[FIRENZE] Ripartiti i licenziamenti alla Gkn. Con gli operai della Gkn, senza riserve, e con la chiarezza necessaria

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Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (vedi qui):

Ripartiti i licenziamenti alla GKN!

– Con gli operai della GKN, senza riserve, e con la chiarezza necessaria

I lavoratori della GKN hanno lanciato un appello ai gruppi di supporto, al movimento sindacale, alle realtà solidali, etc. contro gli imminenti licenziamenti che dovrebbero scattare, in forma definitiva, dal 1° gennaio 2024. Poiché ci sentiamo parte in causa avendo partecipato a tante iniziative a sostegno degli operai Gkn, riprendiamo senz’altro qui il loro appello, con una nota introduttiva che ripercorre con schiettezza il rapporto intercorso con la loro lotta in questi due anni. 

Il Pungolo Rosso

Con gli operai Gkn, senza riserve, e con la chiarezza necessaria

La nostra solidarietà alla lotta dei lavoratori di Gkn contro la chiusura della loro fabbrica non è di oggi, e – specie nei primi tempi di questa lotta – si è materializzata nella partecipazione a tutte le loro iniziative, alle giornate di “convergenza” in cui si sono mobilitati centinaia, se non migliaia di lavoratori e lavoratrici del SI Cobas, e nell’invito a partecipare in pieno all’Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi.

A Napoli, il 5 novembre del 2022, accogliemmo la sfida di rafforzare l’indicazione “Insorgiamo” con un corteo determinato, conflittuale e di classe, contro la guerra e lo sfruttamento attorno alla battaglia del movimento dei disoccupati organizzati e del SI Cobas, più volte protagonisti di iniziative coordinate con il Collettivo di Fabbrica.

Non abbiamo quindi nessuna riserva nel rinnovarla anche adesso. Noi intendiamo la solidarietà così: da un lato chiamare tutte le forze a disposizione a mobilitarsi materialmente per rafforzare, nelle singole lotte, il movimento di classe, dall’altro esprimere in maniera franca ed aperta le nostre posizioni e le nostre critiche.

D’altronde, era questo l’invito che lo stesso Collettivo di Fabbrica Gkn sottolineava quando descriveva quella lotta e il percorso dell’insorgenza come un percorso aperto in cui bisognava dirsi anche dove pensavamo si “sbagliasse”.

Per questo la nostra solidarietà, soprattutto dopo le prime due grandi mobilitazioni a Firenze e a Campi Bisenzio e dopo numerose assemblee, è stata accompagnata dalla denuncia dell’ipocrisia di tutte le ‘istituzioni’ e della politica di isolamento che le organizzazioni sindacali ‘maggiormente rappresentative’ hanno adottato nei confronti della vertenza Gkn. 

Oggi queste organizzazioni si ricordano in modo del tutto generico del mondo del proletariato, ma solo per rivendicare il monopolio della rappresentanza sindacale. 

Non si può fare a meno di notare che la lotta degli operai e dei compagni della Gkn ha suscitato aspettative, che – però – sono andate deluse a misura che all’invito alla “insorgenza” non ha corrisposto né un vero confronto con l’esperienza di lotta più avanzata dell’ultimo decennio, quella dei facchini e dei driver della logistica, né un’effettiva rottura con le politiche di subordinazione all’”economia nazionale” e alle imprese proprie della CGIL, e con le regole e le prassi che ne derivano, e vietano ogni reale sviluppo della lotta di classe. Sicché, progressivamente, una genuina volontà di lotta è andata evaporando nelle fumosità di un linguaggio tanto allusivo quanto elusivo rispetto ai nodi politici da sciogliere. 

Oltre qualsiasi schematismo e conoscendo le mille sfumature e contraddizioni, riteniamo che una rottura forte con i vincoli posti dalla CGIL (incluse le piccole frazioni di minoranza – opposizione CGIL, sempre più adatte alle comparsate nei palinsesti di LA7 che ad una battaglia di classe) sarebbe stato un segnale lanciato al resto della classe lavoratrice autoctona, e avrebbe potuto determinare uno sviluppo diverso per quella che riteniamo una nostra battaglia. Inoltre, come compagni/e da sempre impegnati per l’unità delle lotte operaie e di queste con le lotte sui temi sociali, ambientali, e ovunque ci siano contraddizioni di classe, riteniamo che non andavano sacrificati né l’iniziale baricentro operaio, né il rapporto con altri settori del proletariato, sull’altare di un generico e sempre più fiacco ed evanescente “movimento”.

Toccherà prendere coscienza che gli attrezzi del rapporto con le istituzioni locali e con lo stesso sindacato CGIL sono da riporre definitivamente da parte, per dare vita ad un processo di effettiva autonomia di classe. La risalita, se non la vera e propria rinascita, del movimento proletario partirà certamente anche dai bisogni più immediati, ma potrà verificarsi realmente solo ponendo le esigenze generali di classe che – specie in una fase come questa – vanno a scontrarsi da subito non solo con l’arroganza e l’illimitata libertà d’azione dei padroni, specie se si tratta di multinazionali, ma anche, piaccia o non piaccia, con la subordinazione alle imprese e ai governi delle centrali sindacali maggioritarie.  

