei diritti sindacali anche per chi non è firmatario dei contratti collettivi nazionali.
    12.CONTRASTO DELLA PRECARIETA’: chiediamo la fine del ricorso massivo alle agenzie di somministrazione, la parità di trattamento salariale e l’implementazione della Formazione per i lavoratori somministrati.
    13.AZIONI POSITIVE ALLA RIMOZIONE DELLA DISPARITA’ DI GENERE:
    chiediamo la parità salariale e la riformulazione delle declaratorie per i livelli non sulla base di discriminazioni di genere; permessi retribuiti per le esigenze di cura dei figli minori in caso di malattia; 3 giorni continuativi di congedo mestruale o il saldo economico in caso di non fruizione.
    14.AZIONI POSITIVE ALLA RIMOZIONE DELLA DISPARITA’ DI GENERE:
    chiediamo la parità salariale e la riformulazione delle declaratorie per i livelli non sulla base di discriminazioni di genere; permessi retribuiti per le esigenze di cura deifigli minori in caso di malattia; 3 giorni continuativi di congedo mestruale o il saldo economico in caso di non fruizione
  10. In caso di rinnovo tardivo del CCNL, ovvero oltre il 31 Marzo 2024, l’indennità di vacanza contrattuale dovrà essere pari al valore di aumento del costo della vita del periodo compreso fino alla data di stipula del rinnovo.

Per SI Cobas Per Adl Cobas
Aldo Milani Gianni Boetto

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