E ciò vuol dire anche comprendere, una volta per tutte, che il capitalismo non si può cambiare “dal basso”. Sulla base di non poche esperienze, alcune avvenute sotto i nostri occhi, per non parlare dell’esperienza storica, riteniamo che quella delle “isole di solidarietà” e di “autogestione”, immaginando di poterle allargare e consolidare con l’aiuto di questa o quella “istituzione democratica”, sia una strada senza uscita.

Dobbiamo prepararci ad una serie di battaglie dure, spietate, specie ora che l’intero quadro internazionale, che domina quello nazionale e tanto più quelli locali, è segnato da una corsa al riarmo e alla guerra. Una serie di battaglie dure e spietate che saranno sempre più necessarie anche per “conquistare” obiettivi modesti, molto spesso di difesa, condotte in modo da indicare una prospettiva di lotta e di organizzazione per tutta la classe.

Con gli operai della GKN, senza riserve, e con la chiarezza necessaria.

Il Pungolo Rosso

Appello ai gruppi di supporto, movimento sindacale,

realtà solidali, artiste/i, intellettuali

del Collettivo di Fabbrica – Lavoratori GKN Firenze 

In Gkn sono ripartiti i licenziamenti. Ad oggi saranno definitivi il primo gennaio 2024.
L’assemblea permanente per due anni e mezzo non si è piegata. Verrebbe soppressa per licenziamento. Non abbiamo modo di ricapitolare qua tutti i passaggi della nostra lotta, tutti i trucchi e inganni messi in campo contro di noi. Ci limitiamo a dire questo: avevamo chiaro quale fosse il loro calcolo. Ma non abbiamo avuto la forza di impedirlo. Avevamo e abbiamo ragione, che è la base della forza. Ma non è la forza in sé.
Due anni e mezzo si sono rivelati un tempo lunghissimo per una assemblea permanente, brevissimo per cambiare un intero sistema.
Né abbiamo tempo e modo di entrare qua nel potenziale intreccio di interessi tra il vecchio fondo speculativo, nuova proprietà e probabilmente un pezzo di politica.
Basti dire questo: da anni sul sito di Gkn Firenze manca un piano industriale e ad oggi nessuno sa cosa si vuole fare degli 80mila metri quadri di area dello stabilimento.
L’ora dei nostri licenziamenti – che abbiamo chiamato ora x – sopprime definitivamente una storia sindacale e industriale per dare vita a una operazione immobiliare. E’ il completamento definitivo della delocalizzazione.
Qualcosa che diventa ancora più intollerabile in un territorio che è stato appena alluvionato.
Forse se qua ci fosse stato il verde, come prima della costruzione di questa fabbrica e di tanti altri capannoni, l’acqua esondata si sarebbe sfogata nei campi. Il verde non c’è più in nome del “lavoro”. Il lavoro ora ci viene tolto. Rimangono le ferite, le case esondate, il dover accettare ogni volta un lavoro sempre più precario e povero.

Abbiamo un progetto industriale, elaborato faticosamente dal basso.
Ma senza un intervento pubblico, diretto ad esempio a rilevare lo stabilimento e a metterlo a disposizione della progettualità sociale e operaia, tale progetto rischia semplicemente di evaporare.
Gkn – con i suoi 422 posti di lavoro bruciati – non è più importante: ad esempio, dei 3 milioni di precari o dei 5,8 milioni di poveri assoluti. Del dedicare il proprio tempo e sforzi a fermare l’escalation bellica mondiale, il massacro a Gaza, o a gridare che “se sarò io, voglio essere l’ultima”.
Eppure, nostro malgrado, siamo un caso “esemplare”. Esempio del fatto che “loro” in un modo o nell’altro vincono sempre. O del fatto che “noi” possiamo concepire e praticare un’alternativa.
Sia come sia, arrivati fin qua, abbiamo il dovere morale di tentare tutto il possibile. Hanno scelto non a caso chel’ora x sia il primo gennaio. Dicembre sarà un mese di convergenza crescente. Organizzeremo momenti di lotta e un nuovo Insorgiamo tour.
Ma siamo comunque chiamati a a tentare la mobilitazione impossibile il 31 dicembre.
Nel tempo che dovrebbe essere della spensieratezza, del riposo o di eventi ludici.

Anche se i licenziamenti fossero ritirati (o più banalmente rinviati), lo scopriremmo troppo a ridosso del 31. Per cui, qualcosa in un modo o nell’altro, quel giorno, dovrà accadere, dovremo tentare.
Chiamiamo a un evento senza precedenti attorno alla fabbrica, ad abbracciare la fabbrica. Un evento che sia tutto: promessa di riscossa, concerto, veglia, testimonianza, interventi, rabbia, analisi.
Il nostro tempo è poco e sta scadendo. Vi chiediamo di rispondere a questo appello a noi direttamente, sui vostri social, invitando ad essere qua il 31, ad essere qua se potrete. Spingiamo. Proviamo l’ultima spallata, l’ultima resistenza.

Facciamoci un favore: scegliamo di non cadere.

Perché non sia solo il nuovo anno, ma un anno nuovo.

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